Condominio

Appropriazione indebita, la prescrizione parte da fine mandato

di Giulio Benedetti

Il reato di appropriazione indebita si “compie” al momento del passaggio di consegne tra vecchio e nuovo amministratore: lo afferma la Cassazione (sentenza 39702/2019) . La precisazione è importantissima perché questo reato si prescrive, per l’articolo 157 del Codice penale, in sette anni e mezzo, un periodo assai breve data la durata dei processi penali, per cui spesso si arriva al giudizio di legittimità con la prescrizione già maturata e , pertanto, con l’estinzione del reato anche se già accertato nei precedenti gradi di giudizio.

In tale contesto appare essenziale accertare quando si realizza il reato di appropriazione indebita condominiale: dal momento della interversione del possesso, con la destinazione delle somme condominiali ai bisogni privati dell’amministratore, oppure al momento del passaggio delle consegne con la nomina del nuovo amministratore? La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore condominiale contro la sentenza che lo aveva condannato per il reato di appropriazione indebita e di truffa (entrambi aggravati).

Il ricorrente sosteneva che per i due reati la querela presentata era stata tardivamente presentata e che, comunque, entrambi erano prescritti. Ma la Corte di Cassazione affermava che il delitto di appropriazione indebita è un reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, cioè nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà di ritenere la cosa come propria. la Cassazione ha quindi ritenuto consumato il delitto di appropriazione indebita sulle somme relative al condominio, introitate a seguito di rendiconti da parte di colui che ne era stato amministratore, alla cessazione della carica, momento in cui, in mancanza della restituzione dell’importo delle somme ricevute nel corso della gestione, si verifica con certezza l’interversione del possesso.

In precedenza la Corte di cassazione (sentenza 40870/2017) affermava che l’amministratore condominiale riveste nei confronti del condominio il ruolo di mandatario e quindi (articolo 1713 del Codice civile), al termine del contratto, deve rendere il conto della sua amministrazione e deve consegnare al mandante tutto ciò che ha ricevuto nel corso della sua gestione e ha anche l’incarico di recuperare le somme dovute dai condòmini morosi e riguardanti anche la precedente gestione.

È del tutto illogico ritenere che l’amministratore, a fine mandato, debba restituire solo quanto riguarda la gestione dell’anno e non tutto ciò che ha ricevuto per conto del condominio, comprese le somme riguardanti le precedenti gestioni. Il reato di appropriazione indebita si realizza allora quando il detentore si rifiuti di restituire quanto ha ricevuto durante il suo mandato, come pure le somme introitate a seguito dei vari rendiconti annuali e tale dispersione può essere accertato solo con la consegna della cassa.

Quindi, per la Cassazione, il delitto si realizza all’atto della cessazione della carica, in quanto solo allora si verifica l’interversione del possesso.

In definitiva l’interpretazione della Corte di cassazione sposta in avanti il termine di decorrenza della prescrizione nel reato di appropriazione indebita, dall’attimo del singolo atto di «disposizione» a fini personali del denaro del condominio a quello posteriore del passaggio di consegne della documentazione e del denaro della cassa al nuovo amministratore condominiale.

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