Fisco

Senza notifica è inefficace la nuova rendita catastale

di Luigi Lovecchio

Niente notifica, niente tasse: per le rendite catastali attribuite a partire dal primo gennaio 2000, la notifica rappresenta un elemento costitutivo della loro efficacia. Ne deriva che in assenza di notifica, l’accertamento emesso dal comune ai fini Ici è nullo. Il principio arriva dalla Corte di cassazione, nella sentenza n. 22789, depositata ieri , che ha fatto chiarezza sull’esatta applicazione dell’articolo 74 della legge 342/2000.

La vicenda prende le mosse da un contribuente che, avendo eseguito dei lavori sull’immobile, aveva denunciato una variazione al catasto, ai fini della modificazione in aumento della rendita iscritta. Successivamente, il Comune procedeva a notificare un avviso di accertamento ai fini dell’Ici dovuta, applicando la maggiore rendita attribuita dal catasto. Il contribuente lo impugnava, eccependo di non aver mai ricevuto la notifica della rendita presupposta. La Cassazione, superando alcuni suoi precedenti contrari, ha dato ragione al soggetto passivo, annullando l’accertamento comunale.

La questione ruota intorno alla corretta interpretazione dell’articolo 74 della legge 342/2000. Ai sensi del primo comma di questo articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2000 le rendite catastali hanno efficacia solo a decorrere dalla loro notificazione. Rileva al riguardo la suprema Corte come la disciplina recata nei successivi due commi si riferisca alla regolamentazione del periodo transitorio, riferito alle rendite in atti al 31 dicembre 1999 e non ancora notificate.

Solo relativamente a tali rendite è consentito ai Comuni di provvedere direttamente alla notifica delle stesse, per mezzo della trasmissione degli avvisi di accertamento Ici. In tale eventualità, dunque, l’atto impositivo del Comune svolge una duplice funzione, di accertamento tributario e di notifica della rendita catastale. Ne deriva che il contribuente dovrebbe, in ipotesi, proporre due ricorsi, uno contro il Comune, per contestare il debito fiscale, e l’altro contro il Territorio ( oggi Agenzia delle Entrate), per contestare la rendita.

Tale facoltà di surrogazione degli uffici catastali, osserva la Corte, non è tuttavia ammessa a regime, per le rendite attribuite a partire dal 1° gennaio 2000. Per tali rendite, infatti, il requisito della notifica da parte degli uffici finanziari è imprescindibile e la sua omissione determina l’illegittimità dell’atto accertativo fondato sulle rendite medesime.

Altro discorso è la data a partire dalla quale la rendita notificata, produce i suoi effetti: occorre guardare all’epoca in cui si sono verificati gli eventi. Nel caso risolto nella sentenza, per esempio, se la rendita fosse stata comunicata dal catasto, essa avrebbe trovato applicazione a decorrere dalla data di ultimazione dei lavori eseguiti sull’immobile (Cassazione, sentenza 17825/2017). I principi affermati valgono ovviamente anche ai fini dell’Imu e della Tasi.

Il discorso è valido anche dopo l’entrata a regime del sistema Docfa: il contribuente provvede a iscrivere in catasto autonomamente una rendita proposta, avvalendosi di professionisti abilitati. L’Agenzia delle Entrate può modificare entro 12 mesi la rendita proposta. Tale modifica, però, non può essere “implicita” ma deve essere correttamente notificata, altrimenti non è applicabile.

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