Condominio

Le distanze si fanno valere se c’è «fronteggiamento» tra gli edifici

Le distanze dal condominio cui far riferimento sono al momento dell’intervento edilizio o preesistenti, a seconda che si tratti di una costruzione nuova o di ristrutturazione

di Selene Pascasi

Le distanze cui far riferimento sono quelle vigenti al momento dell'intervento edilizio o quelle preesistenti a seconda che si tratti di una costruzione nuova o di ristrutturazione. Lo afferma la Corte di cassazione con ordinanza n. 3043 del 10 febbraio 2020 (relatore Sabato).

La lite è attivata dai titolari di uno stabile che decidono di chiamare in causa i proprietari di una stalla a piano terra, con abitazione al primo piano, posta a circa sessanta centimetri dal loro fabbricato e con confine a metà della distanza.

La ricostruzione dell’edificio
L'immobile, lamentano, era stato demolito e poi ricostruito con diversa conformazione, oggetto sì di concessione edilizia ma non rispettoso né della distanza di dieci metri dal frontistante né di quella di cinque metri dal confine fissata dal piano regolatore.

La costruzione, inoltre, aveva aperto vedute e sporti, sollevato il piano di campagna con infiltrazioni e ristretto il sedime di un passaggio acquistato dagli attori per usucapione. Domanda accolta dal tribunale che condanna i convenuti all'arretramento a distanza legale dell'edificio, all'eliminazione di vedute e sporti irregolari, al ripristino del passaggio usucapito e al risarcimento dei danni.

L’arretramento
Contro la pronuncia, però, arriva sia l'appello dei soccombenti che quello, incidentale, con cui gli attori chiedono l'arretramento anche per la parte di edificio residenziale. Accolta la richiesta principale, viene ridotto il risarcimento e rigettata la pretesa di accertamento di acquisto per usucapione del diritto di passaggio.

Andava applicata, scrive la Corte di appello, l a distanza di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti . Di qui, il ricorso per Cassazione: nella fattispecie, si rileva, le pareti non erano antistanti ma divergenti. E comunque, doveva tenersi conto che le distanze previste dall'articolo 873 del Codice civile sono tese ad evitare intercapedini dannose o nocive.

Tesi bocciata. Intanto, ricorda la Corte di legittimità, c'è frontistanza quando gli edifici, da bande opposte rispetto alla linea di confine, hanno rispettive facciate che si fronteggiano almeno per un segmento così che, ipotizzandone l'avanzamento lineare e non radiale (come accade per le vedute) si incontrino almeno in quel punto.

Di conseguenza, ove non esista possibilità di fronteggiamento, non vi saranno violazioni delle norme sulle distanze.

La distanza minima ha valore assoluto
A ogni modo, prosegue, la distanza minima di dieci metri tra le costruzioni ha natura assoluta e va rispettata a prescindere dall’altezza degli edifici antistanti e dall'andamento parallelo delle loro pareti purché vi sia almeno un segmento di esse tale che l'avanzamento di una o ambedue le facciate le faccia incontrare anche solo per quel segmento (Cassazione n. 24076/2018).

Ecco che, se nella fattispecie era prospettabile il fronteggiamento, poteva ravvisarsi anche, pur limitatamente, un'intercapedine. Infondato, e inammissibile, anche l'altro motivo di ricorso inerente la supposta violazione delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore e l'erroneo vaglio operato dalla Corte di appello che “chiedeva” il rispetto da parte del nuovo organismo edilizio delle distanze vigenti al momento della sostituzione edilizia invocando per il basso fabbricato (meno alto del precedente ma in identica distanza dal confine) l'applicazione della distanza preesistente.

Le Sezioni unite
Risolutivo, sul punto, è l'intervento con cui le Sezioni Unite di cassazione hanno distinto – con pronuncia n. 21578/2011 – i casi in cui le opere edilizie sono qualificabili come semplici ristrutturazioni (modifiche esclusivamente interne che abbiano interessato un edificio di cui sussistano e restino inalterate le componenti essenziali, quali muri perimetrali, strutture orizzontali, copertura), come ricostruzioni (quando, per evento naturale o volontaria demolizione, vengono meno le componenti essenziali della struttura preesistente e l'intervento si traduca nel loro esatto ripristino senza variazioni delle originarie dimensioni dell'edificio e senza aumenti di volumetria) o, infine, accertati gli aumenti, possano dirsi nuove costruzioni assoggettate alla vigente disciplina in tema di distanze.

Una distinzione importante, dunque, da cui dipenderà la disciplina sulle distanze applicabile posto che, ove il giudice del merito, cui è rimessa la valutazione insindacabile in cassazione, ritenga che, viste le modifiche, si sia di fronte a un nuovo organismo edilizio, ad imporsi sarà il regime delle distanze vigente al momento della nuova edificazione (Cassazione n. 15041/2018).

E allora, essendosi la Corte di appello attenuta al criterio indicato, il collegio di legittimità, cui è vietato riesaminare i fatti, non poteva che respingere il motivo limitandosi a sollecitare, con rinvio, una nuova valutazione sull'unico aspetto poco cristallino: l'idoneità della soletta di copertura del basso manufatto a fungere, assenti ringhiere o parapetti di protezione, da veduta regolata dalle relative norme sulle distanze. Ineccepibile, perciò, il rigetto del ricorso con rimando al merito per un rinnovato esame del nodo ancora irrisolto.

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