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Comproprietà, sull’abuso paga l’Ici solo chi ha costruito

di Luigi Lovecchio

I fabbricati costruiti abusivamente su terreno in comproprietà di più persone sono imponibili Ici solo nei riguardi del soggetto che ha realizzato l’edificio e non di tutti i comproprietari. Il principio è stato affermato dalla Ctp di Caltanissetta nella sentenza 753/1/2017 dell’11 luglio scorso (presidente D’Agostini, relatore Porracciolo).

La vicenda riguarda un terreno in comunione che, con scrittura privata, era stato oggetto di divisione. Sulla quota di sua spettanza, uno degli ex comunisti aveva realizzato un fabbricato privo delle autorizzazioni necessarie. Il medesimo soggetto, inoltre, aveva provveduto a presentare al Comune istanza in sanatoria, al fine di regolarizzare l’edificio. Infine, con atto notarile redatto dopo molto tempo dalla scrittura privata, i comproprietari hanno proceduto a formalizzare e ratificare la divisione, disponendo le conseguenti rettifiche alle intestazioni catastali delle particelle.

In seguito il Comune ha emesso avviso di accertamento Ici a carico di tutti i contitolari, ritenendo che - in virtù del diritto di accessione - l’unità in esame avrebbe dovuto considerarsi nella proprietà comune, pro quota. Quanto alla scrittura privata, l’ente impositore rilevava che non ne aveva mai avuto conoscenza, essendo stata formalizzata solo in epoca successiva.

Il contribuente, invece, ha contestato l’avviso, eccependo la carenza di soggettività passiva, per non essere proprietario neppure pro quota dell’immobile in questione.

La commissione nissena ha accolto il ricorso del contribuente, rilevando come la disciplina dell’accessione operi in materia di comunione solo nei limiti in cui la costruzione sia stata realizzata nel rispetto delle norme che regolano la stessa. Qualora, invece, i lavori siano stati eseguiti in difformità dalla normativa, abusivamente, e dunque in assenza di accordo tra i proprietari, la titolarità del bene compete unicamente al soggetto che li ha effettuati. In questo senso, viene richiamata la sentenza 7523/2007 della Corte di cassazione.

Nel caso di specie, prosegue il collegio di primo grado, il Comune avrebbe potuto rilevare l’abusività della costruzione e la sua imputabilità solo ad uno dei comunisti dal momento che l’istanza di sanatoria era stata presentata esclusivamente a suo nome. Così impostata la questione, diventa irrilevante il fatto che la scrittura privata di divisione non fosse stata portata a conoscenza dell’ente locale.

Inoltre, l’applicazione dell’Ici - così come dell’Imu - non trova ostacolo nella natura abusiva di una costruzione. L’unica condizione richiesta è che si tratti di un fabbricato atto all’uso o di fatto utilizzato, circostanza quest’ultima spesso ravvisabile negli immobili abusivi. D’altro canto, anche il rilascio del certificato di abitabilità risulta del tutto irrilevante ai fini dell’imposizione (Cassazione 7905/2005). In assenza della iscrizione in catasto, sussiste unicamente il problema di determinazione della base imponibile, che tuttavia si ritiene possa essere risolto adottando una rendita presunta.

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