Lavori & Tecnologie

Anche le opere stagionali richiedono il permesso di costruire

di Donato Palombella


Il proprietario di una piscina viene condannato per aver realizzato, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, la copertura di una piscina e una casetta in legno (a suo dire) utilizzata per contenere e proteggere gli impianti tecnologici. Reato contestato? Articolo 44, comma 1, lett. b), Dpr 380/2001 ovvero "esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso". La partita si gioca sul concetto di pertinenza, sulla differenza tra opera temporanea e stagionale e sul valore da attribuire alle norme locali, eventualmente più permissive rispetto alla normativa nazionale. Ma, in definita, quali sono le opere contestate? Si tratta della copertura di una piscina di circa 170 mq e di un manufatto in legno di circa 12 mq.

Non si può parlare di pertinenza
La Sez. III penale della Cassazione, con la sentenza 342 del 7 gennaio 2019, conferma la decisione del giudice d'appello che aveva escluso la natura pertinenziale della copertura della piscina. In linea di principio, si ritiene che la pertinenza sia caratterizzata dalle sue ridotte dimensioni (Cass. pen., Sez. III, sentenza 30 maggio 2012, n. 25669 e sentenza 11 giugno 2008, n. 37257). Nel caso in esame, la copertura della piscina non può certamente essere considerata tale coprendo circa 170 mq e sviluppando oltre 500 mc. La struttura, infatti, era lunga circa 19 metri e larga circa 9 metri con un'altezza variabile dai 2,60 m ai 3,60 m. Irrilevante la considerazione del proprietario secondo il quale la struttura, nei periodi di non utilizzo, smontata e "impacchettata", occupava solo pochi metri.

Irrilevante il rapporto percentuale tra immobile principale e pertinenza
Il proprietario si difende sostenendo che il permesso di costruire non sarebbe necessario in quanto l'opera non supererebbe il 20% dell'edificio principale. In proposito invoca l'articolo 3, comma 1, lett. e.6) del Dpr 380/2001 che, per l'appunto, richiede il permesso di costruire per gli interventi di nuova costruzione "che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale". La Cassazione ritiene l'argomento troppo generico e irrilevante; sottolinea, al riguardo, che non viene neanche indicata la dimensione dell'immobile principale rendendo impossibile il calcolo della prevista percentuale del 20%. Per inciso, se la copertura della pertinenza (ovvero della copertura della piscina) è pari a 170 mq e rappresenta il 20% del bene principale, ne deriva che esso dovrebbe avere una superficie di circa 850 mq il che appare poco credibile. La cassazione sottolinea un ulteriore elemento: è vero che l'articolo 3 del Testo Unico edilizia prescrive un valore percentuale tra il bene principale e la pertinenza (ovvero il 20%), ma ciò non toglie che quest'ultima, in ogni caso, debba avere una superficie modesta e trascurabile mentre, come abbiamo visto, nel caso in esame il manufatto copre una superficie di ben 170 mq.

Opere legittime secondo il Regolamento edilizio
Il proprietario (o meglio, il suo consulente tecnico) cerca di difendersi sostenendo che le opere, secondo il Regolamento edilizio comunale, sarebbero del tutto legittime in quanto rientrerebbero nella cosiddetta "edilizia libera". La Cassazione, senza neanche verificare il contenuto del richiamato Regolamento edilizio, respinge questa argomentazione in quanto le norme locali, ovviamente, non possono derogare alla disciplina statale che prevede il preventivo rilascio del titolo edilizio per l'esecuzione dei lavori. Per lo stesso motivo le opere non possono essere legittimate dalle disposizioni regionali (Atto di coordinamento tecnico definizioni tecniche uniformi per l'urbanistica e l'edilizia) che considerano come vani tecnici i manufatti che ospitano gli impianti tecnologici dell'edificio. La Cassazione rileva, inoltre, che la norma regionale disciplina le modalità di calcolo delle volumetrie ma non prende in esame i titoli abilitativi dei lavori. In ogni caso, anche le norme regionali non potrebbero porsi in contrasto con le norme di livello nazionale.

La copertura della piscina non è "temporanea"
Uno dei punti focali della vicenda è rappresentato dal concetto di "opera temporanea" che traccia la linea di demarcazione tra edilizia libera e necessità di dotarsi preventivamente di un permesso di costruire. Secondo il proprietario, la realizzazione della copertura della piscina sarebbe senza ombra di dubbio una "opera temporanea" in quanto utilizzata solo nei mesi freddi per permettere l'uso dell'impianto. Questa affermazione si trasforma in un boomerang e porta la Cassazione a ritenere l'opera del tutto illegittima. La circostanza che la copertura fosse utilizzata tutti gli anni, anche se stagionalmente, durante i mesi meno caldi, comporta, automaticamente, che essa non possa essere considerata come destinata a soddisfare esigenze meramente temporanee e contingenti.

Opera temporanea e opera stagionale
Secondo la giurisprudenza (Cass., Sez. III, sentenza 30 giugno 2016, n. 36107 e sentenza 21 giugno 2011, n. 34763), possono essere realizzare in assenza del preventivo rilascio di un titolo edilizio le opere temporanee ovvero quelle destinate a soddisfare esigenze momentanee. La sentenza in esame richiama, in proposito, l'art. 6, comma 2, lett. b), Dpr 380/2001 che prevedeva "... previa comunicazione, anche per via telematica, dell'inizio dei lavori da parte dell'interessato all'amministrazione comunale, possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo i seguenti interventi: … b) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni;". Tale norma, peraltro, è stata abrogata dall'art.3, lett. b), n.2 del Dlgs 222/2016 (cosiddetta SCIA2) e attualmente questa tipologia di opera è sottoposta a CIL. In vigenza del comma 2, venivano considerate "opere temporanee" quelle intrinsecamente destinate a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, e ad essere immediatamente rimosse al venir meno di tale funzione. La realizzazione di un'opera stagionale, quale può essere una serra diretta a proteggere delle piante dal rigore invernale, uno spogliatoio da utilizzare nei mesi estivi per andare al mare o, come in questo caso, la copertura della piscina utilizzata stagionalmente, non può essere considerata come "opera temporanea" in quanto non è diretta a soddisfare delle "esigenze temporanee e contingenti" bensì delle "esigenze stagionali" e, come tali, che si ripetono nel tempo.

Illegittimo il manufatto in legno
A finire sotto la lente non è solo la copertura della piscina ma anche una casetta in legno che, per stessa ammissione del proprietario, aveva carattere permanente e, pertanto, deve essere necessariamente qualificata come "nuova costruzione" e, come tale, assoggettato al permesso di costruire. Nel caso in esame abbiamo un manufatto ampio oltre 12 mq, con altezza variabile da 2,40 a 4 metri, dotato di due porte di accesso di notevoli dimensioni e di finestre. Secondo il proprietario si tratterebbe di un mero vano tecnico privo di superficie utile destinato semplicemente a contenere le pompe per il funzionamento della piscina e la caldaia per il riscaldamento dell'acqua.
La Cassazione precisa che, per le proprie caratteristiche, ben difficilmente il manufatto, potrebbe essere considerato come un volume tecnico. Secondo la giurisprudenza sono "volumi tecnici" quelli strettamente necessari a contenere e consentire la sistemazione di impianti tecnici, aventi un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione (serbatoi idrici, extra- corsa degli ascensori, vani di espansione dell'impianto termico, canne fumarie e di ventilazione, vano scala al di sopra della linea di gronda), che non possono trovare allocazione, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti, entro il corpo dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche (Cass. pen., Sez. III, sentenza 28 aprile 2016, n. 22255).

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