Condominio

La legge salva suicidi non sospende automaticamente il decreto ingiuntivo

Il semplidce deposito del ricorso non obbliga il giudice a bloccare la procedura per i mancati pagamenti delle spese condominiali

di Fabrizio Plagenza

Il tema della morosità in condominio, da sempre frutto di dibattiti dottrinali, continua a rivestire enorme importanza, per il fatto che il pagamento degli oneri condominiali rappresenta la “fonte” a cui l'amministratore di condominio attinge, per il pagamento dei fornitori e per la gestione dello stabile amministrato.

Preoccuparsi del regolare pagamento degli oneri condominiali in modo costante, affidandosi ad uno studio legale che sia pronto nel procedere al recupero delle somme dovute dai condomini morosi, costituisce, infatti, un importante tassello nella corretta amministrazione.

Il dovere di recuperare il credito
Non dimentichiamo, peraltro, che in forza dell'articolo 1129, comma 9 del Codice civile, l'amministratore deve «agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale sia compreso il credito esigibile, a meno che non sia stato espressamente dispensato dall'assemblea».

Accade spesso, tuttavia, che il procedimento di recupero del credito, una volta ottenuto il “titolo esecutivo” che, nella maggior parte dei casi è il decreto ingiuntivo, si areni nelle difficoltà, anche procedurali, sopravvenute. Una dei queste potrebbe essere rappresentata dalla possibilità, per il debitore ingiunto, di usufruire dei benefici della legge n. 3/2012, meglio nota come legge salva suicidi.

La legge salva suicidi
Recentemente, il Tribunale di Avellino, con ordinanza depositata il 13 gennaio 2020 , si è occupato di un pignoramento presso terzi in cui il Condominio creditore aveva proceduto a pignorare diversi soggetti, a vario titolo debitori del debitore. Erano stati pignorati, infatti, il conto corrente nonché lo stipendio ed anche i canoni di locazione dovuti al debitore esecutato.

In sede di esecuzione, il debitore formalizzava opposizione con cui esponeva di aver presentato a sua volta un ricorso meglio conosciuto come “piano del consumatore”, previsto dalla legge n. 3/2012 e, a suo dire, tale circostanza doveva portare all'accoglimento della richiesta di sospensione della procedura esecutiva. Riteneva, infatti, che il deposito del ricorso previsto dalla legge c.d. salva suicidi, rendeva impossibile l'assegnazione delle somme pignorate.

Tuttavia, il Tribunale di Avellino, con il provvedimento in commento, rigettava l'opposizione proposta dal debitore, sulla base delle seguenti considerazioni.
L'istanza di sospensione della procedura esecutiva veniva rigettata avendo rilevato, il Giudice, che «la legge n. 3/2012 sul sovra indebitamento non istituisce alcun collegamento immediato ed automatico tra il deposito della proposta di accordo ex art. 9 e ss e l'arresto – ovvero la temporanea improseguibilità – della procedura esecutiva pendente, poichè le disposizioni in questione rimettono ad un provvedimento espresso del Giudice di quella procedura – e non certo al G.E. – la pronuncia del divieto di prosecuzione delle azioni esecutive individuali».

Il solo deposito del ricorso non blocca l’esecuzione
Il Giudice dell'Esecuzione, dunque, da un lato precisava che il solo deposito del ricorso previsto dalla legge salva suicidi, non è causa di automatica sospensione della procedura esecutiva, ribadendo, dall'altro, che il procedimento esecutivo poteva essere oggetto di sospensione solo alla presenza di un provvedimento, in tal senso, emesso dal Giudice a cui il sovra indebitato si era rivolto.

Continua il Tribunale di Avellino, infatti, che in assenza di un provvedimento “esterno” di sospensione della procedura esecutiva, eventualmente emesso da altro giudice e di cui non vi era traccia, il procedimento non poteva essere sospeso.

Effettivamente, nel piano del consumatore, diversamente da quanto accade nella procedura di accordo di composizione della crisi, non risulta esserci un generale o automatico divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali sui beni del sovraindebitato. Infatti, secondo quanto previsto dall'articolo 12 bis della Legge n. 3/2012, «quando, nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso decreto, può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo».

Cosa serve per sospendere l’esecuzione
Dunque, per potersi avere sospensione della procedura esecutiva, il ricorso del sovra indebitato deve essere già in una fase avanzata :
a) la fase deve essere quella «nelle more della convocazione dei creditori»;
b) il presupposto per invocare la sospensione deve poi essere che «La mancata sospensione delle azioni esecutive possono, nelle more della convocazione dei creditori, pregiudizialmente interferire con la fattibilità del piano»;
c) il Giudice non ha obbligo nemmeno di sospendere perché «può» e non deve.
Peraltro, il provvedimento di sospensione cautelare, ove concesso, sarebbe comunque provvisorio, atteso che la norma indica chiaramente che esso debba essere concesso esclusivamente «nelle more della convocazione dei creditori».

Fase iniziale
Nel caso sottoposto alla decisione del Tribunale di Avellino , quindi, la procedura di sovraindebitamento era ancora in una fase “embrionale” e, secondo quanto previsto dall'articolo 12 ter della legge 3/2012, che disciplina gli effetti dell'omologazione del piano del consumatore, gli effetti decorrono da un momento successivo e, nello specifico, dalla data di omologazione del piano. Infatti, «dalla data dell'omologazione del piano i creditori con causa o titolo anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali.

A iniziativa dei medesimi non possono essere iniziate o proseguite azioni cautelari né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di piano».

Il Giudice dell'Esecuzione, rilevato che non vi era, al momento della sua decisione, alcun provvedimento di omologa né controparte ne aveva fornito prova, non potevano accogliersi le richieste del debitore che, per inciso, chiedeva di “falcidiare” il credito vantato dal condominio riducendolo alla misura proposta del 5% sul dovuto.

È importante, dunque, comprendere che non è sufficiente il deposito del ricorso da parte del debitore sovraindebitato, per paralizzare la procedura esecutiva.

La dottrina
Anche secondo la dottrina (Angelo Pisani), in ipotesi di esecuzione già pendente, infatti, la possibilità per l'esecutato di depositare davanti al Giudice dell'Esecuzione istanza di sospensione, prima che il giudice competente per il sovraindebitamento si sia pronunciato sull'ammissione della procedura è esclusa posto che non si ritiene sufficiente l'aver presentato la proposta di piano per formulare richiesta di sospensione al giudice dell'esecuzione.

Il Giudice, pertanto, provvedeva rigettando la domanda di sospensione della procedura esecutiva, con condanna alle spese di giudizio della fase cautelare ed assegnava le somme pignorate, con liquidazione delle spese legali a carico del condomino esecutato.

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