Fisco

Competenze e responsabilità fiscali in condominio

Principale compito è affidato all'amministratore che può avvalersi anche di soggetti terzi

di Carla Monchiero

La notizia, datata alcuni mesi fa, che un amministratore condominiale di una cittadina del cuneese è stato scoperto essere un evasore totale dalla Guardia di Finanza di Cuneo per circa centomila euro, in quanto per un quinquennio non ha fornito adempimenti dichiarativi in materia fiscale, non ha suscitato particolare interesse. Eppure il caso è emblematico, sia per la valenza sociale ed economica che assume, sia per il contesto condominiale in cui si verifica.

La valenza sociale ed il danno economico implicati ed estesi a livello nazionale si desumono dalla nota diffusa dal comando provinciale di Guardia di Finanza, che ricollega la verifica fatta al : «fine di contribuire a una più equa ripartizione del prelievo impositivo tra i cittadini in rapporto alla capacità contributiva di ciascuno ». Ponendo l'accento sullo specifico condominiale, si intende qui richiamare questo caso di cronaca in quanto si presta a più ampie e fondate considerazioni circa le modalità con cui viene ordinariamente regolamentata e gestita la materia fiscale nei condomini.

Il fisco in condominio
Trattasi di considerazioni generali, che esorbitano da complicate nozioni tecniche in materia tributaria, ma che – a partire dal caso limite in questione - mirano a porre in luce una gestione ordinariamente carente dei condomìni in materia fiscale, che in ultima istanza trova motivazioni in una normativa intricata e difficoltosa da interpretarsi, ma che nella pratica si innesta sull'ordinario e concreto documento contabile costituito dai rendiconti consuntivi annuali. Già di per sé il numero dei condomìni in Italia induce ad ipotizzare che minimi errori o omissioni contabili, occorsi pur nelle procedure del tutto legali e nella prassi consolidata comunemente in uso, siano in grado di nuocere a livello socioeconomico su scala nazionale ben più di “distrazioni” fiscali fatte contra legem a danno dell'agenzia delle Entrate da circoscriversi a casi singoli e di imprese.

Con l'unica differenza che, mentre nei casi singoli il controllo in genere può essere capillare, nel caso dei condomìni tale controllo non è dato, né, come vedremo, può essere dato con la debita immediatezza e capillarità . A ben vedere, la questione - che a tutt'oggi non risulta essere stato sollevata altrove - costituisce un potenziale innesco in grado di scoperchiare il classico vaso di Pandora.

Le competenze fiscali di condominio, amministratore e intermediari
Una parziale rassegna di stralci dalle norme in materia, (già di per sé ardue da comprendersi, dati i risvolti tecnici), dà un'idea della difficoltà di una interpretazione chiara e univoca delle competenze e della responsabilità del condominio quale sostituto d'imposta e dell'amministratore suo rappresentante, oggi complicata dal ruolo degli intermediari fiscali suoi sostituti. Il condominio è considerato sostituto d’imposta a seguito della modifica degli articoli 23 e 25 del Dpr 600/1973, operata con l’articolo 21, numero 11, della legge 449/1997, e come tale è tenuto al pagamento delle imposte sui redditi, in sostituzione di altri soggetti con obbligo di rivalsa addebitando, cioè, la relativa imposta al soggetto stesso .

Circa la responsabilità personale dell’amministratore per le sanzioni fiscali, a tale normativa si sono aggiunte le indicazioni del Dlgs 472/1997 ( articolo 11) modificato e aggiornato con il Dlgs 203/1998 e la circolare 204/E/2000. Anche dopo la legge di riforma 220 del 2012 poco si è aggiunto per una più chiara definizione della materia fiscale nel condominio: all'articolo 1130 Codice civile, punto 5, è scritto che l'amministratore «deve eseguire gli adempimenti fiscali» , mentre all'articolo 1129 Codice civile si fa riferimento ai «casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali» per i quali « i condòmini possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore».

Circa il comma 14 dell'articolo 1129 si osserva che, se all'atto della nomina non v’è alcun riferimento all’attività fiscale, essa deve essere considerata ricompresa nella voce di costo generale (forfait per unità immobiliare). A rigor di logica, se l’amministratore dovesse chiedere successivamente un compenso per quell’attività, la nomina dovrebbe essere considerata non valida in quanto non contenente l’elencazione analitica e completa delle attività corrispondenti all’importo dovuto a titolo di compenso. In ogni caso, le indicazioni della legge 220/2012 sono insufficienti rispetto alle incombenze fiscali dei condomìni, a fronte di una realtà consistente in un dedalo di competenze incrociate che richiedono nozioni giuridiche e tecniche.

