Lavori & Tecnologie

Sugli immobili vincolati il perdono è più complicato

di Donato Antonucci

La possibilità di evitare la demolizione “fiscalizzando” gli abusi edilizi minori prevista dall’articolo 34 del Dpr 380/2001 e quella di ottenere l’accertamento di conformità ai sensi dell’articolo 36 per le opere eseguite senza titolo abilitativo o con variazioni essenziali, riguarda i soli profili urbanistico-edilizi e quindi non si applica a interventi relativi ad aree o immobili assoggettati a vincolo paesaggistico e realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione prevista dall’articolo 146 del Dlgs 42/2004. Quest’autorizzazione, infatti, «costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio», con la conseguenza che, «il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese», ove sia mancata l’autorizzazione.

Questa non può essere rilasciata in sanatoria dopo la realizzazione, anche solo parziale, degli interventi, ad eccezione delle ipotesi contenute nell’articolo 167, la cui elencazione ha carattere tassativo (Tar Abruzzo-L’Aquila, sezione I, sentenza 369/2017). Si tratta di:
impiego di materiali diversi da quelli previsti nell’autorizzazione;
lavori che non abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi, ovvero un aumento di quelli autorizzati;

lavori comunque riconducibili alla manutenzione, ordinaria o straordinaria. Questi non devono alterare lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici, poiché «l’assenza di uno specifico vulnus paesaggistico assume rilievo al fine di ammettere la sanatoria paesaggistica» (Tar Campania-Salerno, sezione I, 1603/2016; Tar Basilicata sentenza 586/2016). Il Consiglio di Stato (sezione VI, sentenza 3317/2017) ha poi chiarito che il divieto di sanatoria paesaggistica riguarda i volumi di qualsiasi natura «anche quando, qualora siano rilasciati ex ante dei titoli abilitativi, si possano formulare valutazioni urbanistico-edilizie sui presupposti per la realizzazione di volumi tecnici o interrati».

L’accertamento della compatibilità paesaggistica è un atto discrezionale e si applica la sanzione demolitoria in caso di rigetto della domanda. Viceversa, ove questa venga accolta, il trasgressore sarà tenuto al pagamento di una sanzione pecuniaria la cui entità è determinata con una perizia di stima, volta a determinare il maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. La sanzione è soggetta a prescrizione quinquennale.

La “sanatoria paesaggistica” costituisce quindi il presupposto per il rilascio dell’accertamento di conformità previsto dall’articolo 36 del Tu edilizia, e ottenere la conseguente estinzione dei reati previsti dalle norme urbanistiche ai sensi dell’articolo 45. Ma va segnalato l’orientamento della Cassazione penale (sezione III, sentenza 13730/2016), recentemente ribadito nella sentenza n. 24111/2017, secondo cui la concessione in sanatoria non estingue i reati paesaggistici previsti dal Dlgs 42/2004. Ciò in quanto «compete sempre al giudice l’accertamento dei presupposti di fatto e di diritto legittimanti l’applicazione del cosiddetto condono ambientale», e il giudice può disapplicare il provvedimento della Soprintendenza.

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