Condominio

Bonus facciate, zona A o B difficile da individuare

L’individuazione di queste zone è affidata alla definizione contenuta nel decreto ministeriale 1444/1968, una norma nata 52 anni fa

di Saverio Fossati

La c ircolare 2/E del 4 febbraio 2020 sul bonus facciate ha certo reso molto più chiaro il quadro dell’agevolazione e di fatto adesso sarebbe possibile partire subito.

Ma con il condizionale, perché resta irrisolto uno dei nodi principali: quello sull’ubicazione (solo le zone A e B del territorio comunale) dell’edificio sui effettuare l’intervento in facciata. La norma, infatti, è nata al Mibac con l’esplicito intento di abbellire i centri storici cittadini, con la possibilità di detrarre dalle imposte dirette (Irpef o Ires) il 90% delle spese sostenute (si veda il Sole 24 Ore di ieri) . Tuttavia, al di là delle problematiche fiscali che la stesura finale della norma , nella legge di Bilancio 2020, ha suscitato, in gran parte risolte dall’intervento dell’agenzia delle Entrate, colpisce la scarsa dimestichezza con la legislazione urbanistica di chi ha materialmente immaginato il limite principale: quello delle zone.

La norma
La disposizione, infatti, autorizza il beneficio della detrazione solo se l’edificio si trova nella zona A o B del Comune. L’individuazione di queste zone è affidata alla definizione contenuta nel decreto ministeriale 1444/1968 , una norma nata 52 anni fa, prima ancora che venissero create le Regioni con la relativa competenza in materia edilizia e ben prima che centinaia di norme si sovrapponessero a delineare un quadro, nell’ambito dell’autonomia municipale, sul quale solo gli uffici tecnici comunali sono in gradi di dire l’ultima parola.

Caos comunale
In sostanza, i Comuni interpellati hanno risposto più o meno la stessa cosa: la definizione del 1968 andrebbe sovrapposta a quanto risulta dall’attuale Puc (piano urbanistico comunale) o Pgt (piano di governo del territorio) e solo così si può capire se la casa si trovi in zona A o B. In Liguria, per esempio, esiste una tabella di raccordo a livello regionale, ma poi bisogna verificare in Comune in ogni caso.

Internet (dove si può cercare il Puc o il Pgt del Comune con relativa mappa) può venire in soccorso ma anche riservare sorprese: a Milano, per esempio, si trova subito la mappa dell’area B, che però non c’entra nulla con la zona B, perché serve al traffico veicolare.

Il documento
Per questo, forse, la circolare, redatta dall’agenzia delle Entrate che non ha certo colpe in questo pasticcio, liquida la faccenda in modo un po’ pilatesco indicando l’obbligo di farsi rilasciare una «certificazione urbanistica» (costo medio 50 euro, se si fa da soli) dagli «enti competenti».

Di fatto, il primo passo per chi si accinge all’impresa di rifare la facciata, è quello di recarsi in Comune e ottenere la certificazione urbanistica (niente autocertificazioni), primo perché senza di quella non si può sfruttare il bonus e secondo perché è l’unico modo per capire in quale zona si trovi l’edificio.

Ma non tutti i Comuni possiedono una cartografia adeguata alla nuova esigenza, quindi in qualche caso il problema di procurarsi la «certificazione» potrebbe rivelarsi irresolubile.

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