Condominio

Il giudizio di appello non è garantito sui lavori straordinari in condominio

di Edoardo Valentino

Un atto di citazione in appello deve contenere, a pena di inammissibilità, non solo la pura e semplice trasposizione delle argomentazioni in fatto e diritto di cui al giudizio di primo grado, ma anche l'individuazione delle ragioni in virtù delle quali la sentenza deve essere riformata.

Questo il principio riportato dalla sentenza della Cassazione, Sezione Sesta Civile, 5 dicembre 2019, numero 31844.

La sentenza, in realtà, ricalca il principio già enunciato dalla Cassazione a Sezioni Unite con la decisione numero 27199 del 2017.

Nel caso in questione il fatto ha origine dalla contestazione, da parte di alcuni proprietari, del pagamento di spese dovute a lavori di manutenzione nel condominio.

In particolare i condòmini avevano citato in giudizio chi aveva venduto loro l’appartamento, affermando come i lavori in oggetto fossero stati deliberati al tempo in cui egli era proprietario e in quanto tale egli avrebbe dovuto sobbarcarsi l'intero costo degli stessi.

Lavori deliberati dopo la vendita
Si costituiva in giudizio il venditore affermando di avere corrisposto il costo di tutti i lavori deliberati quando egli era proprietario, ma di disconoscere i successivi lavori deliberati in quanto egli non aveva più la qualità di condomino e quindi non sarebbe stato legittimato passivo di dette obbligazioni.

Il giudice di pace accoglieva la domanda.
Avverso tale decisione si costituiva in appello il soccombente, ma la Corte d'Appello rigettava il gravame dichiarandolo inammissibile in quanto mera riproposizione delle argomentazioni di cui al primo grado di giudizio.

Alla luce di tale rigetto, l'appellante ricorreva in Cassazione sostenendo come il Giudice d'Appello non avesse correttamente vagliato i fatti e le circostanze oggetto di causa e avesse erroneamente dichiarato il proprio gravame come inammissibile.

La Corte di Cassazione respinge il ricorso
L'appello del ricorrente, infatti, era una pura e semplice trasposizione degli scritti difensivi di primo grado e nulla statuiva in merito alla sentenza del Tribunale.

A parere della Corte d'Appello, quindi, tale gravame sarebbe stato inammissibile in quanto in violazione dell'articolo 342 del Codice di Procedura Civile il quale, in materia di appello, afferma che «L'appello deve essere motivato. La motivazione dell'appello deve contenere, a pena di inammissibilità:
1) l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado;
2) l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata».

A detta della Suprema Corte, la decisione di prime cure «imponeva all'appellante di formulare l'impugnazione nei termini indicati dalle Sezioni Unite di questa Corte, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa “mediante la quale l'appellante individua le ragioni in virtù delle quali la sentenza di primo grado deve essere riformata” (Cass., S.U., n. 27199/2017)».

Non era sufficiente, quindi, per l'appellante, continuare a sostenere l'erroneità dell'attribuzione delle spese come fatto in primo grado, dato che il processo d'appello pretendeva – in ragione dell'articolo 342 del Codice di Procedura Civile – una valutazione sulla sentenza di primo grado.

Ai fini della corretta proposizione della domanda di appello, infatti, l'appellante è tenuto a indicare le parti di sentenza che intende contestare, i motivi delle contestazioni e compiere una valutazione prognostica su come la controversia avrebbe dovuto essere decisa dal Giudice ove non avesse compiuto errori nel primo giudizio.

Con un appello meramente incentrato sul richiamo integrale degli atti di primo grado, inevitabilmente la Corte d'Appello ne ha decretato l'inammissibilità, valutazione poi avallata dalla Cassazione.

In ragione di tali argomenti, infatti, la Cassazione dichiarava l'appello inammissibile e, conseguentemente al rigetto, condannava l'appellante alla refusione delle spese del giudizio.

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