Condominio

Maggioranza rafforzata per approvare la costruzione di balconi con affaccio sul cortile interno

Le innovazioni eseguite dal singolo non devono pregiudicare i diritti di uso e godimento degli altri condomini

di Selene Pascasi

Le modifiche della cosa comune, eseguite dal singolo condòmino per averne un uso particolare teso al migliore e più intenso godimento, sono espressione legittima del diritto di comproprietà previsto dal Codice civile. Ma ciò, sia chiaro, solo se non implichino alterazioni della consistenza della destinazione del bene, non pregiudichino i diritti di uso e godimento degli altri e non arrechino danno alle proprietà esclusive.

Sarà, quindi, permessa anche la costruzione di balconi sempre che l'opera – incidendo sui muri perimetrali dello stabile – non danneggi un altro bene comune con destinazione specifica originaria, come il piccolo cortile interno o la corte deputate per natura a dare luce ed aria agli immobili di proprietà, costituendo in quell'ipotesi innovazione soggetta a particolari maggioranze. Lo scrive il Tribunale di Roma con sentenza n. 14502 del 9 luglio 2019.

La fattispecie in esame
Sono le proprietarie di un alloggio a chiamare in causa il condominio lamentando l'illegittimità della delibera che autorizzava la costruzione di nuovi balconi con trasformazione delle finestre esistenti con affaccio nella chiostrina interna. Interventi, denunciano, che avrebbero privato il loro appartamento di aria e luce viste le ridotte dimensioni del cortile interno. Non solo. Le opere avrebbero leso il decoro architettonico dello stabile e pregiudicato la stabilità del palazzo già sopposto a consolidamento strutturale per precedenti danni. E comunque, concludono, la delibera era invalida per mancata sottoscrizione del verbale da parte del segretario nominato, mancata sottoscrizione dei presenti, conflitto d'interessi di alcuni votanti e difetto di quorum. Punto nodale, quest'ultimo, vista la necessità – sottolineano – del rispetto delle regole previste per le innovazioni.

Muri maestri e cortile
Esaminata la questione, il Tribunale si sofferma sul tema della violazione delle maggioranze richieste per l'ok alle innovazioni. Rilievo accolto e deliberazione annullata. Ai sensi dell'articolo 1117, primo comma, del Codice civile, chiarisce, appartengono alla proprietà comune dei titolari delle singole unità immobiliari dell'edificio i muri maestri, i cortili e le facciate dello stabile.

E se per muri maestri si intendono tutti i muri perimetrali che partono dalle fondamenta fino ad arrivare alla copertura del palazzo incluse le eventuali sopraelevazioni e le facciate, è la nozione di cortile ad esser più complessa. Con cortile, infatti, ci si riferisce all'area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o più edifici tesa a dare aria e luce agli ambienti circostanti.

Per la giurisprudenza, poi, il cortile non è solo lo spazio esistente all'interno di un fabbricato circoscritto alla superficie del suolo, ma tutto quello sovrastante finalizzato a fornire aria, luce ed accesso ai vani delle costruzioni. Funzione prevalente su quella di dare accesso all'area. Ecco perché il cortile rientra, salvo titolo contrario, nella presunzione di comunione come accade per le “chiostrine o vanelle” (cortiletti circondati da ogni lato aventi l'unica funzione di assicurare aria e luce e non anche l'accesso a zone comuni o singole unità). Considerazioni perfettamente aderenti alla vicenda considerato il tipo di opera da autorizzare: trasformazione di finestre in porte finestre con costruzione di nuovi balconi.

La decisione
Tanto premesso, e considerato che l'articolo 1102 del Codice civile dedicato alla comunione è applicabile al condominio di edifici, può concludersi come al compartecipe o al condomino sia consentito servirsi della cosa comune anche modificandola per esigenze particolari ove non ne alteri la destinazione (cioè il modo in cui è usata da tutti) e non li danneggi.

Peraltro, leggendo le regole sulle innovazioni, l'uso non deve mettere a rischio la stabilità e la sicurezza dell'edificio né incidere sul decoro architettonico o danneggiare le singole proprietà.

In altre parole, se è vero che ognuno – a prescindere dalla delibera – può servirsi delle parti comuni anche apportandovi a proprie spese le modifiche necessarie per un migliore godimento, è anche vero che questo potere trova limite nell'articolo 1120 del Codice civile che disciplina le innovazioni ed esige il consenso assembleare attraverso degli specifici quorum deliberativi.

Il concetto di innovazione
A chiudere il cerchio, il fatto che per innovazione si intende la modifica alle parti comuni che le renda nuove mediante la trasformazione, l'alterazione o il cambiamento della funzione originaria o destinazione o alterazione della sua entità e identità sostanziale. Così, il singolo che usi il bene comune dovrà rispettare rigorosamente la proprietà esclusiva degli altri, non potendo né invadere la sfera di facoltà e diritti inerenti la piena titolarità né gravarla di pesi e limiti, né pregiudicarne l'uso e la destinazione presente e futura.

Rilievi che, riportati alla lite, subordinano la legittimità degli interventi sul muro comune all'osservanza dei limiti descritti. In sintesi il singolo potrà aprire nuove porte e finestre o trasformarle in balconi anche abbattendo il corrispondente tratto di muro che delimita la proprietà del singolo immobile.

Il quorum assembleare
Tuttavia quando, come nella controversia, gli interventi sul muro comune incidano su un altro bene comune avente destinazione specifica originaria (chiostrina deputata a dar luce e aria ad immobili privati) queste opere non costituiranno un uso legittimo della cosa comune per divenire innovazioni autorizzabili solo a maggioranza rafforzata. Quorum disatteso dalla delibera impugnata che il Tribunale di Roma non poteva non annullare.

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