Lavori & Tecnologie

La via semplice per rimpiazzare la caldaia con la pompa di calore

di – El.C.

Sotto i nostri piedi abbiamo un serbatoio inesauribile di energia rinnovabile e pulita, a disposizione 365 giorni l’anno. A partire da una profondità di dieci metri, la temperatura del sottosuolo rimane costante in tutte le stagioni fra i 12 e i 15 gradi, un livello ideale per contribuire al riscaldamento e raffrescamento delle abitazioni. La geotermia a bassa entalpia sfrutta questo calore gratuito per la climatizzazione degli edifici, estraendolo dal sottosuolo con una sonda geotermica e cedendolo a una pompa di calore che lo incrementa ulteriormente e lo distribuisce all’edificio da riscaldare. Una soluzione molto conveniente, soprattutto per le città sempre più inquinate dai sistemi di riscaldamento da fonte fossile, che d’inverno pesano per i due terzi della produzione di polveri sottili nei centri del Nord Italia. Non a caso, le pompe di calore abbinate alla geotermia a bassa entalpia sono molto diffuse in tutta Europa.

In base all’ultimo censimento di Eurobserv’er, il mercato leader è la Svezia, con quasi 500mila pompe di calore geotermiche in funzione, seguita da Germania, Francia e Austria. L’Italia, con appena 14mila pompe geotermiche, resta in coda, malgrado sia il Paese natale della geotermia. Su oltre 250 teleriscaldamenti geotermici operativi in Europa, in Italia ne abbiamo solo due, a Ferrara e Vicenza (grazie a due pozzi esplorativi per la ricerca del metano, che invece buttano acqua), oltre a quelli che servono gli abitanti delle due aree geotermiche toscane. Le città, intanto, sono ancora appestate dalle inquinantissime caldaie a gasolio: a Milano sono 3.400 in tutto, meno del 4% del parco impianti, ma inquinano come il restante 96%.

Una delle ragioni che hanno rallentato finora la diffusione di questa fonte rinnovabile in Italia è il fatto che da Roma in giù la necessità di riscaldamento è spesso relativamente ridotta, il che può rendere più difficile recuperare in tempi accettabili l’investimento, anche se in realtà le risorse geotermiche possono essere sfruttate pure nei sistemi di raffrescamento. Con l’attuale detrazione fiscale al 65% per le ristrutturazioni energetiche, però, i conti tornano. Un altro punto dolente sta nella natura stessa delle pompe di calore tradizionali, che lavorano a temperature inferiori a 60°C, mentre gli impianti a radiatore funzionano a 70-80°C. In pratica, le pompe di calore tradizionali sono utilizzabili solo con il riscaldamento a pavimento, per cui diventano un’opzione impraticabile se non nei casi di ristrutturazioni importanti. Oggi invece, grazie a nuovi tipi di pompe di calore, la geotermia a bassa entalpia è adatta a molte più situazioni.

In Italia, la tecnologia più innovativa è quella messa a punto da Teon, soprannominata Tina, acronimo di There is no alternative. «Tina è la prima pompa di calore geotermica ad alta temperatura: arrivando fino a 85°, rende possibile e conveniente rimpiazzare le caldaie a combustibili fossili, anche in presenza di vecchi impianti di riscaldamento, che non hanno bisogno di essere ristrutturati», spiega Silvano Stefanini, responsabile commerciale di Teon. Si tratta di una pompa di calore a doppio stadio che, diversamente dalle sue concorrenti - concepite in primis per produrre fluido refrigerato - è stata ottimizzata per la produzione del fluido caldo e perciò può competere con le caldaie del riscaldamento invernale. Non si tratta della prima macchina a doppio stadio nel suo genere, ma Tina riesce a raggiungere un’efficienza energetica molto elevata nella produzione di acqua ad alta temperatura, tale da renderla competitiva anche rispetto alle soluzioni più diffuse, come ad esempio le caldaie a condensazione alimentate a gas.

Ovviamente la pompa di calore, che l’anno scorso ha vinto il premio di Legambiente “Innovazione amica dell’ambiente”, ha bisogno di energia elettrica per funzionare, ma meno del 30% dell’energia necessaria viene dalla presa di corrente, il resto è calore rinnovabile preso dal sottosuolo. In altri termini, mentre una normale caldaia deve bruciare 110 unità di combustibile fossile per offrire cento unità di calore alla casa da riscaldare, Tina consuma solo trenta unità di energia elettrica. Di conseguenza la bolletta si alleggerisce: del 35% rispetto alle caldaie a metano e del 65% rispetto a quelle a gasolio. Unica limitazione, Tina è una pompa di calore idrotermica, quindi per funzionare deve scambiare calore con l’acqua di falda, ma anche di un fiume, di un lago o del mare, tramite una sonda geotermica che ha bisogno di un tubo di andata e ritorno dal diametro di pochi centimetri, di norma calato non più di 15 metri nel sottosuolo.

L’inventore di Tina, Gianfranco Pellegrini, ha sviluppato questa tecnologia nell’Area Science Park di Trieste e ha installato il primo impianto pilota nel 2010 in una scuola pubblica con diverse palestre, dove la pompa geotermica produce acqua calda sanitaria per tutto il comprensorio. I risultati migliori del previsto l’hanno spinto a proseguire e oggi, dopo l’incontro con la Veos di Massimo Orlandi e Riccardo Bani, che ha investito nella sua tecnologia, produce una serie di macchine per tutte le esigenze, da MicroTina a MiniTina per il residenziale a Tina e ReTina per impianti centralizzati, commerciali e industriali. In base ai suoi calcoli, sostituire con Tina mille caldaie a gasolio milanesi consentirebbe un risparmio economico pari a 26 milioni di euro annui sulla bolletta energetica (-60% rispetto allo status quo). Ed equivarrebbe a togliere dalla circolazione 134mila auto.

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