Condominio

Il condominio non risponde del fido in banca senza delibera

di Eugenia Parisi

Un soggetto che ha concluso un contratto con un amministratore falsus procurator (cioè rappresentante senza poteri) non può pretendere nulla dal condominio falsamente rappresentato. È quanto ha stabilito la Corte d'appello di Milano, con sentenza 3528/2019 .

Il caso nasce dall’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un condominio nei confronti di una banca che richiedeva somme non restituite a seguito di un'apertura di credito avanzata dal proprio amministratore che, allo scopo, aveva mostrato al funzionario una delibera poi dichiarata falsa; in primo grado, l'opposizione era stata respinta in quanto la delibera è stata ritenuta valida ed efficace, perché non ancora sottoposta a querela di falso: incombenza poi richiesta e conseguente falsità decretata in corso di processo d'appello.

La banca ha sostenuto di avere confidato, in buona fede, nell'effettiva sussistenza dei poteri rappresentativi dell'amministratore sulla base di diversi motivi: perché era stata esibita la delibera; per la protratta assenza di contestazioni da parte del condominio in merito alla gestione del rapporto contrattuale; per la mancata verifica periodica degli estratti conto da parte di alcun condomino; per l'effettivo utilizzo delle somme anticipate per il pagamento di fornitori condominiali.

I giudici d'appello hanno però opportunamente contestato che il principio dell'apparenza del diritto, frequentemente applicato in tema di rappresentanza, presuppone non solo che vi sia la buona fede del terzo che ha contratto col falsus procurator, ma che sussista anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato validamente conferito al rappresentante apparente (Cassazione 18191/07 e 18519/18).

In questo caso, infatti, non è risultato agli atti che il condominio avesse tenuto un comportamento colposo o negligente tale da ingenerare nell'istituto la ragionevole convinzione che la delibera condominiale fosse valida ed efficace, a maggior ragione perché la richiesta di apertura di credito non era mai stata posta all'ordine del giorno né discussa.

Inoltre non è emerso che il funzionario dell'istituto, prima di autorizzare l'operazione, avesse effettuato ulteriori verifiche, richiedendo, ad esempio, di esibire copia dei consuntivi di gestione o esaminando i precedenti estratti conti: verifiche necessarie e prodromiche, visto che è non è frequente la richiesta di apertura di credito in ambito condominiale; per di più, anche in considerazione dei principi di elevata diligenza e competenza che devono regolare il comportamento dell'operatore bancario, nessun addebito può essere mosso al condominio, a fronte di una delibera che presentava evidenti anomalie che avrebbero dovuto essere rilevate dall'operatore stesso, secondo i canoni di diligenza e competenza richiesti dal caso.

Infine, non è apparsa idonea a dimostrare la condotta colposa del falso rappresentato la circostanza che il condominio non abbia periodicamente verificato gli estratti conto inviati dalla banca in quanto, in assenza di sospetti nei confronti dell'operato del gerente, il condominio aveva ragionevolmente confidato sulla correttezza degli atti del proprio amministratore.

Tutto ciò considerato, poiché il contratto di affidamento è stato stipulato da un soggetto che ha agito in nome e per conto del condominio – pur non essendo munito dei relativi poteri autorizzativi – il contratto stesso va ritenuto privo di effetti nei confronti del falso rappresentato; quindi la banca, che ha colpevolmente contratto col falsus procurator, nulla può pretendere nei confronti del condominio.

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