Condominio

Revoca chiesta senza ragione, condomino condannato

di Giulio Benedetti

Il condòmino che chiede ingiustamente la revoca dell’amministratore senza una valida ragione sarà condannato e pagherà i danni.

L’articolo 1129 del Codice civile consente sì a ogni condomino di chiedere, con ricorso presentato al Tribunale, la revoca dell’amministratore se non rende il conto della gestione o nel caso di «gravi irregolarità». Ma bisogna valutare bene la fondatezza e considerare i rischi dell’azione giudiziaria, che non sempre è a costo zero.

È il caso trattato dalla Corte di cassazione (ordinanza 27326/2019) che ha rigettato il ricorso, condannando l’imprudente condomino al pagamento delle spese processuali e del doppio del contributo unificato.

Già la Corte d’appello aveva respinto l’impugnazione nei confronti del decreto del Tribunale, il quale a sua volta aveva bocciato la sua domanda di revoca dell’amministratore condominiale. La Corte di Appello aveva anche condannato in condomino, in base all’articolo 96, comma terzo, del Codice di procedura civile, a pagare alla controparte la somma di mille euro. Questa norma, infatti, consente al giudice di condannare al risarcimento del danno la parte soccombente che ha agito o resistito in giudizio con mala fede o con colpa grave, ravvisata dalla La Corte d’appello

La Corte di Cassazione, confermando il giudizio di merito, affermava che il riconoscimento dei requisiti di avere agito o resistito in giudizio con dolo , con colpa grave o senza la normale prudenza , sono accertamenti di fatto rimessi alla valutazione del giudice di merito e come tali sono preclusi al giudice di legittimità. In particolare la Corte di Cassazione ratificava pienamente la sentenza del giudice di appello che ha esaminato il fatto storico e ha accertato gli aspetti di grave colpa del condòmino nel presentare il reclamo. Inoltre è escluso che il giudice di appello abbia basato la sua decisione su un comportamento ipotetico e non attuale del condòmino.

La Corte di Cassazione stabilisce il principio di diritto per cui sia la mala fede che la colpa grave debbono coinvolgere l’esercizio dell’azione processuale nel suo complesso , per cui è da considerarsi meritevole della sanzione l’abuso dello strumento processuale in sé, indipendentemente dal danno provocato dalla controparte o dalla sua richiesta.

La sanzione dell’articolo 96 del Codice di procedura civile ricorre nel caso di pretestuosità dell’azione per contrarietà al diritto vivente e alla giurisprudenza consolidata , ovvero per la manifesta inconsistenza giuridica o la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione.

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