Condominio

Muffe e umidità. Il condominio non è tenuto al risarcimento del danno non patrimoniale

Lo aveva chiesto una condomina rilevando difetti di manutenzione attribuibili al condominio nel proprio appartamento

di Va. S.

La Cassazione, nella sentenza 8984 del 2020, ha accolto il ricorso presentato da un condominio contro la pronuncia della corte di secondo grado riguardante i danni subiti da una condòmina nel proprio appartamento.

I fatti e le pronunce di merito
L’attrice aveva convenuto, dinanzi al Giudice di pace di Roma il condominio, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti per la durata di otto anni, a causa della presenza di muffe ed umidità nel proprio appartamento, ricompreso nel fabbricato condominiale, attribuendo i fenomeni ad un difetto di manutenzione imputabile al condominio stesso.

Al contrario del Giudice di pace, che aveva accolto la domanda, il Tribunale di Roma, ribaltava in appello la sentenza, rigettando la domanda risarcitoria e condannando la condòmina alle spese di primo grado.

Il ricorso alla Suprema corte
Contro questa pronuncia, il condominio procedeva, in via principale, in Cassazione, mentre l'attrice procedeva in via incidentale. In sintesi, quest'ultima chiedeva l'inammissibilità dell'appello del condominio in quanto proposto contro una sentenza pronunciata in una causa di valore inferiore ad euro 1.100,00.

L'infondatezza della domanda, per gli ermellini, si è fondata sulla non quantificazione, dinanzi al Giudice di Pace, della pretesa economica, tenuto conto che l'attrice si era limitata a domandare la condanna del condominio ad un risarcimento del danno da valutarsi in via equitativa ed entro i limiti della competenza per valore del giudice.

La Corte ha chiarito che per stabilire se una sentenza del giudice di pace sia stata pronunciata secondo equità, occorre avere riguardo del valore della causa, senza tenere conto del valore indicato dall'attore ai fini del pagamento del contributo unificato. Avendo, l'attrice, formulato dinanzi, al giudice di pace, una domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro inferiore a 1.100,00 euro, accompagnandola però con la richiesta della diversa maggior somma che sarà ritenuta di giustizia od altra equivalente, la causa deve ritenersi di valore indeterminato rendendo la sentenza appellabile.

Le decisioni della Corte
Infondata anche la censura relativa al rigetto della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, basata sul fatto che le infiltrazioni d'acqua e l'umidità dell'appartamento avessero costretto lei ed i familiari a convivere in ambienti insalubri che necessitavano di interventi di manutenzione. Interventi che li obbligavano a lasciare l'appartamento durante il tempo occorrente per i lavori.

L'attrice aveva chiesto la condanna del condominio al risarcimento del danno per la compromissione o limitazione del bene della salute. Fattore questo, per il Tribunale, non risultato dalle prove documentali nelle quali non si scorgeva alcun nesso di consequenzialità tra l'insorgenza delle patologie e le infiltrazioni. Non avendo, l'attrice, formulato una domanda di risarcimento del danno da disagio, l'inammissibilità della domanda è stata giustificata dalla mancanza di una impugnazione della sentenza con un motivo di ricorso ad hoc.

Da parte sua, il condominio lamentava che il Tribunale non avesse condannato la condòmina alla restituzione di euro 1.975,68, quale somma versatale in esecuzione della sentenza di primo grado. Motivo, per la Suprema Corte, fondato, in quanto il condominio aveva domandato in appello, senza alcuna contestazione al riguardo da parte dell'attrice, e nonostante questo il Tribunale aveva omesso di provvedere sulla domanda.

Oltre alla restituzione della somma versatele in esecuzione della sentenza di primo grado, l'attrice è stata condannata al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione ed alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 800,00.

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