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Cambi d’uso, caos dopo la Cassazione

di Alessandro Arona

L'impatto "paralizzante" della sentenza 6873/2017 della Cassazione penale in materia di mutamenti di destinazione d'uso di immobili ha spinto il Parlamento a intervenire, con un emendamento alla Manovrina, una modifica all'articolo 3 comma 1 lettera c) del Testo unico edilizia che ammette nel restauro e risanamento conservativo anche le modifiche di destinazione d'uso, purché compatibili con le caratteristiche dell'edificio e ammesse dal Prg.

La Corte di Cassazione penale (si veda l'inchiesta sul quotidiano digitale «Edilizia e Territorio») , con la sentenza n. 6873 del 14 febbraio scorso, in riferimento alla trasformazione di Palazzo Tornabuoni a Firenze in resort di lusso, ha stabilito che il cambio di destinazione d'uso di immobili, a prescindere dall'entità dei lavori edilizi (e dunque anche con opere modeste), configura in ogni caso una «Ristrutturazione edilizia "pesante"» (RE pesante); e di conseguenza servirebbe il permesso di costruire (PdC).

Le leggi regionali e i piani regolatori di solito ammettono gli interventi edilizi con cambi d'uso con semplice Scia (segnalazione asseverata da un tecnico), ma al di là dell'aggravio procedurale l'impatto della sentenza è soprattutto sugli immobili vincolati, sui quali la ristrutturazione non è mai ammessa, o su quelle parti di tessuti urbani storici sui quali i Prg ammettono interventi solo fino al restauro e risanamento conservativo. Quasi tutto il centro storico di Firenze è in questa situazione e così il Comune, dopo la notifica della sentenza avvenuta il 22 marzo, il mese scorso ha sospeso tutte le Scia con modifica di destinazione d'uso, in attesa della sentenza della Corte d'appello,a cui la Cassazione ha rinviato il caso.

E ora la preoccupazione comincia a diffondersi anche in altri grandi Comuni. «La sentenza potrebbe metterci in difficoltà - spiegano allo Sportello unico edilizia (Sue) di Milano - il nostro Pgt non prevede come Firenze il vincolo del restauro per tutto il centro storico, ma sono molti gli edifici e i tessuti dove questo limite c'è, e dunque l'interpretazione della Cassazione bloccherebbe tutto».

«La sentenza - conferma Giuseppe Bruno, direttore del Sue di Bari - è di fatto è in contrasto con la normativa del Testo unico edilizia, che lega le categorie edilizie all'entità delle opere (sono possibili i cambi d'uso “compatibili“ all'interno del "restauro e risanamento", mentre si passa alla "ristrutturazione" solo con un "insieme sistematico di opere"). Se dunque dovesse affermarsi sarebbe necessario cambiare il Tu nazionale, le leggi regionali, i Prg, e le prassi consolidate». Ora si tratta di capire se la modifica all'articolo 3 del Testo Unico è sufficiente a fugare le preoccupazioni.

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