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Sogeea: dalla rigenerazione urbana potenziale indotto di 328 miliardi

dalla Redazione

Il potenziale indotto economico di una estesa e capillare campagna di rigenerazione urbana sul territorio italiano è stimabile in circa 328 miliardi di euro: per la precisione 327.986.751.765, cifra che si ricava dalla somma del valore delle opere da realizzare, pari a 310.537.447.415 euro, e degli oneri concessori da corrispondere alla pubblica amministrazione, quantificabili in 17.449.304.350 euro. Il dato, che rappresenta poco meno del 17% del Prodotto Interno Lordo dello Stato, è contenuto nel Primo rapporto sulla rigenerazione urbana in Italia, realizzato dal Centro Studi Sogeea e presentato ieri nel corso di un convegno sul tema organizzato in Senato.
«Pochi territori come quello italiano sono stati sfruttati, manomessi e sfregiati in nome di una cementificazione sregolata e di una speculazione senza freni che ci presentano quotidianamente un conto salatissimo – ha spiegato nel suo intervento l'ing. Sandro Simoncini, presidente di Sogeea e direttore del Centro Studi –. Non solo in termini di qualità della vita, spesso mortificata dalla mancanza di programmazione urbanistica, dalla vetustà delle infrastrutture, dalla difficoltà negli spostamenti, dalla scarsità dei luoghi di socializzazione, dal basso livello medio del nostro patrimonio edilizio. Ma anche per ciò che riguarda la stessa salvaguardia delle comuni esistenze, come viene impietosamente sottolineato con sempre maggior frequenza da eventi naturali capaci di mettere in ginocchio intere regioni. Non può, dunque, sorprendere che il tema della rigenerazione urbana viva una straordinaria fase di interesse. Ciò suscita giustamente un moto di soddisfazione, soprattutto tra coloro che da tempo ne invocano imprescindibilità e applicazione».
Per determinare i valori economici dello studio, si è proceduto innanzitutto a considerare scopi e obiettivi della rigenerazione urbana: su tutti il contenimento del consumo di suolo e l'intervento sul patrimonio edilizio esistente in regime di trasformazione (compresa demolizione e costruzione con premialità di cubatura secondo le prescrizioni di legge), recupero e riqualificazione di aree dismesse, di edifici abbandonati o inutilizzati, efficace riutilizzo dei vuoti urbani. Si è ovviamente cercato di tenere conto il più fedelmente possibile delle specificità territoriali e delle normative delle singole realtà di cui si è stimata la portata degli interventi. Il dettaglio relativo ai capoluoghi di provincia consegna un quadro di potenziale indotto di assoluta rilevanza: in particolare a Roma (15,6 miliardi di euro), Milano (7,3 mld), Napoli (5,3 mld), Torino (4,8 mld), Palermo (3,7 mld), Genova (3,2 mld), Bologna e Firenze (2,1 mld per ciascuna).
«Le grandi città, ma anche realtà abitative di dimensioni assai più contenute, non hanno perseguito serie politiche di riqualificazione dell'esistente – ha sottolineato Simoncini –, ma hanno teso senza sosta a svilupparsi verso l'esterno, creando periferie e frazioni prive di servizi primari e dei necessari requisiti di sicurezza. Una prima, timida inversione di tendenza per fortuna si intravede, anche se troppo spesso si lascia mano libera agli enti locali, che in nome della rigenerazione urbana si spingono a varare provvedimenti e norme che, seppur nati con le migliori intenzioni, rischiano di assumere i connotati di condoni edilizi mascherati o di temibili strumenti in mano agli speculatori.
Quanto sia complesso convergere su di una efficace legge nazionale riguardo a materie in cui lo Stato concede ampie deleghe normative agli enti locali è di tutta evidenza. Un esempio si è avuto in questi anni con il provvedimento per arrestare il consumo di suolo in Italia.
Un quadro normativo chiaro e uniforme è fondamentale per attrarre investimenti privati, vitali per mettere in piedi un ampio ventaglio di politiche di riqualificazione in una fase di enorme difficoltà per le casse pubbliche, ma è imprescindibile anche per evitare di incappare negli errori del passato. Fortunatamente si sono fatte strada strada nuove consapevolezze: da una parte quella degli intellettuali e degli specialisti delle politiche urbanistiche, consci che la rigenerazione dell'esistente, in particolare delle periferie e delle aree più degradate, non è solo il tema da cui ripartire ma intorno al quale sviluppare un vero e proprio circolo virtuoso; dall'altra quella dei cittadini, sempre più orientati a scegliere realtà abitative qualitativamente migliori e non più disposti a svenarsi per abitare alle estreme propaggini di una città. Ecco che la necessità di agire su quanto edificato in modo disordinato o addirittura scellerato non può essere più procrastinata».

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