Fisco

Lavoro occasionale, attenzione ai paletti della normativa

di Vincenzo Di Domenico

Sarà per via della crisi economica ancora in corso e la conseguente diminuzione di opportunità lavorative continuative in alcuni condomini o studi aumenta il ricorso a tipologie di lavoro caratterizzate da discontinuità: le prestazioni cosiddette occasionali oppure accessorie. Di per si può ricorrere a queste fattispecie contrattuali e data la continua pressante richiesta, da parte di alcuni condomini, in alcune assemblee condominiali è bene allora chiarire, sia pur sommariamente, la tipologie del lavoro occasionale ed accessorio.
Vanno chiariti però – alla luce delle nuove riforme che hanno innovato l'ordinamento – quali sono i connotati del rapporto di lavoro occasionale.
Il lavoro occasionale è una tipologia di tipo “autonomo”, nel senso che non presuppone vincoli di subordinazione tra committente e lavoratore. Quest'ultimo organizza la propria attività in maniera indipendente , ha libertà di scelta circa le modalità di esecuzione e non è legato a orari rigidi e predeterminati.
Sinteticamente, è un rapporto di lavoro:
•“sporadico”, ovvero non caratterizzato da continuità;
•“non professionale”: i soggetti iscritti ad albi professionali non possono svolgere lavori occasionali che abbiano come oggetto l'attività tutelata dall'albo stesso;
•“non organizzato”: il lavoratore occasionale non opera all'interno del ciclo produttivo dell'attività e non deve necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze organizzative del committente.
Un altro aspetto caratterizzante è quello che si tratta di un'attività “minima” che, in quanto tale, deve rispettare un tetto massimo di retribuzione all'interno dell'anno solare ammontante a € 5.000 ed una durata di 30 giorni nell'anno solare.
Lavoro occasionale: sì o no
Non è sempre semplice distinguere quali lavori possano essere considerati occasionali e quali no. Lo stesso Ministero delle Finanze ha precisato che, essendo molto incerta la distinzione tra “abitualità” e “occasionalità”, la valutazione circa l'esistenza dell'uno o dell'altro elemento deve essere fatta «caso per caso sulla base delle situazioni di fatto riscontrabili in concreto». Proviamo a fare qualche esempio. Il lavoro domestico, nel caso in cui il lavoratore sia impiegato costantemente - anche solo una o due volte la settimana - presso l'abitazione del committente, non è considerato prestazione di lavoro occasionale, per il fatto di essere eseguito con regolarità e continuità. Oppure non può essere valutato occasionale l'impiego di un lavoratore addetto alla pulizia in un condominio al limite anche in una residenza estiva che, anche solo da maggio a settembre, svolga con “frequenza” il proprio ruolo. Qualora invece l'attività sia esercitata solamente all'evenienza, al di fuori di un ciclo persistente e reiterato con costanza, con prestazioni svincolate l'una dall'altra, o in un arco di tempo circoscritto, si può parlare certamente di lavoro occasionale. (Per le caratteristiche appena citate, la prestazione occasionale è riconducibile all'articolo 2222 del Codice Civile, dedicato al Contratto d'Opera).
Quando il lavoro occasionale è di tipo ACCESSORIO ?
Tra le forme di lavoro occasionale rientra il lavoro accessorio, nato per vigilare situazioni non regolamentate, appunto “accessorie”, cioè svolte in modo saltuario e non riconducibili a contratti di lavoro. Questa tipologia lavorativa non prevede alcun riferimento alla contrattazione collettiva. Non matura il Tfr (trattamento di fine rapporto); non maturano ferie; non si computano gli straordinari; non vengono registrati dal committente sul Libro Unico del Lavoro i nominativi di questa tipologia di lavoro. Per formalizzare la prestazione è consigliabile redigere un “mini contratto”, o lettera d'incarico, in cui le controparti definiscono l'oggetto dell'attività lavorativa, il compenso lordo, la modalità di pagamento e di esecuzione dell'incarico (art. 75 del decreto legislativo 276/2003). Tale scrittura non è obbligatoria, ma è altamente raccomandata (artt. 1321 e ss. c.c.), dato che serve a dare il “nomen iuris” alla collaborazione, cioè a sottolineare che si tratta di collaborazione occasionale di tipo accessorio, così da escludere altre forme di lavoro. Il pagamento in questo caso avviene attraverso i cosiddetti voucher (o buoni lavoro).
Sotto l'aspetto economico, in base a quanto disposto nella seduta del Consiglio dei Ministri dell'11 giugno scorso, l'importo massimo erogabile in un anno è stato incrementato a 9.333 € lordi, pari a 7.000 € di imponibile, per la totalità dei committenti, condomini compresi (prima, invece, l'importo massimo era di 6.746 € lordi, ovvero 5.060 € netti). Tale limite scende però a 2.020 € netti e 2.693 € lordi nel caso di committenti imprenditori commerciali o liberi professionisti (ad esempio gli Studi amministrativi). Superate le soglie indicate, scatta l'obbligo di pagamento contributivo all'Inps. La ragione di questi limiti sta nell'evitare il rischio che venga applicata una tipologia contrattuale in luogo di un'altra.
Quando è sconsigliato ricorrere all'instaurazione di un rapporto di lavoro accessorio?
Questa forma va evitata se si vuole dare “l'incarico” di sostituire – anche per pochi giorni – un dipendente( per ferie, assente per ferie, malattia, infortunio, ecc… pena l' esposizione sia al rischio ispettivo ( magari non probabile), sia al rischio di contestazioni di tipo sindacale (più probabile). Quali sono invece i vantaggi di ricorrere a tale formula? Da una parte il committente può beneficiare di una prestazione non continuativa nella completa legalità, con copertura assicurativa Inail; dall'altra, il lavoratore può integrare le sue entrate con questa attività, il cui compenso non incide sull'eventuale stato di disoccupato; il voucher è inoltre cumulabile con i trattamenti pensionistici.

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