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Condizionatori, guida ai problemi e ai limiti all’installazione

di Paolo Accoti

Quello dell'installazione del condizionatore negli stabili in condominio è una questione che vede spesso contrapposte diverse esigenze, quella del singolo condomino e quella dell'intera compagine condominiale, e implica la soluzione di diverse questioni di diritto.
In primo luogo il diritto all'uso della cosa comune - nel caso di specie, la parete (facciata) dove andrà alloggiata l'unita esterna del condizionatore - previsto dall'art. 1102 Cc, a mente del quale ogni condomino può servirsi del bene comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti il pari uso, il decoro architettonico del fabbricato, concetto che il legislatore non ha compiutamente approfondito, ma che viene richiamato dall'ultimo comma dell'art. 1120 Cc, laddove vengono vietate le innovazioni che, tra l'altro, alterano il decoro architettonico dell'edificio e da ultimo, non certo per importanza, la questione relativa alle immissioni rumorose e di calore spesso provenienti dai condizionatori, disciplinata dall'art. art. 844 Cc, per cui le immissioni provenienti dal fondo del vicino non devono superare la normale tollerabilità.
In relazione all'utilizzo della cosa comune, posto che ciascun condomino può liberamente utilizzare il bene comune, traendo dallo stesso ogni possibile utilità, a condizione che non ne alteri la destinazione e che non impedisca l'uso paritetico degli altri condòmini, è stato ritenuto che qualora l'impianto occupi <<il 60% in superficie disponibile>>, impedendo con ciò <<l'installazione di un analogo apparecchio da parte degli altri condomini del piano, in mancanza del consenso di quest'ultimi o di un loro comportamento inerte, l'installazione costituisce una lesione del loro diritto>> (Cass. n. 17400/2017), atteso che una tale stabile installazione altera, permanentemente, il rapporto di equilibrio tra i condòmini nel godimento del bene comune (Cfr.: Cass. n. 7466/2015).
Allo stesso modo, è stato ritenuto che <<l'installazione - senza alcun consenso assembleare - di un compressore di un condizionatore d'aria sulla facciata del fabbricato, in posizione sporgente e perpendicolare ad uno degli ingressi condominiali, viola il disposto dell'art. 1102 c.c., a nulla rilevando - nel caso specifico - che la facciata in questione non sia esposta al pubblico, ma solo ai condomini, in quanto la legge tutela proprio il diritto degli stessi a non dover subire alterazioni antiestetiche del bene comune>> (Trib. Milano, 9.01.2004).
Ecco che allora la legittimità, o meno, dell'installazione di un impianto di condizionamento sulla parete condominiale è subordinata al pari uso altrui, in atri termini, la stessa si considera lecita qualora non incida sulla sostanziale fruibilità della cosa da parte degli altri condòmini (Cfr.: Cass. n. 8857/2015).
Molto in realtà dipendente dalle dimensioni del macchinario tanto è vero che <<l'installazione da parte di alcuni condomini di un voluminoso condizionatore sul muro perimetrale comune non integra un'innovazione ai sensi dell'art. 1120 c.c., ma una modifica all'uso del muro comune, in quanto tale soggetta non solo alle limitazioni di cui all'art. 1102, primo comma, c.c., ma anche al divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato. Tale divieto infatti - per quanto previsto in materia di innovazioni dall'art. 1120, secondo comma, c.c. - si estende in via analogica anche alle modificazioni, essendo informato alla medesima ratio legis>> (Cass. n. 12343/2003).
Per quanto concerne invece la problematica relativa al decoro architettonico, fermi restando eventuali limiti più restrittivi imposti dal regolamento condominiale, è stato ritenuto che <<le innovazioni comportanti alterazione delle strutture proprie di parti comuni dell'edificio, sono quelle che violano il decoro architettonico di cui all'art. 1120, co. 2, c.c., con una apprezzabile alterazione delle linee e delle strutture fondamentali dell'edificio o anche di singole parti o elementi dotati di sostanziale autonomia e della conseguenziale diminuzione del valore dell'intero edificio e, quindi, anche di ciascuna delle unità immobiliari che lo compongono (Cass. n. 1286/2010), mentre non occorre che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall'innovazione abbia un particolare pregio artistico, né rileva che tale decoro sia stato già gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull'immobile, ma è sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità (Cass. n. 14455/2009)>> (Trib. Milano, 25.02.2015).
In altri termini, l'alterazione dell'estetica, delle linee e delle strutture dell'edificio, deve essere considerevole, ed anche in questo caso le dimensioni contano, tanto è vero che la Corte di Cassazione, con una recente sentenza, premesso che il fabbricato aveva struttura e linee architettoniche residenziali ed era inserito in un ambito paesaggistico protetto, ha ritenuto corretta la decisione della corte territoriale per cui <<era facilmente evincibile dalle fotografie prodotte la lesione al decoro architettonico dell'edificio derivante dalle dimensioni delle due apparecchiature e dalla loro collocazione quasi “aggrappati” alla gronda del tetto, di cui rompevano la continuità>> (Cass. n. 20985/2014), anche in caso di analogo intervento da parte di altri condòmini.
Sul punto, tuttavia, si registra anche qualche decisione di segno contrario, ed infatti è stato ritenuto come <<deve essere rigettata la domanda di rimozione del motore del condizionatore d'aria installato dal singolo proprietario esclusivo dell'immobile sulla facciata dell'edificio condominiale dovendosi ritenere che anche un lieve turbamento del decoro architettonico potrebbe legittimarla ma che una tale decisione non può essere assunta se sul prospetto del fabbricato già sono presenti altri impianti la cui installazione è stata consentita dall'ente di gestione>> (Trib. Roma, 4.08.2016).
Ad ogni modo, l'esame in relazione all'alterazione, o meno, del decoro di un determinato fabbricato spetta al giudice di merito il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se la decisione risulta congruamente motivata.
Per quanto concerne, infine. le immissioni di calore o di rumore provenienti dagli impianti di condizionamento, la questione ruota attorno al concetto di “normale tollerabilità” e, a tal uopo, al fine di valutare la legittimità delle immissioni, occorre valutare in concreto, e caso per caso, l'accettabilità di dette immissione alla stregua del precetto di cui all'art. 844 Cc (Cass. 20927/2015).
In tale valutazione, tuttavia, entrano in gioco diversi paramenti, primo tra tutti lo stato dei luoghi, è stato ritenuto, infatti, che <<l'eventuale rispetto dei limiti previsti dalla legge non può fare considerare, senz'altro, lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità: formularsi in relazione alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia da quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici del luogo, sui quali vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo). In buona sostanza, la valutazione ex art. 844 cod. civ., diretta a stabilire se i rumori restano compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell'uomo medio e, dall'altro, alla situazione locale>> (Cass. n. 9660/2015).
Concludendo, quando l'installazione rispetta le condizioni sopra dette, vale a dire che sia osservante del pari utilizzo del bene comune, che non pregiudichi l'estetica del fabbricato e che le immissioni provenienti dalla stessa non superano la normale tollerabilità, la stessa si può considerare pienamente legittima.