Fisco

Negozi, cedolare affitti anche con canone variabile

di Saverio Fossati

Rientra nella cedolare secca per i negozi anche un contratto dove una parte del canone sia variabile, legata all’andamento degli affari. Lo spiega l’agenzia delle Entrate con la risposta n. 340 all’interpello di un contribuente, pubblicata ieri sul sito dell’Agenzia .

La questione riguardava la concessione dell’assoggettamento alla cedolare secca del 21% delle locazioni commerciali, cioè degli immobili con categoria catastale C/1 (negozi). Un vantaggio importante, risultato dell’impegno di Confedilizia per risollevare il mercato degli affitti di negozi e botteghe.

Il contratto stipulato dal contribuente prevedeva una particolarità: il canone viene fissato in una quota fissa annuale pari a 59mila euro, più una quota variabile del 3,4% dei ricavi del punto vendita della società conduttrice, per la sola parte dei ricavi che in ciascun anno supererà 1 milione di euro. Ora, dato che la norma (legge 145/2018) che “allarga” la cedolare del 21% (sino all’anno scorso riservata alle sole locazioni abitative) ai negozi rinvia per la disciplina generale al Dl 23/2011, questo prevede che tra le condizioni ci sia anche la sospensione della «facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista dal contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’Istat». Scopo della norma era, a fronte di un notevole vantaggio fiscale per il proprietario che evitava così il pesante prelievo Irpef, quella di tutelare anche l’inquilino rispetto a meccanismi di aggiornamento penalizzanti.

Il dubbio del contribuente riguardava la possibilità che la parte “variabile” del contratto (il 3,4% dei ricavi dell’inquilino-negoziante quando superino il milione) possa essere considerata un «aggiornamento» e quindi risultare inapplicabile.

Ma l’Agenzia ha dato un’interpretazione che parte dal fatto che il divieto non riguarda la libera determinazione contrattuale del canone: «Appare evidente la differenza tra l’aggiornamento del canone di locazione per eventuali variazioni del potere d’acquisto (...) e la pattuizione di una quota del canone di locazione in forma variabile». Quindi, citando una sentenza della Cassazione (5849/2015) che individua negli aggiramenti del divieto del Dl 23/2011 le forme occulte di indicizzazione e non nella determinazioni di un canone variabile negli anni, l’Agenzia ritiene che la previsione contrattuale esposta dal contribuente «non possa essere di ostacolo» alla cedolare.

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