Condominio

Il rendiconto condominiale strutturato solo sulla cassa: problematiche riscontrabili

Sarebbe preferibile un sistema misto, nonostante da ultimo una articolata sentenza propenda proprio sul solo ricorso alla cassa rispetto alla competenza

di Francesco Schena


Con la sentenza 5969 del 9 aprile 2020, il Tribunale di Roma torna ad esprimersi sul criterio di cassa del rendiconto, come già fatto in passato. Il Giudice capitolino formula tutta una serie di considerazioni – che riporto fedelmente – meritevoli di attenzione, soprattutto sotto il profilo tecnico, per quanto, occorre dirlo, si tratti di una sentenza che tiene evidentemente conto della Ctu espletata.

Consuntivo strutturato solo sulla cassa
Secondo la pronuncia, «il bilancio, o meglio il conto consuntivo della gestione condominiale, non deve essere strutturato in base al principio della competenza, bensì a quello di cassa; l'inserimento della spesa va pertanto annotato in base alla data dell'effettivo pagamento, così come l'inserimento dell'entrata va annotato in base alla data dell'effettiva corresponsione».

Quello che sostiene il Tribunale di Roma è corretto ma in parte. In realtà, la rilevazione e l'annotazione dell'entrata e dell'uscita, quale mera variazione finanziaria di incidenza sulla cassa, avviene certamente secondo il criterio di cassa ma perché riguarda il solo registro di contabilità che rappresenta, lo ricordiamo, soltanto uno dei tanti documenti che compongono il rendiconto condominiale ex articolo 1130-bis Codice civile, che, a tutta ragione, può essere considerato come un vero e proprio fascicolo di rendicontazione.

Criterio misto di compilazione
Al contrario, vi sono documenti facenti parte della struttura complessa del rendiconto condominiale, come la situazione patrimoniale, che “esigono” la rilevazione e registrazione di fatti contabilmente rilevanti secondo il criterio della competenza, pena lo svuotamento del documento stesso. Pertanto, è opportuno discorrere di criterio misto di compilazione, sia per la numerosità dei documenti, sia per la loro differente natura e sia per le diverse variazioni – economiche, patrimoniali o finanziarie – che lo stesso fatto originario determina. Così, il costo della bolletta elettrica di ottobre 2019 sarà di competenza di quell'anno e ripartita in quell'anno ma, se pagata effettivamente a gennaio 2020, la sola variazione di cassa andrà a rilevare nel rendiconto 2020.

Mancata applicazione del criterio di cassa
La sentenza continua sostenendo come «la mancata applicazione del criterio di cassa (Cassazione 10153/11, Cassazione 27639/18) è idonea ad inficiare sotto il profilo della chiarezza, dalla quale non si può prescindere, il bilancio. In particolare, non rendendo intellegibili le voci di entrata e di spesa e le quote spettanti a ciascun condomino, non evidenzia la reale situazione contabile. A parere di chi scrive, invece, è vero esattamente il contrario.

Infatti, l'applicazione del criterio di competenza ingloba e non esclude quello di cassa che resta, quest'ultimo, applicato sia al conto entrate/uscite che al registro di contabilità, documenti deputati proprio alla rappresentazione dei flussi in maniera più che chiara e intellegibile. Le quote spettanti ai condomini, invece, sono frutto della ripartizione per competenza che tiene conto, necessariamente, dei costi maturati e relativi all'anno di riferimento ma non ancora necessariamente pagati, applicando, quindi, il criterio della competenza.

D'altro canto, se così non fosse, non si comprenderebbe attraverso quale altra via si potrebbero stabilire le posizioni a conguaglio tra partecipanti e condominio e i debiti e i crediti di quest'ultimo nei rapporti con i terzi verso l'esterno. Inoltre, la richiamata “reale situazione contabile” non può che desumersi dalla situazione patrimoniale, compilata proprio con il criterio della competenza e della cassa, e mai dal solo registro di contabilità o dal conto entrate/uscite.

Criterio di cassa e raffronto con quanto preventivato
Il giudice capitolino continua sostenendo che, «il criterio di cassa, in base al quale vengono indicate le spese e le entrate effettive per il periodo di competenza, consente infatti di conoscere esattamente la reale consistenza del fondo comune anno per anno e di raffrontare le entrate/uscite preventivate con quelle effettive (Cassazione 27639/18)». Questo è vero ma è errato nella misura in cui tende ad escludere l'applicazione del criterio della competenza. Inoltre, il bilancio preventivo prova a stimare i costi del nuovo anno e non le possibili uscite di cassa.

