Condominio

Decoro architettonico: i poteri di intervento dell’assemblea e del singolo condomino

Ciascun condomino è portatore di due interessi: uno personale relativo alla tutela del valore commerciale della propria unità immobiliare e uno collettivo in qualità di comproprietario delle parti comuni del condominio

di Michele Orefice

In condominio le facciate non sono soltanto pareti, che servono a proteggere le unità immobiliari dell'edificio, in quanto assolvono anche alla funzione di rappresentare l'immagine dello stesso edificio in tutte le sue parti visibili. S

Sotto tale profilo le facciate non rilevano dal punto di vista strutturale ma in ragione del loro aspetto estetico, inteso come l'insieme dei profili dell'edificio e di tutti gli elementi architettonici che ne fanno parte integrante. In quest'ottica l'aspetto estetico dell'edificio può diventare un bene suscettibile di valutazione economica allorquando caratterizzi l'immagine generale dello stesso edificio conferendogli una fisionomia armoniosa ed una specifica identità.

Ne consegue che gli interventi dei condòmini sull'edificio, correlati anche a singoli elementi o a plurime parti dello stesso edificio, potranno essere ammessi a condizione che non ne alterino l'estetica nel suo insieme.

Diversamente, gli interventi che dovessero compromettere l'identità estetica dell'edificio potrebbero determinare un deprezzamento dell'intero edificio, nonché del valore economico delle unità immobiliari che lo compongono.

Per tale ragione tutto ciò che è visibile e apprezzabile dall'esterno dell'edificio condominiale assurge a bene comune. Tale assunto rappresenta il fondamento dell'indirizzo giurisprudenziale prevalente, che ha elaborato il tanto discusso diritto dei condòmini alla tutela dell'estetica dell'edificio.

Le perplessità derivano dal fatto che l'orientamento non è supportato dal Codice civile, nel quale non si rinviene né una norma specifica posta a tutela dell'estetica dell'edificio condominiale, né una norma che descriva le eventuali modalità lesive di tale estetica e né tantomeno una norma che dia una definizione della stessa estetica.

Le norme di tutela
L’orientamento consolidato della giurisprudenza ha forzatamente dedotto il diritto dei condòmini all'estetica dell'edificio da una disposizione legislativa alquanto generica, che si richiama alla tutela del decoro architettonico dandone per scontato il relativo contenuto.

Si tratta dell'art. 1122 c.c., che vieta ai condòmini di realizzare nella parti di loro proprietà o in uso esclusivo opere pregiudizievoli, per il “decoro architettonico” dell'edificio. Siffatta disposizione si collega poi a quella dell'art. 1120 comma 2 c.c., che vieta le innovazioni che alterano lo stesso decoro architettonico.

Per decoro architettonico si intende, appunto, l'estetica del fabbricato condominiale data dall'insieme delle linee e delle strutture che imprimono un peculiare identità allo stabile (Cass. 851/2007). Sicché, ai fini della valutazione del pregiudizio all'aspetto architettonico, i divieti contenuti nelle norme rappresentano limiti invalicabili per i proprietari delle singole unità immobiliari, e ciò a prescindere dal pregio artistico che riveste l'edificio condominiale.

Tant'è vero che si discute di decoro architettonico, anche per gli immobili comuni, cioè per quelli che potremmo definire normali, laddove, appunto, “possa individuarsi nel fabbricato una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia” (Cass. n. 8830/2008).

Ma al di là dell'eventuale valore artistico o anche storico che potrebbe avere l'edificio, l'ultimo comma dell'art. 1122 c.c. prevede espressamente che l'interessato “in ogni caso” dia “preventiva notizia” degli interventi da eseguire sull'edificio all'amministratore, che è obbligato, a sua volta, a riferirne all'assemblea, per le valutazioni di merito.

Vale a dire che la valutazione sull'eventuale lesione del decoro architettonico spetta all'assemblea di condominio che, nella maggior parte dei casi, non ha neanche gli strumenti per riconoscere, obiettivamente, se un'opera possa ritenersi indecorosa.

Gli esempi
Si pensi, per esempio, alle situazioni più comuni che di fatto introducono una modifica all'estetica dell'edificio, tipo l'installazione dell'unità esterna dei condizionatori d'aria sulla facciata, il montaggio dell'insegna luminosa sulla facciata, il cambio di colore delle inferriate e delle avvolgibili, il montaggio delle armature per tende da sole, la trasformazione del balcone in veranda e l'apertura di una finestra sulla facciata.

