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I MERCOLEDÌ DELLA PRIVACY - Processo penale, videosorveglianza e immagini

Il condominio rappresenta con sempre maggior frequenza il luogo ove si consumano piccoli e grandi “dispetti” tra privati

di Carlo Pikler e Simone Basile (Privacy and Legal Advice)

Oggetto di dibattito giurisprudenziale, ormai da oltre un quinquennio, è la questione attinente la possibilità, sia per il condominio, che per il singolo condòmino, di predisporre impianti di videosorveglianza ai fini di sicurezza, ed in particolare, al fine di accertare l'eventuale commissione di reati all'interno degli spazi comuni o, comunque, di quelli privati cosiddetti “esposti al pubblico” (balconi, finestre, cortili privati, eccetera).

L'analisi del tema va affrontata tenendo conto che il condominio rappresenta con sempre maggior frequenza il luogo ove si consumano piccoli e grandi “dispetti” tra privati, spesso sfocianti in veri e propri reati (a titolo di esempio, il furto di corrispondenza, la lettura non autorizzata delle lettere introdotte nella cassetta del vicino, il danneggiamento dei beni del condominio e dei singoli proprietari – porta d'ingresso, ascensore, scale, imbrattamento dei muri -, fino ad integrare la condotta di vero e proprio stalking condominiale).

Le domande chiave
Ma le domande che si pongono sono:
1) quali i limiti alla predisposizione di tali impianti di videosorveglianza?
2) quali i limiti all'utilizzo di tali riprese in ambito processuale penale?

Con riferimento al primo quesito, va specificato come i suddetti limiti varino a seconda che si tratti di videosorveglianza condominiale, finalizzata all'installazione dell'impianto in uno spazio comune, al fine di riprendere i medesimi spazi comuni, (androne condominiale, cancello d'ingresso, ascensore, rampe di scale, eccetera.), oppure di videosorveglianza del singolo condòmino, in ordine alla quale le condizioni imprescindibili, devono essere quelle che l'impianto sia predisposto su uno spazio di sua proprietà (ad esempio, la porta d'ingresso della sua abitazione), e che la ripresa abbia ad oggetto esclusivamente il medesimo spazio di sua proprietà, senza quindi coinvolgere altri spazi comuni (ad esempio, il pianerottolo o la privata dimora di un altro soggetto privato).

Sempre con riferimento alla videosorveglianza predisposta dal singolo condòmino, altro caso di legittimità della medesima, è costituito dall'ipotesi in cui questi predisponga l'impianto su uno spazio di sua proprietà (ad esempio, il balcone della sua abitazione), al fine di acquisire immagini non contenenti atti comunicativi quali comunicazioni verbali, cenni di assenso o rifiuto. La giurisprudenza recente ha analizzato la circostanza che la telecamera fissi il proprio raggio di azione andando ad inquadrare un altro luogo di privata dimora rispetto al titolare dell'impianto, la cui visibilità, però, risulti accessibile a tutti. In particolare la fattispecie trattava di immagini raccolte da un privato che videoriprendeva, tra l'altro, il balcone di un altro condòmino.

L’uso delle immagini secondo la Cassazione
Ebbene, con riferimento all'eventuale utilizzabilità di tali riprese visive, in ambito processuale penale, la Corte di Cassazione conferma l'orientamento già delineato in precedenza, secondo il quale, le medesime riprese, possono essere utilizzate come prova atipica ex art. 189 c.p.p. (cioè, non disciplinata dalla legge), senza necessità di alcuna preventiva autorizzazione del Giudice.

Puntualizza sul punto la Corte, che in tema di prova atipica, sono legittime e pienamente utilizzabili senza alcuna autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria, le videoriprese eseguite da privati, mediante telecamera esterna installata sulla loro proprietà, che consentono di captare ciò che accade nell'ingresso, nel cortile e sui balconi del domicilio di terzi, i quali, rispetto alle azioni che ivi si compiono, non possono vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza , trattandosi di luoghi che, pur essendo di privata dimora, sono liberamente visibili dall'esterno, senza ricorrere a particolari accorgimenti. (Cassaz. IV°, 39293/2018; Cass. II°, 22093/2015 ).

L’uso nel processo penale
In questo senso, pertanto, qualora il condomino venga sorpreso dall'impianto di videosorveglianza del condominio, o del singolo condomino, a commettere un reato, le immagini che lo “incastrano”, potranno essere utilizzate contro di lui nel processo penale (ad esempio, allegandole all'atto di querela sporto dal condominio, oppure dal singolo condomino, persone offese dal reato); le riprese in questione, alla luce dell'orientamento richiamato, potranno essere utilizzate come prova atipica ex art. 189 c.p.p. o, perfino, acquisite come prova documentale ex art. 234 c.p.p.

Aspetto penale e trattamento dei dati
L'aspetto penalistico e dell'acquisizione delle prove però, non deve confondersi con l'illecito comportamento rispetto alla normativa sul trattamento dei dati personali e, specificatamente, rispetto alle indicazioni da ultimo dettate dalle Linee Guida Europee EDPB 3/2019, secondo le quali deve considerarsi illecita l'installazione delle telecamere laddove il privato vada a riprendere aree di pubblico transito ovvero di proprietà di terzi.
Fattispecie identica, risvolti opposti.

Il diritto penale prende una strada che è parallela e distante rispetto alle Linee Guida dettate dal Garante europeo che, dal canto suo, potrebbe portare ad un'azione da parte dell'Organo amministrativo di controllo nazionale.

Quest'ultimo potrebbe procedere a sanzionare l'installazione degli impianti in questione, con conseguenze importanti dal punto di vista economico sia per l'eventuale sanzione, sia per le conseguenti azioni risarcitorie da parte degli interessati.