Il criterio misto non è di per sè un errore
Sempre il Tribunale, in questa lunga ed articolata sentenza, continua affermando che «laddove il rendiconto sia redatto, invece, tenendo conto sia del criterio di cassa che di competenza (cioè indicando indistintamente, unitamente alle spese e alle entrate effettive, anche quelle preventivate senza distinguerle fra loro) i condomini possono facilmente essere tratti in inganno se non sono chiaramente e separatamente indicate le poste per esercizio». Ancora una volta, si tratta di argomentazioni corrette ma con una prospettiva tecnicamente errata. Invero, nella circostanza narrata, saremmo di fronte ad un mero errore tecnico posto che non è assolutamente possibile “mescolare” le uscite con le spese semplicemente preventivate. Ma si tratterebbe, verosimilmente, di errore sostanziale e metodologico di quel rendiconto oggetto di giudizio senza, per questo, potersi sostenere che l'applicazione del criterio misto sia di per sé un errore.

Condominio come impresa di finanziamento mutualistico
«Inoltre – continua – con il bilancio, devono sempre essere indicati la situazione patrimoniale del condominio e gli eventuali residui attivi e passivi, l'esistenza e l'ammontare di fondi di riserva obbligatori (ad esempio l'accantonamento per il trattamento di fine rapporto del portiere) o deliberati dall'assemblea per particolari motivi (ad esempio fondo di cassa straordinario)». Anche in questo caso non posso non fare fatica a condividere quanto affermato. Innanzitutto, la situazione patrimoniale del condominio non può avere residui attivi o passivi poiché trattasi di ente chiamato al governo di un patrimonio meramente di gestione, che impedisce l'arricchimento (sarebbero i residui attivi) e l'impoverimento (i presunti residui passivi).

Sotto l'aspetto economico, infatti, il condominio è assimilabile ad una impresa di erogazione dal profilo corporativo, sostenuta sul principio del finanziamento mutualistico interno che si regge sull'equilibrio assoluto tra attività e passività patrimoniali. Inoltre, proprio il Tfr rappresenta uno di quei famosi costi rilevabili esclusivamente secondo il criterio della competenza e che non si trasformano in uscita di cassa di gestione trattandosi di una variazione di incidenza sulla redditività dell'ente. E dunque, nel caso di rendiconto per solo criterio di cassa, viene da chiedersi come sarebbe mai possibile aggiornare le variazioni positive e negative di questi conti all'interno del conto economico (che esiste sebbene l'articolo 1130-bis non ne preveda la presentazione) e della situazione patrimoniale che, per definizione, rimangono conti di costo e conti passivi movimentati, ancora una volta, per competenza.

Sempre secondo la sentenza citatra, «ovviamente la situazione patrimoniale deve rispettare il prospetto approvato nella gestione precedente per verificare la possibilità di un'eventuale scomparsa di somma di danaro». Niente di più errato. Al contrario, la situazione patrimoniale è un documento in continua evoluzione e può certamente, anzi, tecnicamente dovrebbe sempre modificarsi di anno in anno posto che nel caso contrario sì che si violerebbe il principio della veridicità e correttezza. E le modifiche non riguardano soltanto l'espressione numeraria dei risultati ma anche i conti intermedi e/o analitici.

Errato usare il solo criterio di cassa
Pertanto, al netto di ulteriori considerazioni formulate nella sentenza che sfuggono alla mera tecnica contabile, è necessario ribadire come sia errato continuare a sostenere il principio della redazione del rendiconto secondo il solo criterio di cassa. E come sia altrettanto errato sostenere che il criterio di competenza generi confusione e violi il principio dell'intellegibilità. Il principio della chiarezza e della verità sono violati proprio quando si negano le regole contabili e quando quello specifico documento risulti imbastito negando l'evidenza dei costi, dei debiti e dei crediti che richiedono l'applicazione del criterio della competenza.

Il nuovo articolo 1130-bis del Codice civile, dunque, introduce una vera e propria struttura complessa del rendiconto condominiale che non può che evolversi proprio sotto il cappello generale del criterio della competenza poiché si compone di diversi documenti, ognuno dei quali richiede ora il rispetto del criterio di cassa, ora quello di competenza che comprende e non esclude il precedente.

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