Il ruolo degli intermediari
Sotto l'aspetto specificamente tecnico, in questi ultimi anni si è aggiunta la complicazione della trasmissione telematica di Certificazioni Uniche (Cu) e Modelli 770 quali sostituti d’imposta (articolo 23 Dpr 600/73). Con la risoluzione numero 10/E del 27 febbraio 2020 dell'agenzia delle Entrate gli amministratori sono tenuti all’adempimento della trasmissione telematica di Certificazioni Uniche e Modelli 770 quali sostituti d’imposta, e tali adempimenti possono essere svolti sia direttamente dagli amministratori, tramite l’utenza intestata al condominio, sia tramite intermediari. Anche le figure (attualmente in ombra) degli intermediari concorrono a complicare lo stato di fatto laddove i compiti assegnati dalla legge o dal regolamento all’amministratore non vengono svolti dallo stesso e personalmente, ma tramite un soggetto terzo.

Circa la responsabilità dell’amministratore in tali casi, soccorre in particolare l’articolo 1717 Codice civile, che disciplina la figura del sostituto del mandatario. Infatti, l’amministratore nominato dal condominio instaura un contratto di mandato con lo stesso, e pertanto il riferimento è all' articolo 1717 del Codice civile, da cui ne consegue che, per l'affidamento a soggetti esterni specializzati nel ramo fiscale, l’amministratore che intenda esternalizzare gli stessi, dovrà farsi autorizzare formalmente con delibera assembleare.Si ritiene - anche per incontrare i dettami del Regolamento (Ue) 2016/679 (Gdpr) - che l’amministratore debba esplicitare, in sede di presentazione della propria offerta all’assemblea riunita per la scelta del soggetto che dovrà gestire il condominio, se gli adempimenti fiscali saranno portati a termine da lui stesso, dai suoi collaboratori di studio oppure da soggetti terzi esterni alla sua organizzazione e, in tale ultimo caso, qualora detti soggetti siano individuati, esplicitarne anche le generalità ed i riferimenti .

Cosa richia l’amministratore
Infatti, dal punto di vista privacy, i soggetti esterni all’amministrazione, cui venga affidato il compito di eseguire gli adempimenti fiscali imposti al condominio dalla legge, sono qualificabili come Sub Responsabili del Trattamento e vanno quindi espressamente incaricati con apposito atto o contratto ai sensi dell’articolo 28 Gdpr. La domanda che si pone è: cosa accade se il sostituto sbaglia? In base all’articolo 1717 Codice civile ciò comporta conseguenze differenti a seconda che l’amministratore (mandatario) sia stato autorizzato o meno a nominare ed utilizzare un sostituto. Nel primo caso, (il più frequente), laddove l’autorizzazione fosse generica, l’amministratore risponderà solamente quando è in colpa nella scelta, ovvero per la culpa in eligendo per avere scelto il professionista o il soggetto sbagliato (come da motivazioni fondate da addursi). Quindi l’amministratore si libererà provando che aveva scelto con l’ordinaria diligenza. Nel secondo caso, laddove cioè invece il condominio non abbia autorizzato l’amministratore alla sostituzione, costui risponderà dell’intero operato del sostituto.

Le dichiarazioni fiscali dei condomìni e le ricadute sulle entrate statali
Le intricate disposizioni normative fiscali in materia condominiale si innestano su una situazione resa “disfunzionale” dalle direttive sulle modalità di controllo delle dichiarazioni rese. In effetti gli Uffici possono richiedere agli amministratori di condominio dati, notizie e documenti relativi alla gestione condominiale. L'articolo 32, 1° comma, n. 8 ter) del Dpr 600/1973 (introdotto dalla legge 449/1997) prevede che gli uffici delle imposte possano richiedere all’amministratore di condominio dati, notizie e documenti relativi alla gestione condominiale, con conseguente obbligo dell’amministratore di dare riscontro a dette richieste.

Tuttavia, a far data dalle leggi citate (che risalgono a vari decenni fa), va detto che la situazione attuale richiede una attività di controllo sulle gestioni condominiali esponenzialmente potenziata, sia per la varietà e complessità di servizi, forniture e procedure connesse , sia per la pluralità di competenze che le norme pongono in capo alla figura dell'amministratore. Per giunta, le attuali movimentazioni di ingenti somme stanziate dallo Stato per le incentivazioni introdotte dal Dl Rilancio del 19 maggio 2020, hanno fortemente incrementato flussi di denaro pubblico da gestire in appalti, a dire il vero non sempre trasparenti.

Entro questo quadro, che necessita di operazioni contabili il più possibile esatte e di strumenti efficaci di verifica, nella generalità dei casi non è richiesta da parte dell’ agenzia delle Entrate la presentazione di prospetti consuntivi condominiali annui di riferimento ( prospetti del consuntivo annuo globale), contestualmente alle dichiarazioni fiscali ad essi riferiti. Fatto sta che in assenza dei predetti prospetti consuntivi (una assenza sistematicamente ricorrente) è impossibile per le Entrate effettuare un controllo a campione statisticamente rappresentativo sulle dichiarazioni fiscali dei condomìni, a meno che non vengano effettuati su base volontaria screening mirati su campioni rappresentativi di condomìni. Il che è non solo improbabile, ma del tutto insufficiente rispetto alla portata di una questione che coinvolge oltre metà della popolazione , e - stante l'entità delle perdite comunque ipotizzabili - i cittadini tutti.