In simili casi solo un regolamento condominiale contrattuale potrebbe orientare le decisioni assembleari, ma in assenza di regole precise, con riferimento agli interventi comunicati all'amministratore, è ovvio che l'assemblea non potrebbe deliberare, con certezza, se un intervento sia o meno indecoroso.

Del resto l'indagine diretta a stabilire se un intervento sull'edificio provochi o meno un danno al decoro architettonico è demandata al giudice di merito che, in assenza di norme specifiche, decide con ampia discrezionalità.

Decisioni rischiose
Peraltro, l'assemblea potrebbe rischiare anche di fare ulteriori danni, qualora decidesse di adottare, a maggioranza, una delibera autorizzativa di una modifica significativa delle parti comuni, perché in tal caso la stessa delibera potrebbe essere impugnata dai condòmini dissenzienti, per pregiudizio all'estetica dell'edificio.

Ciò spiega il perché l'assemblea di condominio, in situazioni controverse, per evitare di incorrere in errori e quindi in spese legali, quando siano già stati realizzati interventi sull'edificio, non delibera di ratificare le opere e non agisce per rimuoverle, lasciando così l'iniziativa di agire agli interessati che volessero farlo.

In questi casi, infatti, nulla osta a che i singoli condòmini possano agire a tutela dei loro diritti di comproprietari, anche se gli altri condòmini non intendano farlo, in quanto è diritto dei partecipanti al condominio tutelare i beni comuni nella loro interezza. E il decoro architettonico è un bene comune che rappresenta un elemento fondante del condominio, anche se non può essere considerato come un valore oggettivo e assoluto, ma piuttosto può intendersi come un bene comune immateriale.

Il danno economico
Tanto basta per ritenere che la lesione del decoro architettonico del fabbricato implichi un pregiudizio economico (per tuttesi veda la Cassazione, sentenza 8174/2012). L'alterazione del decoro architettonico, di fatto, peggiora l'estetica dell'edificio e procura ai condòmini un danno, che è suscettibile di valutazione economica, con riferimento sia al deprezzamento dell'intero edificio e sia alla perdita di valore commerciale delle unità immobiliari che lo compongono.

Le reazioni possibili
Pertanto, ciascun condomino sarà portatore di due interessi: uno personale relativo alla tutela del valore commerciale della propria unità immobiliare e uno collettivo in qualità di comproprietario delle parti comuni dell'edificio.

Ne consegue che, in caso di modificazioni alle parti esterne dell'edificio o nelle zone comuni, essendo il decoro architettonico un bene comune da tutelare a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche estetiche che si intendono apportare, il singolo condomino è legittimato ad agire in giudizio per far rimuovere le modifiche apportate dagli altri condòmini, che si rivelino abusive e pregiudizievoli (Cassazione, sentenza 284659/2019).

La realizzazione di opere abusive e pregiudizievoli al decoro architettonico dell'edificio configurano l'interesse processuale del singolo condomino che agisca in giudizio a tutela della cosa comune (Cassazione, sentenze 3927/1988 e 175/1986).

Vale a dire che il giudizio potrà svolgersi soltanto con l'intervento del singolo condomino, che è legittimato a tutelare il decoro architettonico condominiale, senza l'autorizzazione dell'assemblea e senza l'intervento dell'amministratore.

Con riferimento al potere di intervento dell'amministratore è noto che egli possa esperire, senza necessità di autorizzazione assembleare, l'azione contro il condomino di un edificio, diretta a conseguire la rimozione di un manufatto da questi realizzato, in quanto pregiudizievole dell'estetica dell'edificio (Cass. n. 3510/1980).

L’azione dell’amministratore
Ma, comunque, sarebbe illusorio pensare che l'amministratore possa valutare di agire in via giudiziale, senza delibera assembleare, a tutela del decoro dell'edificio condominiale, sebbene rientri nelle sue attribuzioni il potere di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti le parti comuni.

È verosimile, piuttosto, che l'amministratore, per non incorrere in una mancata ratifica del suo operato, in via preventiva, rimetta all'assemblea la decisione di agire in via giudiziale. In definitiva il decoro architettonico è un bene comune che va tutelato dai condòmini in ragione delle peculiarità dell'edificio e indipendentemente dal luogo e del contesto in cui si trova.

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