Condominio

Staticità dell’edificio: l’amministratore può agire senza passaggi assembleari

Il caso in esame riguardava un contenzioso con il Comune per l’innalzamento di una falda acquifera dovuto a cause naturali

di Roberto Rizzo

L'innalzamento di una falda acquifera, pericolosa per la staticità di un fabbricato, autorizza il Comune ad imporre solo lavori urgenti e necessari per la messa in sicurezza.

Il fatto
Un Comune notificava all'amministratore di un condominio un provvedimento con il quale ordinava l'immediata messa in sicurezza delle fondamenta del fabbricato, che risultavano stabilmente allagate.Questo fenomeno era riconducibile all'innalzamento del livello di una falda acquifera, posta al di sotto dello stabile, la cui staticità era, di conseguenza, messa in pericolo.

L'amministratore, senza aver preventivamente ottenuto l'autorizzazione dell'assemblea, essendo il diretto destinatario dell'ordinanza comunale, proponeva, nell'interesse del condominio, ricorso al Tar.

La difesa del ricorrente si basava su un unico motivo: il provvedimento era da ritenersi ingiusto e lesivo dei diritti della collettività dei condomini, i quali nulla avevano fatto per determinare l'innalzamento della falda.

Inoltre, considerando responsabile dei fatti il Comune, per violazione di un generale dovere di vigilanza, il condominio chiedeva la condanna dell'ente al risarcimento dei danni.

La decisione del tribunale amministrativo
Il Comune si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto del ricorso.Il Tar, riteneva che la causa dell'innalzamento del livello delle acque sotterranee fosse da individuarsi in un aumento di volume della falda acquifera.

Di conseguenza, trattandosi di un evento naturale, rispetto al quale i singoli comproprietari non potevano avere alcuna responsabilità, accoglieva il ricorso, annullando l'ordinanza comunale.

Tuttavia, non potendo ritenere neanche il Comune responsabile dei danni, per gli stessi motivi, respingeva la richiesta di risarcimento danni del condominio.

Contro questa decisione, sia il Comune, sia il condominio ricorrevano al Consiglio di stato, con due diversi atti di appello che, essendo proposti contro la stessa sentenza, venivano riuniti e trattati congiuntamente.

Le pronunce ordinarie precedenti
Prima di esaminare la pronuncia del giudice d'appello, è opportuno segnalare che la vicenda era stata già oggetto di due giudizi innanzi a due differenti giudici ordinari.
In sede penale, il relativo giudizio è terminato con un'ordinanza d'archiviazione emessa dal Giudice per le indagini preliminari, per intervenuta prescrizione dell'ipotesi di reato. In sede civile, il processo nel quale il condominio aveva citato il Comune, per ottenerne la condanna al risarcimento danni, si è concluso con una sentenza con la quale il Tribunale ordinario dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo.

La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di stato, in sede giurisdizionale, sezione seconda, con la sentenza numero 979 del 2020, pubblicata il 07 febbraio 2020, ha rigettato l'appello proposto dal Condominio, fondato unicamente sull'impugnazione di quella parte della sentenza del Tar che non accoglieva la richiesta di risarcimento danni a carico del Comune. Al contrario, ha accolto l'appello proposto da quest'ultimo, delineando, in modo puntuale, la posizione dell'ente rispetto all'evento naturale verificatosi.

Prima di esaminare il cuore del problema, tuttavia, il Consiglio di stato ha chiarito un aspetto preliminare, di non trascurabile importanza, rispetto al quale il Tar aveva omesso di pronunciarsi, nonostante la questione fosse stata –comunque- sollevata dal Comune. Ha riconosciuto il diritto dell'amministratore del condominio di proporre ricorso, pur in assenza di una espressa delibera assembleare di autorizzazione.
Osservano, in proposito, i magistrati d'appello che «è anche vero che l'ordinanza è stata emessa nei confronti del signor ....., quale amministratore del condominio, e non nei confronti dei singoli proprietari, sicché l'amministratore è da considerarsi, in ogni caso, legittimato a proporre ricorso».

Risolta questa questione preliminare, il Consiglio di stato ha affrontato il cuore del problema, affermando un semplice principio giuridico: è innegabile che non possa ipotizzarsi una responsabilità dei condòmini per il verificarsi di un evento naturale, quale, appunto, l'innalzamento del livello delle acque sottostanti il fabbricato. E' altrettanto vero che non si possa automaticamente individuare una responsabilità esclusiva del Comune, che, rispetto ai fatti di causa, non è titolare, secondo i giudici d'appello, di alcuna posizione di garanzia.

Le motivazioni della pronuncia del Consiglio di stato
Il ragionamento seguito dal Consiglio di stato, si fonda sull'adozione di una posizione di particolare equilibrio rispetto alle ragioni contrapposte delle parti in causa.
Ad avviso dei magistrati, nel corso dei giudizi di primo e di secondo grado, non sono emersi elementi tali da evidenziare un particolare obbligo di garanzia a carico del Comune, la cui violazione avrebbe determinato un conseguente obbligo di risarcimento danni nei confronti dei singoli proprietari.
Allo stesso modo, innegabilmente, deve considerarsi il potere-dovere dell'amministrazione di attivarsi per tutelare i condomini contro ogni potenziale situazione di pericolo, che sia tale anche per la collettività.

Ed allora, ad avviso del Consiglio di stato, certamente il Comune non avrebbe potuto imporre ai condomini l'esecuzione di lavori straordinari, tali da risolvere definitivamente il problema dell'innalzamento della falda acquifera sottostante al fabbricato. Altrettanto correttamente, però, l'ente ha ordinato ai proprietari l'esecuzione delle opere urgenti e necessarie per l'immediata messa in sicurezza dello stabile condominiale.

Il pronunciamento del giudice d'appello, pare perfettamente logico e condivisibile.
Viene rigettato il ricorso proposto dal Condominio per l'unico motivo, ritenuto infondato, relativo al mancato risarcimento danni.

Contestualmente, viene accolto, nei limiti esaminati, l'appello proposto dal Comune, poiché si riconosce l'errore in cui è incorso il Tar, annullando un provvedimento che, avendo carattere d'urgenza, ben poteva essere emesso dall'amministrazione pubblica.

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