Condominio

Il cornicione è un bene condominiale anche se ha un connotato monumentale

di Rosario Dolce

Si ricorderà il tragico episodio, verificatosi a Napoli in data 5 luglio 2014, che ha causato la morte di un giovane colpito da frammenti di cornicione distaccatisi dalla facciata esterna della Galleria della Vittoria prospiciente una via pubblica adiacente. Situazioni che non dovrebbero succedere, ma che, in realtà, a causa dell'incuria a cui è sottoposto il nostro patrimonio immobiliare, purtroppo, sono sempre più frequenti e, in certi casi, destano anche ulteriori profili di criticità giuridica.
In effetti, la vicenda ha avuto anche un complesso strascico giudiziario avanti al Tribunale Amministrativo Regionale Campania, riguardante le competenza a provvedere alla manutenzione dell'importante plesso, appena definita con la sentenza del 23 agosto 2019, n. 4408. Dal provvedimento è possibile trarre principi di rilievo giuridico in ambito condominiale. Ma procediamo con ordine.
Il caso prende spunto dalla impugnazione, da parte del condominio ivi ubicato, dell'ordinanza. 7 del 10 luglio 2014 (prot. n. 931/2014), con la quale il Sindaco di Napoli, ai sensi dell'art. 54, comma 4, del Decreto Legislativo 267/2000, al fine di scongiurare il pericolo per la pubblica e privata incolumità, aveva ordinato ad una società edile l'esecuzione di opere di messa in sicurezza dell'intero complesso denominato con edifici annessi, ponendo a carico dei proprietari interessati, e, quindi, (anche) del condominio.
Ora, secondo il condominio, il Comune di Napoli avrebbe illegittimamente posto a carico dei privati l'onere economico derivante dall'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza dei cornicioni e degli elementi architettonici presenti sull'edificio.
In particolare, il condominio lamentava come un simile onere economico avrebbe dovuto gravare solamente sul Comune, alla luce sia delle prescrizioni contenute nella concessione pubblica - che avrebbe posto a carico della compagine privata la sola manutenzione di elementi decorativi (i quali, per come ivi indicati, sarebbero stati diversi da quelli oggetto dell'ordinanza ) –, che dei titoli di acquisto della proprietà di cui ai singoli condòmini.
Secondo il TAR Campania, tuttavia, il motivo di gravame risulta infondato. Al fine, il giudice amministrativo ha evocato il principio della “ presunzione legale” sulla condominialità dei beni strutturali, stabilita dall'art. 1117 codice civile. Secondo tale norma, sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, “se non risulta il contrario dal titolo”, tra l'altro (comma 1, n. 1), “tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate”.
La facciata di un edificio, dunque, è stata fatta rientrare nella categoria dei muri perimetrali maestri; e, al pari di questi, per la sua destinazione funzionale, è stata valutata come una delle strutture essenziali ai fini dell'esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato e della sua statica. In altri termini, la facciata del palazzo deve essere considerata necessariamente fra le parti oggetto di comunione fra i proprietari delle diverse porzioni del fabbricato e resta destinata indifferenziatamente al servizio dello stesso (si veda, in tal senso, Cassazione civile, sez. II, 30 gennaio 1998, n. 945).
Inoltre - osserva il Collegio - anche gli elementi architettonici e le decorazioni ornamentali ivi presenti, per il pregio artistico, devono essere considerati parte integrante della facciata: la quale, grazie agli stessi, acquista un particolare decoro architettonico.
Infine, il provvedimento ricorda che per vincere la “presunzione di condominialità” si sarebbe dovuta provare l'esclusione del bene dalla comunione producendo un idoneo titolo di acquisto da cui risultasse il diritto di proprietà del Comune di Napoli. Viceversa (ritornando agli atti della causa), i giudici amministrativi rammentano che in nessun punto dell'Instrumento di concessione è però riferito che i cornicioni e, più in generale, le decorazioni sulle facciate esterne sono di proprietà pubblica, né, in seno a tale documento (a quanto pare), è stato deciso di ripartire le competenze tra proprietario e Comune con riguardo all'obbligo di manutenzione.

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