Fisco

Ritenute e «Cu» mancanti, rimedi a due vie

di Giorgio Gavelli

In questi mesi che precedono il calcolo delle imposte a saldo sul 2017 i contribuenti che hanno subito ritenute d’acconto stanno raccogliendo le certificazioni inviate dai sostituti d’imposta, per scomputare gli importi nell’ambito della determinazione del reddito imponibile, ai sensi dell’articolo 22, comma 1, del Dpr 917/1986 (Tuir). In base all’articolo 4, comma 6-ter, del Dpr 322/98 i sostituti devono:

• trasmettere le Cu telematicamente all’agenzia delle Entrate entro il 7 marzo dell’anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti, con l’eccezione delle certificazioni contenenti solo redditi esenti o non dichiarabili mediante precompilata, le quali possono essere trasmesse entro il termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta (da quest’anno entro il 31 ottobre);

• consegnare le certificazioni ai soggetti sostituiti entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti, ovvero entro 12 giorni dalla richiesta degli stessi in caso di interruzione del rapporto di lavoro.

L’estensione del termine per la comunicazione telematica delle certificazioni destinate a soggetti diversi da quelli ammessi al 730 è ora disciplinata per legge dall’articolo 1, comma 933, della legge di Bilancio 2018. Se tale termine fosse stato fatto coincidere con quello della consegna al sostituito sarebbe sorto un problema, perché intere categorie di soggetti (lavoratori autonomi, agenti di commercio eccetera) avrebbero avuto contezza delle certificazioni solo dopo aver assolto le imposte e in prossimità del termine per la dichiarazione. Invece, la mancata modifica del comma 6-quater dell’articolo 4 del Dpr 322/98 porta a concludere che il termine di consegna sia scaduto, per tutte le certificazioni, lo scorso 31 marzo, termine così posticipato dall’originario (28 febbraio) per effetto dell’articolo 7-quater, comma 14, del Dl 193/2016.

Ma cosa succede se la certificazione non arriva al soggetto percettore? Si tratta di una ipotesi tutt’altro che rara, anche in considerazione del fatto che l’obbligo di consegna del sostituto non parrebbe specificamente sanzionato, anche se il Fisco, con la circolare 23/1999 (par. 3.4.2), ha considerato applicabile la sanzione da 250 a 2mila euro per l’omissione o l’invio incompleto/infedele di «ogni comunicazione prevista dalla legge» (articolo 11, comma 1, lettera a) del Dlgs 471/1997).

La risposta al quesito è semplice se la ritenuta (pur in assenza di certificazione) è stata versata dal sostituto, anche con il ravvedimento operoso. In questa ipotesi, infatti, il percettore può far valere i chiarimenti forniti dalla risoluzione 68/E/2009, secondo cui, se il contribuente non riceve la certificazione, può comunque scomputare in dichiarazione le ritenute subite, esibendo, in caso di controllo:

• la fattura;

• la documentazione idonea a comprovare l’importo del compenso effettivamente percepito, al netto della ritenuta (ad esempio, copia del bonifico o dell’assegno ricevuto);

• una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui attesta che la documentazione si riferisce a questa fattura e che, a fronte della stessa, non sono intervenuti altri pagamenti da parte del sostituto (redatta in base al Dpr 445/2000).

L’ufficio, comunque, dovrebbe avere contezza della Cu inviata dal sostituto e “incrociare” correttamente i dati. Peraltro, questa impostazione è stata rafforzata dalla Cassazione, la quale ha stabilito che l’omessa esibizione della certificazione non preclude al contribuente di provare la trattenuta con documenti equipollenti (sentenza 14138/2017).

A livello pratico, però, potrebbe essere difficile per il sostituito avere prova dell’avvenuto versamento della ritenuta, laddove il sostituto - anziché inviare ad esempio una copia del modello F24 - si limitasse a rassicurazioni scritte o verbali, o addirittura non rispondesse alla richiesta del contribuente.

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