Condominio

Se un condomino impedisce di riparare il sifone nella sua cantina risarcisce i danni

di Valeria Sibilio


Risarcimento dei danni per non aver permesso al condominio di accedere alla propria cantina. È quanto è emerso dalla sentenza 21242 del 2019, nella quale la Cassazione ha esaminato un caso originato dal ricorso in tribunale di un condominio nei confronti di una coppia di condòmini, ottenendo il permesso di accedere alla cantina di questi ultimi per far eliminare l'intasamento di un sifone, causa di una fuoriuscita di liquami in alcuni degli appartamenti soprastanti, facenti parte dell'edificio condominiale. In precedenza, i condòmini, benché contattati, non si erano resi disponibili ad aprire la porta della cantina né a fornire la relativa chiave. I convenuti, costituendosi in giudizio, spiegavano che l'impossibilità del loro consenso all'accesso era dettato dalla loro assenza in quanto impegnati in questioni personali. Ragioni per le quali chiedevano il rigetto delle domande attoree e la condanna del Condominio al risarcimento del danno che l'intasamento del sifone aveva arrecato alla loro cantina. II Tribunale dichiarava il diritto del Condominio ad accedere alla cantina, compensando tra le parti le somme dovute dai convenuti per i danni subìti dal Condominio e quelle dovute da quest'ultimo a titolo di parziale risarcimento del danno alla suddetta cantina, ponendo a carico dei convenuti le spese di consulenza tecnica e le spese di lite.
In secondo grado, la Corte rigettava l'appello proposto dai condòmini, tenuto conto del loro ostruzionismo e disinteresse comportamentale nel non concedere l'accesso alla cantina, nonostante fosse stata provata l'urgenza che ne giustificava la richiesta. A norma dell'art. 12 del Regolamento di condominio, l'amministratore ha la facoltà di avvalersi dei mezzi in uso per accedere all'appartamento o nei locali chiusi quando, per guasti verificatisi nell'interno dei medesimi, vi sia l'assoluta urgenza e l'inderogabile necessità di evitare senza indugio danni all'edificio ed agli altri condòmini. La Corte, confermando la sentenza di Primo grado, determinava nella misura dei due terzi l'entità della responsabilità degli appellanti, compensando il restante terzo dei danni subìti dagli stessi con quello causato al Condominio in conseguenza della loro condotta oppositiva, pari ad euro 276,00.
I condòmini proponevano ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi, ai quali resisteva, con controricorso, il Condominio. Con il primo motivo, i ricorrenti, censuravano la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d'appello aveva attribuito all'amministratore il pieno potere, una volta accertata la loro assenza. Motivo giudicato inammissibile, in quanto il condominio ha il diritto di provvedere alla riparazione e alla manutenzione dei beni comuni dell'edificio ed ha l'obbligo di farlo per evitare danni alle proprietà esclusive dei condòmini. Nel caso in cui mancasse la collaborazione di questi ultimi, l'amministratore può agire in giudizio, in rappresentanza del condominio. Il giudizio di secondo grado aveva accertato l'esistenza del diritto cautelato, non rinvenendo che il provvedimento cautelare fosse stato eseguito senza la necessaria prudenza. Il ricorrente, perciò, non avrebbe avuto alcun vantaggio concreto dall'accoglimento della domanda né in termini di esonero dal pagamento delle relative spese, né al risarcimento dei danni.
Nel secondo motivo, i ricorrenti ritenevano che la Corte avesse errato nel ritenere che la disposizione condominiale non poteva esimere il singolo condòmino dal consentire l'ingresso da parte dell'amministratore, affermando, inoltre, che essi avevano avuto un comportamento di disinteresse e di ostruzionismo, trasformando, in modoillogico, l'assenza dei convenuti da casa in un vero e proprio diniego all'accesso. Motivo anch'esso giudicato infondato. Se non si contesta l'inesistenza, nei del requisito motivazionale del provvedimento giurisdizionale, il vizio di motivazione può essere dedotto soltanto in caso di omesso esame di un “fatto storico” controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia “decisivo” ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare la decisione adottata sulla base di elementi ritenuti dal giudice di merito determinanti. Risulta, quindi, inammissibile la deduzione del vizio per sostenere semplicemente il mancato esame di documenti da parte del giudice del merito. Il ricorrente non aveva dedotto quali sono stati i fatti storici che la corte d'appello avrebbe omesso di esaminare, limitandosi a sollecitare una inammissibile rivalutazione del materiale istruttorio acquisito nel corso del giudizio.
Con il terzo ed ultimo motivo, il ricorrente, censurava la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello, affermava che gli appellanti erano corresponsabili dei danni riscontrati nella loro cantina. Inoltre, l'art. 1227 c.c. prevede che il risarcimento dei danni dev'essere diminuito solo in caso di concorso del fatto colposo dello stesso danneggiato. Il consulente tecnico d'ufficio aveva stabilito che il pregiudizio fosse quantificabile in euro 700,00 mentre i maggiori costi subiti dal Condominio per il ritardo addebitabile era da computarsi in euro 276,00, per cui gli stessi avrebbero dovuto ricevere, a titolo d'indennizzo, la somma di euro 424,00, pari alla differenza tra euro 700,00 ed euro 276,00. Un motivo, per gli ermellini, infondato in quanto i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del tema del giudizio di secondo grado e non possono riguardare nuove questioni di diritto se postulano indagini ed accertamenti non compiuti dal giudice del merito. Escludendo, inoltre, il diritto dei convenuti al relativo risarcimento.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, liquidate in euro 2.000,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%.

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