Fisco

La riforma del Catasto entra ed esce subito dal Def

di Saverio Fossati


Il fantasma della riforma del catasto esce dal Def dopo essersi aggirato pr qualche ora e avere terrorizzato la proprietà immobiliare, già molto tartassata. Annunciato tante volte nel corso dei decenni, aveva preso corpo (anche se solo come ectoplasma) nel 2015-2016, quando, di fronte alla minaccia di vederne i primi effetti sotto elezioni, venne elegantemente lasciata decadere la delega (articolo 2 della legge 23/2014). Nel 2017 c'era stata persino la presentazione di un Ddl bipartisan Pd-Fi che faceva risorgere la delega, dato che esiste un rapporto stretto tra riforma del catasto e i fabbisogni standard dei Comuni (e questa è la ragione della diffidenza della proprietà immobiliare, che portò Confedilizia a contrastarla).
Quest'anno la riforma ha fatto capolino nella nota di aggiornamento al Def (dove già nel 2017 era entrata e poi uscita difilata) sotto forma di una generica petizione di principio su un futuro disegno di legge governativo. Una riga in tutto, per contentare l'Ue che da sempre chiede che i valori catastali abbiano un rapporto diretto con quelli di mercato (anche se mediati da algoritmi come quelli elaborati della Entrate al tempo della delega). Ma anche quella riga, assicura il vice ministro dell'Economia Antonio Misiani «Non ci sarà» nella versione finale. Anche se, riconosce Misiani, una riforma seria dei valori catastali deve essere fatta.
Il vero nodo è quello dell'invarianza di gettito: le nuove rendite e i nuovi valori catastali (da utilizzare, rispettivamente, per le imposte sui redditi , come l'Irpef, e per quelle sulla proprietà, come l'Imu) dovrebbero essere tutti ricalibrati, sulla base di un complesso algoritmo che parte dai valori di mercato, e saranno inesorabilmente più alti.
Gli immobili nei porti cambiano la categoria catastale
Per quanto si registrino sperequazioni assurde (derivanti dal fatto che l'impianto risale al 1939), mediamente i valori attuali sono meno della metà di quelli reali. Se quindi si assisterà a una grande redistribuzione di valori e rendite, è chiaro che nessuno, tranne rari casi, diminuirà. Quindi, per non far aumentare le imposte, queste dovranno essere ritarate sulle nuove basi imponibili. Proprio su questo delicatissimo passaggio, che coinvolge, solo per l'Imu, 8mila comuni, i rischi di pagare altre tasse ci sono.
Del resto era stata immediata la reazione di Confedilizia all'accenno contenuto nel Def (e che ora, assicura Misiani, sparirà): ogni anno - spiega il presidente Giorgio Spaziani Testa - aumenta il numero di edifici ridotti, anche di proposito, in ruderi. E su tutto l'immenso patrimonio di risparmi, rappresentato dagli immobili, «Gli italiani hanno pagato, dal 2012 al 2019, 183 miliardi di euro di patrimoniale sotto forma di Imu e Tasi, con la conseguenza – fra l'altro – di comprimere i consumi. La priorità è ridurre questo carico spropositato di tassazione, non di applicare la raccomandazione Ue sul catasto, magari presentandola con la favola dell'eliminazione delle sperequazioni ma con l'effetto, in realtà, di aumentare ancora le imposte sugli immobili e di ridurre le prestazioni sociali collegate all'Isee».

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