Condominio

Nullità o annullabilità? Il nodo delibere rinviato alle Sezioni Unite

di Rosario Dolce

Il diritto condominiale non ha pace! Così verrebbe proprio da dire. Le poche certezze maturate nel tempo e le conquiste giudiziarie ottenute a fatica sono spazzate via, già con primi venti autunnali… E così pochi giorni fa si apprende che tre tematiche, alquanto importanti, laddove strumentali al recupero dei crediti nei confronti dei condòmini, sono state rimesse – con ordinanza 24476, relatore Antonio Scarpa - alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione , al fine di ottenere risposta.
Obiettivo prefissato dalla Corte: interrompere gli orientamenti ondivaghi. Ma quali sono le tematiche affrontate e quali gli orientamenti in competizione? Procediamo con ordine.
1) La prima delle questioni riguarda la portata del vizio che inficerebbe una delibera assemblea, nel caso in cui eluda (o meglio vìoli, senza esplicitarne il rilievo) i criteri legali di riparto tra i condòmini di una data spesa condominiale.
L'orientamento di maggioranza adduce l'annullabilità della delibera di ripartizione delle spese condominiali che, senza mostrare di voler modificare, in via generale ed astratta, i criteri stabiliti dalla legge o dalla convenzione, si limiti a violarli o disattenderli “in concreto” (tra gli ultimi arresti: Cass. 16 aprile 2019 nr 10586; Cass. 10 maggio 2018 n. 11289; Cass 15 dicembre 2011 n. 27016).
L'orientamento di minoranza, per contro, ravvisa che le delibere che vìolino malaccortamente i preesistenti criteri edittali, senza avere alcuna intenzione di modificarli, finiscono per incidere negativamente sui diritti individuali del singolo condomino, per cui devono ricevere stesso trattamento sostanziale. Si tratta, in realtà, di giurisprudenza più risalente nel tempo (tra esse, si menziona, Cass. 15 ottobre 2004 n. 20318, Cass 12 ottobre 200 n. 13592, Cass 27 marzo 1998 n. 3251).
2) La seconda questione ha, invece, una valenza tipicamente processuale. Riguarda la sede della opposizione a decreto ingiuntivo. In particolare, essa disputa concerne la possibilità di far valere (o meglio di consentire, o meno, il rilievo d'ufficio), nell'ambito di tale procedimento, le censure alla delibere assembleari, in ragione delle quali sono stati emessi i decreti ingiuntivi a norma dell'articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile.
Naturalmente, i riflettori sono qui puntanti all'ipotesi in cui il vizio emarginato riguardi uno sussumibile nel novero di quelli segnati dalla “nullità” (giacché per l'esercizio dell'azione di annullabilità, il problema non si pone, in quanto il termine di decadenza è prefissato normativamente – cfr art. 1137 codice civile - in trenta gironi da quella data posta, secodno i casi specifici, come utile al riguardo).
3) La terza questione, infine, è anche più sofisticata e concerne il “rapporto” tra i giudizi di opposizione e di impugnazione delle delibere assembleare (che fungono da presupposto ai provvedimenti monitori di che trattasi) in ordine alla portata dei rispettivi “giudicati”. Anche qui, si alternano orientamenti contrapposti. Il tema, in tal caso, è quello di scongiurare il contrasto tra “giudicati”, semmai si elevasse come totem assoluto il principio della negazione della pregiudizialità (art. 295 c.p.c.) tra i due strumenti processuali.
La rimessione della specifica questione alle Sezioni Unite è motivata, in tal caso, dalla necessità di ponderare tra le (i) esigenze di rapidità e di incisività della riscossione coattiva dei contributi condominiali, perseguiti dall'articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile, e quelle (ii) di economia processuale e di non contraddittorietà delle pronunce.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©