A fronte del numero dei condomìni presenti sul territorio nazionale e della prassi corrente di non produrre quantomeno i prospetti dei consuntivi alla agenzia delle Entrate, la somma “distratta” alle casse dello Stato dall'amministratore di una piccola cittadina del cuneese al centro del caso di cronaca citato in apertura dell'articolo risulterebbe ben poca cosa. Una rilevazione statistica (Ingenio , 2019/2020) ha calcolato che nel nostro Paese ci sono circa un milione e 200 mila condomìni e 30 milioni di unità immobiliari. Ciò significa che anche solo un errore di calcolo incidentalmente quantificato di dieci euro in diminuzione nella dichiarazione resa al fisco di ciascun condominio comporta la perdita annuale per le casse dello Stato di dodici milioni di euro, e questa è una previsione minima.

In margine si osserva poi che 30 milioni di unità immobiliari abbracciano approssimativamente metà della popolazione italiana (circa 60 milioni) e se si calcola il costo pro capite della gestione del condominio (in assenza di statistiche, si calcola mediamente non meno di 500 euro pro capite l'anno), la movimentazione di denaro coinvolta in questa attività è a dir poco enorme.Se poi il minimum annuo di errore prevedibile di dieci euro in sottrazione viene rapportato al fatto che la massima parte dei condomìni, pur presentando le dichiarazioni fiscali di rito, è stata esente da controlli fiscali per un numero certamente molto alto di anni, la questione qui posta dovrebbe imporsi con una priorità e centralità ineludibili al «fine di contribuire a una più equa ripartizione del prelievo impositivo tra i cittadini in rapporto alla capacità contributiva di ciascuno» (richiamando la citata nota della Guardia di Finanza). Virtualmente potremmo supporre cifre da capogiro.

Il rendiconto annuale come base di una corretta gestione fiscale
Anche se la messa a disposizione generalizzata al fisco dei prospetti consuntivi – tanto meglio se su moduli standard, preordinati ai fini di una rilevazione ottimale dei dati – andrebbe nella direzione di consentire i necessari controlli, non sarebbe comunque di per sé sufficiente. Una delle variabili che può comunque inficiare il controllo sul consuntivo è la modalità flessibile di applicazione dell'articolo 1130 Codice civile, (avallata peraltro da varie sentenze, che negli anni hanno legittimato aperture interpretative in materia di bilancio condominiale), laddove al punto 10) è scritto che l'amministratore deve «redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni».

L'assunzione dell'unico limite dei 365 giorni quale misura temporale dell'anno, fa si che la chiusura del consuntivo scivoli su un arco temporale diverso, non coincidente con quello fiscale, e pertanto non risulta più possibile la verifica dei prospetti consuntivi globali annui sul periodo 1 gennaio 31 dicembre (coincidente con l'annualità della dichiarazione fiscale). Quindi l'ultima ratio praticabile resta pur sempre la corretta predisposizione dei rendiconti quale fondamento delle dichiarazioni rese dagli amministratori sui modelli 770 e Cu. La legge vigente a ben vedere fornisce strumenti adeguati poiché garantisce la trasparenza dei documenti contabili, e il diritto di accesso (articolo 1129e articolo 1130 bis Codice civile) ; obbliga l'amministratore all'uso di un conto corrente e pertanto sull'estratto conto le voci di spesa vanno tracciate e rese identificabili (articolo 1129); è prescritto il requisito dell' “immediata verifica” per il rendiconto (articolo 1130bis).

E tuttavia tali strumenti per lo più non vengono attivati dalle maggioranza deliberanti, date le modalità mediamente “approssimative” con le quali vengono formati i rendiconti e le superficiali procedure di deliberazione degli stessi da parte dell'assemblea (che spesso si limita a “prendere atto”), da cui non possono escludersi omissioni e deroghe più o meno consapevoli alle disposizioni vigenti. In tali casi, l'unica possibilità a disposizione del singolo resta l'articolo 1137 Codice civile, salvo non ricorrano gli estremi della nullità. Una via spesso obbligata, ardua e molto costosa per il singolo condomino, che lo conduce alle aule di giustizia lungo percorsi labirintici in cui la salvaguardia dei diritti lesi si intreccia con interpretazioni cavillose di norme, (peraltro di per sé ben chiare), e in ultima istanza con problematiche di natura fiscale inadeguate e che attendono soluzioni, inevitabilmente connesse ai bilanci impugnati.

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