Fisco

Imprese e condominio/1: eco e sisma bonus, detrazione evitabile con la cessione del credito

di Giorgio Gavelli e Gian Paolo Tosoni

Lo sconto in fattura e la cessione del credito (come alternative alle detrazioni fiscali) per eco-bonus e sisma-bonus pongono anche problemi contabili e tributari non semplici da risolvere. Vediamo, in sintesi, la casistica quando sono coinvolti soggetti in regime d’impresa.

La detrazione

Quando l’impresa committente dei lavori agevolabili mantiene la detrazione presso di sé (unica opzione possibile sino allo scorso anno), l’orientamento maggioritario è a favore della contabilizzazione diretta a riduzione delle imposte (per la quota annuale di un decimo o un quinto) a partire dall’anno di sostenimento della spesa. La contropartita contabile è la riduzione del debito verso l’Erario. L’eventuale iscrizione di un credito per le quote future incontra alcune riserve: tale credito, infatti, sarà spendibile solo in presenza di imposte dovute capienti (altrimenti si perde) e la definizione di “attività per imposte anticipate” fornita dal principio contabile Oic25 menziona le differenze temporanee nell’imponibile e le perdite a riporto, ma non le detrazioni d’imposta. Per l’impresa beneficiaria, la tesi alternativa a quella della contabilizzazione a riduzione diretta delle imposte propone la rilevazione di un contributo in conto impianti (A.5 del conto economico), che però, in quest’ultimo caso, andrebbe correlato al periodo di ammortamento e non a quello previsto dal legislatore per lo “smaltimento” della detrazione. Poiché si ritiene che il diverso trattamento contabile non dovrebbe influire sul reddito imponibile, alla quota di contributo contabilizzata dovrebbe corrispondere una variazione in diminuzione in dichiarazione. Anche in questo caso la contropartita è un credito nei confronti dell’Erario che si smaltisce in cinque/dieci anni.

Passando alla competenza della detrazione, per le imprese in regime di cassa (semplificati, minimi, forfettari) va ricordato quanto affermato dalle Entrate con risposta a interpello 46/18: non solo permane per tali imprese l’obbligo di sostenere la spesa col bonifico “speciale” (da cui scatta la ritenuta dell’8% della banca sul beneficiario del versamento) ma il diritto alla detrazione della spesa sorge nell’anno in cui è stato eseguito il bonifico, anche per i semplificati che optano per il criterio di cui al comma 5 dell’articolo 18 del Dpr 600/73 (“registrato=incassato”). Per cui se la fattura della prestazione è registrata tra gli acquisti 2019 ma il bonifico è del 2020 la detrazione parte nel 2020.

La cessione del credito

La questione si complica se il beneficiario della detrazione cede il corrispondente credito (ovviamente nelle ipotesi in cui ciò è previsto) al fornitore del servizio o a soggetto a lui collegato. In questo caso per il cedente, in luogo della detrazione d’imposta, si materializza un incasso (o, comunque, una compensazione parziale del debito) che va qualificato contabilmente e fiscalmente. Sembra prevalere la tesi di chi rileva questo importo come contributo in conto impianti (a rilevazione diretta o indiretta rispetto alla spesa sostenuta) a seconda del tipo di intervento operato.

Chi iscrive il diritto alla detrazione come un credito verso l’erario, con la cessione storna tale credito rilevando eventuali perdite (generalmente, infatti, chi acquista il credito lo fa ad un prezzo scontato tenendo conto della ripartizione in quote annuali del recupero tramite modello F24). Il momento rilevante per la cessione dovrebbe essere quello in cui il fornitore cessionario la accetta, secondo le modalità previste dal provvedimento dell’Agenzia, tranne che nei regimi di cassa, dove la “competenza” dovrebbe essere dettata dall’incasso. Il vero problema è che non si conosce il pensiero dell’Agenzia sul trattamento fiscale delle differenza tra importo del credito e prezzo pagato ovviamente inferiore. Chi compra “a sconto” il relativo credito ottiene un provento imponibile (e chi cede ha un costo deducibile?). Riteniamo di rispondere negativamente, analogamente a quanto accade per le società in consolidato o in trasparenza fiscale (anche se, in tali ipotesi, il legislatore lo ha espressamente previsto). Altro tema è quello del costo sostenuto per il bene (o i lavori): a nostro avviso tale costo dovrebbe fiscalmente essere riconosciuto per l’intero, al lordo del beneficio ceduto, visto che il cedente tassa per intero il ricavo. Per chi acquista il credito, si ritiene che tale importo vada iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale, per poi essere annualmente compensato con le imposte di competenza gestendo a conto economico l’eventuale differenziale positivo se il corrispettivo pagato è inferiore al credito nominale acquistato. E, altrettanto eventualmente, rilevando l’ulteriore cessione del credito ad altri soggetti.

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