Lavori & Tecnologie

Se cambia la sagoma dell’edificio è «nuova costruzione»

di Selene Pascasi

È nuova costruzione non solo la prima realizzazione di un'opera ma anche qualsiasi modifica nella volumetria di un fabbricato precedente se comporti l'aumento della sagoma d'ingombro, tanto da incidere – indipendentemente dalla realizzazione o meno di una maggior volumetria e/o dall'utilizzabilità a fini abitativi – sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti. Lo precisa la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 20718 depositata lo scorso 13 agosto (Relatore Milena Falaschi) . Ad accendere la controversia per violazione edilizia, è la richiesta di due fratelli tesa ad ottenere l'eliminazione dei balconi posti da un vicino a distanza inferiore a un metro e mezzo dal confine con la loro proprietà. Connessa, la pretesa di arretramento sino al limite previsto dal codice civile e di risarcimento dei danni patiti. Domanda accolta ma contestata in appello dal convenuto che, però, incassa una riforma parziale della pronuncia di condanna: la corte, lette le norme tecniche attuative comunali e considerato che la transazione intervenuta fra le parti circa un terrapieno naturale ineriva ad un altro bene, dispone l'arretramento dell'edificio fino a dieci metri dallo stabile dei fratelli. Di qui, il ricorso dell'uomo contro la condanna in parte confermata. Tra i motivi, il difetto assoluto di motivazione che, tuttavia, è incensurabile in sede di legittimità e, comunque, infondato, avendo i giudici di appello ritenuto, legittimamente, che i rilievi concernenti la ritenuta violazione delle distanze fossero stati superati dall'accoglimento dell'appello incidentale degli attori. Del resto, è noto come il vizio di omessa pronuncia resti escluso ove la sentenza abbia assunto una decisione che comporti l'implicito rigetto della domanda o dell'eccezione di parte (Cassazione civile, sentenza 17956/2015). Ebbene, nella vicenda la Corte d'appello non si era limitata a recepire in modo acritico le conclusioni rese dal consulente tecnico d'ufficio, ma si era trattenuta a chiarire come la parte non avesse fornito elementi tali da smentire la qualificazione dell'opera come nuova costruzione. Strettamente connesso alla questione della novità dell'edificio, è l'altro motivo di ricorso diretto a denunciare l'erronea applicazione, da parte dei giudici di merito, della normativa locale. Disciplina alla luce della quale, ad avviso del ricorrente, non si sarebbe potuto parlare di nuova costruzione, ma di una costruzione soggetta a ricostruzione con adeguamento sismico funzionale (legge 219/1981) realizzata attraverso un procedimento particolarmente elaborato, e sulla scorta di ben quattro concessioni. Censura anch'essa inammissibile e infondata. Per nuova costruzione, ricorda la Cassazione assestandosi su tesi consolidate, va intesa non solo la realizzazione da capo «di un fabbricato ma anche qualsiasi modificazione nella volumetria di un fabbricato precedente che ne comporti l'aumento della sagoma d'ingombro, in tal guisa direttamente incidendo sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti, e ciò anche indipendentemente dalla realizzazione o meno d'una maggior volumetria e/o dall'utilizzabilità della stessa a fini abitativi». Ragion per cui è stata inquadrata come nuova costruzione la sopraelevazione (Cassazione civile, sentenza 10909/2011) o il rifacimento del tetto da cui sia conseguito l'aumento delle superfici esterne e dei volumi interni, pur dei piani sottostanti (Cassazione civile, sentenza 12582/1995). Ebbene, nella fattispecie, la Corte d'appello aveva “centrato” la natura dell'intervento edilizio realizzato dal proprietario della casa dai balconi in discussione, vista la realizzazione, dopo la demolizione di un fabbricato fatiscente, di un'opera nuova, come tale assoggettata al rispetto delle distanze legali tra costruzioni. Ciò, considerato sia l'aumento delle volumetrie e delle superfici che la constatata sospensione dei lavori, per ben tre volte, proprio a causa delle difformità realizzate rispetto a quanto consentito dai titoli abilitativi. Si palesano, allora, le logiche che hanno guidato la Cassazione a rigettare il ricorso.

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