Condominio

Riconosciuto il portierato a chi ne svolge le mansioni tipiche, anche senza un contratto

Nel caso in esame l’uomo abitava nell’alloggio di servizio e aveva sottoscritto un comodato d’uso gratuito, si occupava di sorveglianza e inizialmente anche di pulizia delle scale

di Annarita D’Ambrosio

Solleva più di una questione rilevante la sentenza della Cassazione 9292 emessa il 20 maggio 2020 e relativa all’attività di portierato.

I fatti
In Cassazione si rivolgevano i condomini di uno stabile che avevano, anni addietro, concesso in comodato d’uso gratuito l’appartamento situato a piano terra ad un uomo che svolgeva, a loro avviso, per pura gratitutidine, attività di sorveglianza dell’ingresso dello stabile. Quest’ultimo, e successivamente i suoi eredi, aveva però richiesto, da fatti concludenti, il riconoscimento del rapporto di lavoro di portierato dal 1° maggio 1989 sino al 23 aprile 2005, rapporto riconosciuto dal giudice del lavoro che aveva disposto anzi la prosecuzione del giudizio con separata ordinanza per l’accertamento di quanto richiesto a titolo di differenze retributive e di Tfr.

I motivi del ricorso alla Suprema corte
Contro la pronuncia i condomini si rivolgevano in Cassazione adducendo 5 motivi il ricorrente principale, 8 motivi un altro condomino intervenuto con ricorso incidentale adesivo. Nessuna prosecuzione invece per il terzo condomino, chiamato in causa nel ricorso incidentale adducendo nei suoi confronti un litisconsorzio necessario.

Nessun litisconsorzio necessario
Ipotesi che la corte ha innanzitutto respinto. Nei confronti di quest’ultimo condomino, precisava la Cassazione, non risultando impugnata la pronuncia di merito, si può ritenere passata in giudicato la condanna al pagamento di quanto dovuto al riconosciuto portiere ed ai suoi eredi (Cassazione 5106/1998; 1808/2000; 1273/2003) .

E’ da ritenere corretta inoltre la suddivisione pro quota della somma «in proporzione alle rispettive quote millesimali» come previsto dalla Cassazione Sezioni unite 9148/2008 che recita: «Riguardo alle obbligazione assunte dall’amministratore, o comunque nell’interesse del condominio, nei confronti di terzi, in difetto di un’espressa previsione normativa di ricorso al principio della solidarietà, trattandosi di un’obbligazione riguardante una somma di denaro, e perciò divisibile, la responsabilità dei condomini è retta dal principio della parziarietà»

Le motivazioni dei condomini
Acclarato ciò, la corte analizzava i motivi esposti dai due condomini, coincidenti in alcuni punti. Richiamando il contratto di comodato gratuito si riferiva di saltuarie attività a vantaggio della proprietà condominiale da parte del presunto portiere in assenza di vincoli orari e con il contemporaneo rimborso spese per la pulizia delle parti comuni, effettuata da uno dei figli. Si sottolineava inoltre che non era in alcun modo emerso un potere gerarchico e/o disciplinare nei confronti dell’uomo da parte della ricorrente principale, ma neppure da parte degli altri condomini. Nello svolgimento dei propri compiti, si faceva notare, l’uomo era altresì libero da ogni vincolo di orario e completamento autonomo nell’organizzazione e nei mezzi adoperati nella realizzazione dello stesso.

Inoltre la contrattazione collettiva prevedeva espressamente che l’attività di portierato dovesse risultare da atto scritto, contente la data dell’assunzione, del relativo periodo di prova, la qualifica del lavoratore, la retribuzione e l’orario di lavoro.

La decisione della Corte
A detta della Corte motivazioni da respingere accogliendo quelle argomentate dai giudici di merito nel riconoscere la natura subordinata del rapporto di lavoro dell’uomo. Nello specifico, proprio il contratto di comodato d’uso gratuito poteva, «alla luce delle risultanze istruttorie acquisite, concorrere a dimostrare la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato». Era da riconoscere l’attività di portierato dell’uomo, perchè aveva sempre goduto dell’alloggio condominiale di servizio, aveva espletato compiti di custodia e nei primi anni anche di pulizia dello stabile.

L'accertamento della subordinazione era stato provato anche tramite testimonianze che acclaravano la presenza costante dell’uomo e dei suoi familiari per tutte le attività tipiche del portierato compresa quella del ritiro della posta.

Da accogliere le decisioni della corte di merito secondo la quale «la continuità della prestazione, l’inserimento dell’uomo nella struttura datoriale e l’assenza di rischio d’impresa costituivano indici della natura subordinata del rapporto». I motivi - sottolinea ancora la Corte - non sono sindacabili in sede di leggittimità e questo porta a respingere anche la lamentela della violazione del litisconsorzio necessario di tutti i condomini nella causa di lavoro. La retribuzione del rapporto di lavoro del portiere è suddivisa per ogni singolo condomino in maniera parziale “in base alle quote millesimali” di proprietà. Lo stesso vale verso il condominio, per cui l'azione giudiziale per il riconoscimento del rapporto non va promosssa anche contro il rappresentante legale, cioè l'amministratore.

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