Fisco

Imu, inquilino esonerato se abita la prima casa

di Giuseppe Debenedetto

A differenza dell’abitazione principale, che è esente dall’Imu (tranne se in categoria catastale A/1, A/8 e A/9), la “seconda casa” ha invece un’aliquota base del 7,6 per mille, ritoccabile dal 4,6 al 10,6 per mille da parte dei Comuni, e riducibile fino al 4 per mille solo per gli immobili locati.

Il Dlgs 23/11 prevedeva per le abitazioni affittate una riduzione automatica dell’aliquota al 4 per mille, che con il Dl 201/11 si è invece trasformata in un taglio “facoltativo”, a discrezione degli enti. Inoltre, per l’Imu non è stata confermata la disposizione contenuta nella legge 431/98, che consentiva di stabilire un’aliquota inferiore a quella minima per le abitazioni affittate con canone concordato.

Per queste ultime è comunque prevista, dal 2016, una riduzione del 25% di Imu e Tasi determinate applicando l’aliquota stabilita dal Comune per i canoni concordati, oppure quella per gli immobili locati, ovvero - in mancanza - l’aliquota “ordinaria” indicata dal Comune per i casi residuali. Se, ad esempio, l’aliquota Imu ordinaria è del 10,6 per mille e quella per le case locate a canone concordato è del 7,6 per mille, si deve prendere quest’ultima. Si tratta peraltro di un’agevolazione applicabile in tutti i Comuni, non solo in quelli ad alta tensione abitativa, considerato che - in assenza di accordo nel Comune interessato - si può fare riferimento a quello del Comune più vicino, ovvero «demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale» (Dm Infrastrutture del 14 luglio 2004, articolo 1, comma 2).

In ogni caso, l’Imu non “scatta” per l’inquilino, perché si tratta di un’imposta dovuta solo dal proprietario o dal titolare di diritto reale. Per quanto riguarda invece la Tasi – nei primi due anni di vigenza, cioè nel biennio 2014-2015 – l’inquilino ha dovuto, di regola, pagare il tributo in base a una quota variabile dal 10% al 30%, secondo le decisioni delle singole amministrazioni comunali, applicando le aliquote ordinarie previste per le seconde case (in genere rientranti tra gli “altri fabbricati”). Infatti, per l’inquilino l’abitazione non poteva mai essere considerata “principale”: definizione prevista solo per l’Imu e riguardante, peraltro, la figura del proprietario o del possessore. A partire dall’anno scorso la situazione è però cambiata, perché la legge di Stabilità 2016 (legge 208/2015) ha soppresso il tributo riguardante l’abitazione principale, compresa quella dell’inquilino, che non dovrà più pagare nulla. Restano invece soggette al tributo soltanto le case di pregio (A/1, A/8 e A/9).

Così, se la Tasi dovuta dal detentore (non possessore) di abitazione principale è stata esentata, altrettanto non può dirsi per la quota a carico del possessore. Naturalmente, se si tratta di “seconda casa” anche per l’inquilino, che risiede altrove, allora occorre ripartire la Tasi tra il proprietario e il conduttore in base alle percentuali stabilite nel 2015 (visto che la legge di Stabilità 2016 ha vietato di intervenire sulle ripartizioni già effettuate). Nell’ipotesi di assenza totale di delibera anche per l’anno 2014, la percentuale di versamento a carico del possessore è pari al 90 per cento.

In conclusione, il lettore dovrà pagare l’Imu e la Tasi sull’abitazione locata, applicando l’aliquota prevista dal Comune in cui è ubicato l’immobile, considerando la riduzione del 25% in caso di eventuale affitto a canone concordato. L’inquilino non deve invece pagare nulla, se si tratta di abitazione principale, altrimenti sarà tenuto a pagare la Tasi in base alla quota stabilita dal Comune.

Occorre comunque esaminare attentamente le delibere comunali (visionabili sul sito del Mef), per individuare le aliquote da applicare e per verificare l’esistenza di eventuali agevolazioni. In questo modo, ad esempio, il lettore potrebbe scoprire che il Comune rientra tra quelli che nel 2015 applicava la Tasi solo alle abitazioni principali (dal 2016 esenti), esonerando invece gli altri immobili, tra cui le seconde case: ipotesi in cui non si dovrà pagare la Tasi, ma soltanto l’Imu.

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