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Il Registro amministratori come punto di partenza e non di arrivo

di Federica De Pasquale (Promotrice del Registro degli Amministratori)

Capita spesso che una proposta in ambito legislativo duri il tempo di qualche articolo sui quotidiani e poi venga archiviata come non attuabile o di scarso interesse.
Diversamente, quella di istituire il Registro degli Amministratori di Condominio presso il Ministero della Giustizia, non solo dopo due anni riempie ancora le pagine dei periodici e dei quotidiani di settore, ma è oggetto di discussione in molti ambiti istituzionali ed associativi, oltre ad essere apprezzata dai condomini.
Naturalmente questo non può che rendermi felice.
Però occorre fare un piccolo passo indietro per chiarire che l'obiettivo del Registro degli Amministratori non sarebbe quello di riconoscere la professione, come ho chiaramente scritto prima nell'emendamento e a seguire nell'ordine del giorno accolto dal Governo Gentiloni, presentati entrambi nella Legge di Bilancio 2017 e poi nella cosiddetta “manovrina di bilancio” alcuni mesi dopo.
In questi due anni ho assistito, purtroppo, a delle vere e proprie “libere interpretazioni” sul Registro rispetto a come da me concepito dopo un'attenta analisi accolta favorevolmente dall'allora vice ministro al Ministero dell'Economia Enrico Morando. Ma non meno dall'onorevole Andrea Mandelli di Forza Italia e dal senatore Gian Marco Centinaio della Lega, come risulta dalle firme dei parlamentari che hanno sottoscritto e presentato per primi l'emendamento da me proposto.
Ma senza paura di essere smentita devo ricordare anche il contributo fattivo dell'onorevole Cosimo Maria Ferri, allora sottosegretario al Ministero della Giustizia ed anche dell'Agenzia delle Entrate e della Sose.
Tutti loro hanno condiviso la mia opinione, di ieri come di oggi, che occorre mettere fine all'alta evasione fiscale che regna indisturbata nel settore dell'amministrazione condominiale visto che è pressoché impossibile stabilire il numero esatto di quanti sono gli amministratori. Mi riferisco soprattutto a coloro che non svolgono questa come attività primaria, ma sono dipendenti pubblici, pensionati o dopolavoristi che amministrano il condominio dove risiedono, quasi sempre in modo improvvisato e senza dichiarare al fisco l'onorario che percepiscono utilizzando numerosi escamotage, primo fra tutti quello di farlo passare come un rimborso spese. Cosa che assolutamente non fanno gli amministratori professionisti iscritti alle Associazioni di categoria del settore.
Un vero e proprio guadagno “in nero” perpetrato da sempre ed al quale nessun Governo fino ad oggi ha saputo o voluto mettere fine. Eppure, i dati della Sose sugli Studi di settore, così come quelli dell'Agenzia delle Entrate, che da sempre detiene i codici fiscali di tutti i condomìni d'Italia e non solo, sono noti da anni: manca all'appello un numero importante di amministratori, considerando che nel nostro Paese vi sono più di 1.200.000 edifici in condominio.
Da qui la mia proposta di istituire un Registro, con iscrizione obbligatoria, presso quel Ministero che per sua natura raccoglie i dati relativi al mondo delle attività professionali, quale quello della Giustizia, così da censire tutti coloro che a vario titolo amministrano anche un solo condominio. Informazione, oltretutto, importantissima per la Protezione Civile in caso di calamità.
Naturalmente come dovrà essere gestito sotto ogni aspetto dal Ministero un tale Registro telematico - visti i tempi - verrà stabilito con un apposito decreto, come è giusto che sia in questi casi e come prevedevo già nel testo del ordine del giorno.
Trovo, quindi, poco lungimirante la posizione contraria di alcune Associazioni degli amministratori di condominio che si oppongono alla sua realizzazione, dovrebbero essere le prime, a mio modesto avviso, a chiedere che cessi l'evasione fiscale in questo settore, considerando che nei fatti oltre a danneggiare le casse dell'Erario, contribuisce notevolmente a rendere sempre più difficile lo svolgimento dell'attività da parte degli amministratori professionisti, prevalentemente iscritti ad un'Associazione di categoria, costretti a lavorare in un regime di concorrenza sleale e senza alcun tariffario di riferimento.
C'è da dire anche che all'indomani dell'entrata in vigore della legge n. 220/2012, le Associazioni degli amministratori si sono quintuplicate con finalità spesso discutibili e molte risultando scarsamente rappresentative. Questo ha contribuito, probabilmente, a generare altra confusione e la difficoltà ad esercitare un potere di rappresentanza e di lobby forte ed unitario presso le Istituzioni, contrariamente a come riescono a fare le Associazioni degli agenti immobiliari o quelle che rappresentano la proprietà e l'inquilinato, in alcuni casi, dobbiamo dirlo, anche “nemici” della categoria degli amministratori.
Fortunatamente, nella giungla delle Associazioni che rappresentano gli amministratori possiamo ancora annoverarne di storiche ed importanti, Associazioni che da più di vent'anni si battono per ottenere un vero riconoscimento giuridico della categoria.
In molti ricordiamo la richiesta costante di un albo professionale degli amministratori immobiliari e condominiali puntualmente arenata in ogni legislatura ed oggi anacronistica da chiedere visto che la sua realizzazione troverebbe ulteriori ostacoli anche in ambito europeo.
Per concludere, non vedo altra strada se non quella di considerare il Registro, come da me pensato, quale punto di partenza, non di arrivo, per cominciare a mettere ordine in questo settore.
Ritengo che tutti gli amministratori di condominio improvvisati o evasori fiscali si guarderebbero bene dal continuare a svolgere in modo improprio l'attività dovendosi iscrivere in un Registro pubblico, fornendo tutta una serie di informazioni, tra cui quelle fiscali, facilmente verificabili ed in più controllate annualmente dall'Agenzia dell'Entrate.
Il secondo passo da fare, in tempi brevi, non può che essere quello di rivedere tutte le incongruenze del D.M. 140/2014 che regolamenta la formazione degli amministratori, così come alcuni articoli della legge n. 220/2012, partendo dall'articolo 71 bis delle disposizioni d'attuazione al codice civile.
Non dobbiamo dimenticare che ogni edificio in condominio rappresenta un patrimonio di notevole rilevanza e nel quale risiedono persone da tutelare, occorre che a gestirlo siano amministratori competenti, con qualifiche professionali elevate e che costantemente provvedano ad aggiornarsi dal punto di vista formativo. Per mantenere questi parametri il supporto delle Associazioni di categoria è fondamentale.
Mi auguro che il Sottosegretario al Ministero della Giustizia, onorevole Jacopo Morrone, che da subito ha espresso un particolare interesse per questa professione, continui ad insistere nel voler trovare la giusta sintesi tra i vari soggetti coinvolti, così da procedere ad un serio riconoscimento della categoria, innalzando anche il livello dei requisiti necessari per poterla svolgere questo, inoltre, permetterebbe a molti giovani, laureati e diplomati, di vederla come un'attività interessante da intraprendere.
Il termine “capo condomino” è giusto che ormai vada in pensione!