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L'istanza di condono equivale ad auto-denuncia

di Donato Palombella


Spesso ci facciamo prendere dalla foga e, appena si parla di condono, corriamo a presentare la domanda per aderire alla sanatoria. Non ci rendiamo conto, però, che corriamo il rischio di segnare un clamoroso autogool. Nel caso in cui la domanda di sanatoria, per un motivo o per un altro, non venga accettata, infatti, questa si trasforma automaticamente in una auto-denuncia e non è più possibile innestare la retromarcia.

Il caso in esame
Un cittadino presenta nel 2004 una domanda in sanatoria ai sensi dell'articolo 32 della legge 269/2003 denunciando di aver realizzato dei volumi tramite la costruzione di una tettoia e di alcune pertinenze costruite su preesistente muro di contenimento. Parallelamente, presenta istanza di accertamento della compatibilità paesaggistica. Il Comune, con provvedimento del 2012, respinge l'istanza di sanatoria in quanto le opere in questione determinano un incremento di superficie pari a 135,00 mq. e un ingombro volumetrico pari a 364,50 mc. non consentito dal PTP (Piano Territoriale Paesistico).
Le opere, quindi, vengono ritenute abusive, ed il comune emette ordinanza di demolizione.
Il proprietario impugna tali provvedimenti ma il Tar Napoli, con la sentenza n. 5668 del 28 settembre 2018, rigetta il ricorso.

Il condono vale come auto-denuncia
Il Tar, in primo luogo, sottolinea che è stato lo stesso proprietario ad essersi auto-denunciato con la domanda di condono indicando di aver realizzato delle opere, di cui indica la consistenza, in assenza di alcuna autorizzazione; è lo stesso proprietario che, nell'istanza di condono, precisa che l'abuso è stato realizzato nel 2003 e, quindi, in epoca successiva all'entrata in vigore del PTP. Quindi, sostanzialmente, le opere sono abusive e non condonabili in quanto realizzate in area sottoposta a vincolo paesaggistico.

Irrilevante l'ente che rigetta il condono
Il proprietario ritiene che il provvedimento di diniego del condono sia stato adottato dal Responsabile del Settore XI (che, a suo dire, sarebbe incompetente) mente il provvedimento avrebbe dovuto essere emesso dal dirigente coordinatore dei settori tecnici (che aveva emanato l'ordinanza di demolizione). Il Tar respinge questo argomento in quanto il cittadino non può sindacare l'organizzazione interna dell'amministrazione comunale (Tar Napoli, Sezione VI, sentenza 5 giugno 2013, n. 2908).

Perché il condono non può essere accolto
Il Tar precisa, punto per punto, per quali motivi l'istanza di condono, presentata nel 2004, non può essere accolta:
- l'opera contrasta con le norme urbanistico-ambientali avendo comportato la realizzazione di un incremento volumetrico di circa mc 364 in zona sottoposta a vincolo paesaggistico;
- le opere sono state portate a termine nel 2003 ovvero dopo l'apposizione del vincolo paesaggistico istituito nel 1999;
- la legge 326/2003, che disciplina il cosiddetto condono edilizio, non ammette che vengano sanate opere non autorizzate (e quindi abusive), realizzate in area sottoposta a vincolo paesaggistico; occorre tener presente che la non sanabilità delle opere in area vincolata costituisce una prerogativa della Legge n.326/2003 (Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 19 maggio 2010, n. 3174; Tar Campania, Napoli, Sezione VI, sentenza 29 novembre 2012, n. 4873; sentenza 22 febbraio 2011, n. 912; sentenza 27 gennaio 2010, n. 359; sentenza 10 febbraio 2010, n. 844; sentenza 24 gennaio 2006, n. 884; Tar Campania, Napoli, Sezione IV, 19 gennaio 2012, n. 247; Tar Campania, Napoli, Sez. VII, 1 settembre 2011, n. 4259, 3 novembre 2010, n. 22299, 24 luglio 2008n. 9355; Tar Campania, Salerno, Sez. II, 14 gennaio 2011, n. 26; Tar Puglia, Bari, Sezione III, sentenza 12 gennaio 2010; Tar Puglia, Lecce, Sezione III, sentenza 10 gennaio 2009, n. 17).
- le opere abusive sono state realizzate in zona RUA (Recupero Urbanistico – Edilizio e Restauro Paesistico – Ambientale) del vigente PTP, dove non è consentito realizzare nuovi corpi di fabbrica né incrementi di volumi esistenti.

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