Lavori & Tecnologie

La caldaia del futuro? Alimentata a idrogeno

di Silvio Rezzonico e Maria Chiara Voci

Riscaldamento e produzione di acqua calda: la scelta dell’impianto migliore è vasta e spazia dalle caldaie a condensazione ai sistemi alimentati a biomassa fino alle pompe di calore, mondo in costante espansione (vedi schede a lato). Nel frattempo però, anche in Italia, si stanno affacciando i sistemi alimentati a idrogeno che emettono nell’ambiente solo vapore acqueo, senza dispersioni di Co2 e Co.

Attualmente le caldaie a idrogeno non sono presenti in Italia, dove mancano l’infrastruttura di distribuzione e le centrali di produzione (per elettrolisi dall’acqua) di questo gas che assomiglia al metano. Non a caso, una delle ipotesi più concrete e di vicina applicazione è quella (in fase di test da parte della Snam) che punta all’immissione nella rete esistente di una miscela mista metano e idrogeno (al 30%), a servizio di caldaie studiate per bruciare questo tipo di carburante. Come stanno dimostrando all’estero (dall’Inghilterra alla Germania, al Giappone) l’idrogeno può essere impiegato anche in totale sostituzione del metano, anche «come vettore per la trasformazione in energia elettrica tramite un secondo processo di elettrolisi o di ossidazione, poi collegato a pompe di calore, che moltiplicano l’efficienza della soluzione», spiega Egisto Canducci, consulente di Mce Expocomfort (dal 17 al 20 marzo a Milano).

A seconda di quella che sarà la scelta del nostro Paese, muterà la tecnologia. Nel frattempo però alcune aziende stanno avviando i test per arrivare preparate. È il caso della Baxi di Bassano del Grappa, che ha studiato una caldaia pensata per una diffusione per il grande pubblico. Il progetto di studio ha tre anni di vita, ma è stato presentato pochi giorni fa, dopo che il prodotto ha ottenuto le certificazioni per essere omologato.Due caldaie autonome sono state da poco installate, in fase di test, all’interno di un laboratorio in versione stand alone (staccate dalla rete), alimentate in parte con serbatoi di idrogeno (simili a bombole di Gpl). Un’altra caldaia è installata in Olanda all’interno di un’azienda. «La soluzione che abbiamo implementato – spiega Alberto Favero, direttore generale Baxi – è del tutto simile a un sistema a condensazione, per dimensioni e peso, oltre che per le basse pressioni di alimentazione richiesta, per l’efficienza termica e sotto l’aspetto dell’installazione e della messa in servizio. La grande differenza, però, è che parliamo di un apparecchio che non presenta emissioni in termini di monossido o anidride carbonica e che ha valori di NOx inferiori a quelli del gas». Il costo dell’apparecchio, spiega ancora l’azienda, non sarà molto distante da quello di una caldaia funzionante a metano. Il prodotto può funzionare sia con un’alimentazione al 100% di idrogeno sia con una miscela mista.

Hydro, caldaia a idrogeno già sul mercato e che genera autonomamente acqua calda sanitaria e da riscaldamento, trasforma l’idrogeno in elettricità agganciato a una centrale di elettrolisi senza collegamenti da fonti energetiche esterne. È prodotta dalla E. HY Energy Hydrogen di Marco Bertelli e usa una tecnologia studiata dal 2006 e brevettata nel 2014. Cuore del funzionamento è una cella di fusione: l’acqua, a contatto con una serie di piastre di titanio preriscaldate da resistenze interne genera vapore, che produce elettricità, poi immagazzinata in batterie.

Ancora diverso, infine, il funzionamento del sistema blueGen proposto da Solidpower (grazie alla collaborazione con un consorzio di produttori europei di aziende del settore): è l’ossidazione a trasformare l’idrogeno in elettricità. La tecnologia, diffusa in Germania, si sta affacciando anche in Italia, dove per ora funziona solo servita da centrali autonome.

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