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Identikit con tre profili per gli abusi edilizi

di Carmen Chierchia e Guido Inzaghi

Dalle piccole difformità rispetto alle autorizzazioni edilizie alle costruzioni interamente irregolari. Il ventaglio di interventi e opere abusive è molto ampio e il Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001) collega ad ogni tipologia un’articolata disciplina sanzionatoria. Nella pratica, però, l’individuazione dell’esatto tipo di abuso è tutt’altro che facile e il contrasto tra la valutazione comunale e quella del proprietario/responsabile arriva nelle aule giudiziarie. Il risultato è che spesso è il giudice amministrativo che interpreta i casi concreti.

Con la sentenza del 30 marzo 2017 n. 1484, il Consiglio di Stato, partendo dal caso dell’apertura di un lucernaio al posto di due aperture minori (che i giudici hanno considerato come un abuso sostanziale) ha definito una griglia di valutazioni interpretative per qualificare le tipologie delle difformità tra il costruito e l’autorizzato.

L’abuso edilizio è la difformità tra ciò che viene costruito e quanto è autorizzato (o autorizzabile). A seconda della gravità di questa differenza, si rinvengono le seguenti figure:

abuso totale, quando la costruzione avviene in assenza di qualsiasi titolo abilitativo;

abuso sostanziale, se il manufatto è completamente diverso - per caratteristiche costruttive o destinazione d’uso - rispetto a quanto oggetto di permesso e se vi sono variazioni essenziali;

abusi minori, ossia gli interventi realizzati con modalità diverse da quelle previste e autorizzate ma che incidono su elementi particolari e non essenziali.

Molte sono le disposizioni del Testo unico che disciplinano la materia in questione (articoli da 31 a 44), in cui la caratterizzazione degli abusi viene affidata a concetti di portata generale.

Abusi totali

Rientrano nella nozione di abuso totale sia le ipotesi di costruzioni realizzate in assenza di titolo sia quelle completamente diverse rispetto al permesso.

La costruzione in assenza di permesso di costruire si realizza quando il titolo non esiste “oggettivamente” (non è stato mai richiesto o rilasciato) ma anche quando un questo esista ma risulti privo di efficacia, sia in origine (ad esempio, permesso rilasciato da un settore comunale non competente) sia a seguito di un provvedimento di autotutela del Comune o una pronuncia di annullamento da parte del giudice amministrativo.

La totale difformità dal permesso di costruire si verifica in caso di realizzazione di manufatti completamente diversi per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso, e per l’esecuzione di volumi oltre i limiti indicati nel progetto e autonomamente utilizzabili.

Abusi sostanziali

Gli abusi sostanziali sono quelli che si verificano in presenza delle cosiddette “variazioni essenziali” e determinano una sostanziale differenza quali-quantitativa con il progetto autorizzato.

I criteri per la definizione delle variazioni essenziali sono indicati dall’articolo 32 del Testo unico dell’edilizia (si veda lo schema a fianco) e concernono il mutamento di destinazione d’uso con variazione degli standards, aumento della cubatura o della superficie, modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto e la violazione della normativa edilizia antisismica.

Le Regioni possono stabilire puntualmente i casi che determinano variazioni essenziali nel rispetto dei principi fissati dal legislatore nazionale.

Come si vede, le caratteristiche distintive tra “assenza di permesso”, “totale difformità” e “variazioni essenziali” sono - nei fatti - notevoli, ma ad esse il legislatore attribuisce la stessa disciplina sanzionatoria (amministrativa): le costruzioni realizzate in assenza di permesso o con variazioni essenziali devono essere demolite, essendo necessaria la riduzione in pristino del manufatto abusivo.

Abusi minori

Si verifica abuso minore in caso di “difformità parziale”, ossia quando gli interventi costruttivi, pur se autorizzati, sono realizzati con modalità diverse che incidono solo su elementi particolari e non essenziali della costruzione.

Come è stato chiarito dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, sentenza del 1° giugno 2016, n. 2325) la parziale difformità occorre quando vengono in rilievo gli stessi lavori edilizi autorizzati dal titolo ma eseguiti unicamente in parziale difformità da esso, con la conseguenza che non è quindi possibile identificare una parziale difformità quando si tratta di opere realizzate senza titolo per ampliare un manufatto preesistente (ossia opere non previste dal titolo originario ma in ampliamento a quanto ivi autorizzato).

In questo senso, sono da qualificare come difformità parziale le opere che non comportano una snaturazione, per conformazione o struttura, dell’opera autorizzata, ma solo accorgimenti tecnici necessari ad evitare inconvenienti di comune esperienza. È il caso dell’innalzamento del solaio: quando questa attività occorre solo nella misura tesa a facilitare lo scorrimento delle acque meteoriche, secondo la giurisprudenza si tratta di difformità parziale (Consiglio di Stato, sentenza del 10 luglio 2013, n. 3676); viceversa l’incremento di cubatura di una porzione di sottotetto con contestuale mutamento di destinazione d’uso costituisce senza dubbio un abuso totale.

Difformità non rilevanti

Infine, nella scala gerarchica delle difformità, vi è un’ultima ipotesi: le violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedono per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali non rientrano tra le ipotesi di difformità parziali. Si tratta di scostamenti dai parametri autorizzati di misura talmente contenuta da non potere essere considerati un illecito edilizio.

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