Condominio

In Cassazione non si riesaminano le questioni di merito

di Valeria Sibilio

In un ricorso in Cassazione non si può spingere la Corte ha riesaminare questioni già vagliate dai Giudici di merito. È questa, in sintesi, la motivazione con la quale gli ermellini, con l'ordinanza 28821 del 2019, hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato da una attrice contro la sentenza emessa dalla Corte d'appello di Reggio Calabria nei confronti del proprietario di un immobile adiacente al suo, che confermava la sentenza di primo grado del Tribunale di Palmi.
La sentenza aveva ritenuto che le opere di ricostruzione dell'immobile di proprietà del convenuto, adiacente e prospiciente a quello di proprietà della ricorrente, non erano in contrasto con le norme relative alle distanze tra gli edifici.
La vicina ricorreva in Cassazione sulla base di quattro motivi ai quali rispondeva l'erede del resistente deceduto, con controricorso.
Nel primo motivo, la ricorrente deduceva che i giudici d'appello avrebbero dovuto esaminare e valutare in modo esaustivo il contesto processuale e la situazione dei luoghi e delle opere denunciate, tenendo che conto che sia il precedente che l'attuale piano regolatore non consentono costruzioni di alcun genere, ma solo ristrutturazioni d'opere di consolidamento risanamento conservativo. Il resistente, per la ricorrente, non avrebbe avuto diritto a demolire e ricostruire l'edificio effettuando una nuova costruzione, e neanche ad ottenere la concessione sopraelevazione fino all'altezza di metri 10, come anche sopravanzare di circa metri 3 violando l'allineamento preesistente. Inoltre, il Comune avrebbe potuto concedere, in una tale situazione, una sanatoria, poiché la costruzione era stata fatta dopo il 1983, in un periodo in cui non esistevano sanatori per fabbricati parzialmente o totalmente abusivi. Un motivo giudicato inammissibile in quanto non idoneo a confutare la sentenza che riponeva ogni sua valutazione sulla perizia dalla quale i giudici avevano evinto che le opere di ristrutturazione non fossero contrastanti con il piano regolatore e con le norme edilizie vigenti al tempo della costruzione e al tempo dell'intervenuta sanatoria.
Nel secondo motivo, la ricorrente lamentava il fatto che il giudice si fosse limitato a condividere e far proprie le conclusioni della perizia, senza giustificarne in alcun modo la validità, tenuto conto che il CTU avrebbe dovuto verificare la zona in cui si trova il fabbricato ed il fatto che si sia trattato di demolizione e ricostruzione con diversa altezza eseguita in violazione delle normative che impongono la sola possibilità di ristrutturare, errando, inoltre, nell'affermare che non vi fosse stata diminuzione di luce e di aria. Una motivazione che, come nel primo motivo, toccava la discrezionalità del giudice nel valutare il lavoro svolto dalla perizia, spingendo la Corte a confutare fatti già valutati precedentemente dai Giudici di merito.
Inammissibile anche il terzo motivo di ricorso. La ricorrente, denunciando che i Giudici di merito avrebbero dovuto rilevare che le autorizzazioni amministrative ripetutamente concesse erano state del tutto illegali e violatorie del diritto della ricorrente di ricevere luce e aria, avrebbe dovuto fare riferimento alle deduzioni svolte in sede di impugnazione riguardo a questo punto in contestazione, non potendo la Cassazione effettuare un nuovo scrutinio delle questioni trattate innanzi ai giudici di merito.
Nel quarto ed ultimo motivo, la ricorrente denunciava che i giudici di merito avevano dato erroneamente prevalenza al provvedimene con cui il GIP, in sede penale, aveva dichiarato non luogo a procedere nei confronti degli amministratori locali per avere ammesso la sanatoria di illeciti edilizi non sanabili, senza rispettare l'autonomia del giudizio civile. Motivo inammissibile in quanto, nella sentenza, era stato dato rilievo non tanto al procedimento penale conclusosi con l'archiviazione, ma al fatto che per le opere fosse stata rilasciata la concessione in sanatoria.
La Cassazione ha, perciò, dichiarato inammissibile il ricorso, condannando la ricorrente alle spese, liquidate in euro 3.000,00, oltre ad euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge, a favore del legale anticipatario.

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