Condominio

Nomina giudiziaria dell’amministratore, limiti al ricorso in Cassazione

di Rosario Dolce

La Cassazione, Sezione Seconda, con Ordinanza 28466 del 5 novembre 2019 , ha stabilito un importante principio di diritto, in tema di nomina dell'amministratore giudiziario, affermando che: «Pur essendo inammissibile, in linea di principio, il ricorso per Cassazione ai sensi dell'art.111 Costituzione avverso provvedimenti emanati in materia di volontaria giurisdizione, stante l'assenza del contenuto decisorio in capo a questi ultimi, deve, invece, essere ritenuta l'ammissibilità del predetto gravame allorquando la pronuncia impugnata, ancorché vertente in materia di volontaria giurisdizione, contenga una statuizione di condanna alle spese delle fasi del giudizio di merito ovvero la condanna sanzionatoria ai sensi dell'articolo 96, ultimo comma Codice di procedura civile. In tali ipotesi, deve essere ammessa anche la proposizione di censure non strettamente inerenti le statuizioni di condanna, bensì il procedimento logico-argomentativo e la successione logica e causale che ha condotto il giudice del merito a dette statuizioni, poiché in caso contrario la doglianza finirebbe per non poter riguardare i presupposti stessi -sia in termini logici che in termini giuridici-delle statuizioni di condanna di cui si discute».

La vicenda giudiziaria
Il caso prendeva spunto da un ricorso formulato ai sensi dell'articolo 1105, quinto comma, Codice civile (oggi, pure riconducibile al primo comma dell'articolo 1129) con cui un condòmino chiedeva al Tribunale di Chieti di provvedere alla nomina di un amministratore del condominio, sostenendo di essere titolare della maggioranza dei millesimi di proprietà e che nelle ultime riunioni dell'assemblea dell'ente di gestione non era stato possibile pervenire alla nomina per mancanza del numero legale.
Il Tribunale ordinava al ricorrente di provvedere alla convocazione in giudizio degli altri partecipanti al condominio e, nel frattempo, nominava un amministratore giudiziario, il quale convocava l'assemblea ponendo all'ordine del giorno la nomina di un amministratore scelto dai condomini.
Non essendo stata raggiunta la maggioranza dei millesimi su alcuno dei nomi proposti dall'amministratore giudiziario, quest'ultimo depositava la sua relazione chiedendo di essere sollevato dall'incarico.
Si costituivano in giudizio gli altri partecipanti al condominio e veniva revocato l'amministratore giudiziario. Quindi, c on provvedimento finale il Tribunale nominava l'amministratore del condominio condannando il ricorrente a rifondere alle altre parti le spese del grado, nonché al pagamento di un'ulteriore somma ai sensi dell'art.96 ultimo comma Codice procedura civile (as mente, del quale: “In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata”).

La Cassazione
Proprio tale provvedimento veniva poi impugnato avanti alla Corte di Cassazione dal “soccombente”, lamentandone la legittimità. Il giudice ha ritenuto ammissibile il ricorso, affermando il principio illustrato prima. Sul merito, infine, ha rilevato che il primo non poteva ravvisare alcun profilo di soccombenza del ricorrente, in quanto la sua domanda di nomina di un nuovo amministratore del condominio era stata comunque accolta. Lo stesso dicasi per l'ulteriore condanna disposta dal Tribunale ai sensi dell'articolo 96, ultimo comma, Codice procedura civile: che in tanto poteva essere pronunciata, in prime cure, e confermata, in sede di reclamo, in quanto fosse stata dimostrata (e non lo era stato…) dal giudice di merito la malafede con cui il ricorrente avrebbe agito.

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