Condominio

Le spese anticipate da un condomino vanno rimborsate solo se molto urgenti

L’onere della prova ricade sul condomino stesso

di Selene Pascasi

Il rimborso delle spese anticipate da un condomino scatta solo per gli esborsi tanto urgenti da non potersi attendere il tempo necessario per convocare l'assemblea e deliberare o acquisire l'assenso dell'amministratore. Ciò, per evitare che il singolo prenda iniziative sui beni comuni – non indispensabili o non procrastinabili – senza prima confrontarsi con gli altri. Lo afferma il Tribunale di Roma con sentenza numero 3016 dell'11 febbraio 2020.

I fatti
È una donna a citare i proprietari di alcune unità di un condominio costituito anni addietro, gestito in maniera informale, e privo da tempo di un amministratore. La richiesta? Riavere quanto anticipato per la gestione, in un dato periodo, dei beni comuni. Presupposti insussistenti, contestano i convenuti, e crediti in parte prescritti. Tesi accolta e domanda respinta. La vicenda va comunque regolata dalle norme in tema di condominio negli edifici che, spiega il Tribunale capitolino, si costituisce di fatto.

Ecco che, affinché uno dei proprietari possa ottenere il ristoro delle somme pagate di tasca propria, dovrà accertarsi la sussistenza dei presupposti richiesti dall'articolo 1134 del Codice civile che lo vincola all'urgenza della spesa e alla mancata autorizzazione dell'assemblea.

Pronunce precedenti e riferimenti normativi
Si vogliono, in sintesi, impedire delle indebite e non strettamente indispensabili interferenze dei singoli nella gestione dell'edificio riservata agli organi del condominio. Del resto, per ovviare all'eventuale inerzia nell'adozione o nell'esecuzione di provvedimenti non urgenti ma tuttavia necessari per la conservazione e il godimento del bene, esistono – notava la Cassazione 18759/2016 – strumenti processuali alternativi.

Il riferimento è all'articolo 1105 comma 4 del Codice civile per il quale «se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore».

Resta fermo che, se il diritto al rimborso delle somme spese per l'attività gestoria si giustifica solo con l'estrema urgenza, al condomino sarà vietato eseguire di sua iniziativa opere rinviabili senza che il bene ne sia pregiudicato. Potrà, invece, agire senza interfacciarsi con gli altri per evitare danni imminenti o restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità (Cassazione 27519/2011).

Va provata l’urgenza
Ma l'urgenza, prosegue il giudice romano, va valutata anche con riferimento al possibile intervento dell'assemblea e/o dell'amministratore. Essa, in altre parole, giustificherà la spesa – anche non autorizzata – se sia tale da non consentire neppure quella dilazione necessaria per permettere all'assemblea di riunirsi e decidere o all'amministratore di esprimersi.

Ebbene, nella fattispecie, la signora non solo non aveva provato ma neppure aveva dedotto l'urgenza di lavori che – a suo avviso – avrebbero “salvato” terzi da possibili danni causati loro dalla precaria condizione dello stabile e reso funzionanti parti prive di necessaria manutenzione. Circostanze che, però, le semplici ricevute delle spes e sostenute non potevano di certo valere a dimostrare. Peraltro, da quanto risultava agli atti e dai verbali, non aveva neanche provato a portare le spese all'approvazione dell'assemblea né, tantomeno, aveva tentato la via alternativa della nomina di un gestore previsto dal citato comma 4 dell'articolo 1105 del Codice civile. Inevitabile, allora, la decisione del Tribunale di Roma di bocciarne la pretesa e condannarla ai costi di lite.

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