Condominio

È reato depositare rifiuti negli spazi comuni

di Giulio Benedetti

La disciplina dei rifiuti, contenuta nel Dlgs 152/2006, riguarda anche le parti comuni condominiali che spesso vengono utilizzate dai condòmini per realizzare depositi incontrollati e clandestini di rifiuti. La Corte di Cassazione è intervenuta con severità ricordando la vigenza della normativa dei rifiuti nel mondo immobiliare le cui aree pertinenziali non possono essere asservite , dalla fase di raccolta a quella finale, all'illecito smaltimento di rifiuti. L'art. 256 del Dlgs 152/2006 sanziona penalmente chi svolge l'attività di gestione di rifiuti non autorizzata che si esplica nello svolgimento di un'attività di raccolta , trasporto , recupero , smaltimento o di commercio di rifiuti , speciali o pericolosi, in mancanza della prescritta autorizzazione.
La Corte di Cassazione (sentenza 36951/2019) ha stabilito la penale responsabilità di un condòmino , e non dell'amministratore, per il deposito incontrollato di rifiuti all'interno di un'area destinata ad uso comune. In particolare il condòmino depositava 200 copertoni nuovi ed usati , vari pezzi di carrozzerie e di autovetture, una vecchia Fiat 500, due motorini , parti di motori , biciclette, tappettini per auto ed altri oggetti .
Tutto il materiale era stato accumulata in un'area destinata ad uso comune , all'interno di un complesso edilizio realizzato dagli IACP ed era stato sottoposto a sequestro preventivo ed in occasione di un controllo i carabinieri accertavano che i sigilli erano stati rimossi e che mancavano numerosi oggetti.
Il giorno seguente al controllo due condòmine presentavano una nuova denuncia ed una asseriva di essere stata minacciata : i carabinieri si recavano nuovamente nel condomino ed accertavano una seconda violazione dei sigilli (art. 349 c.p.). La Corte di Cassazione rilevava la commissione dei reati da parte del ricorrente , di cui dichiarava inammissibile il ricorso, poiché , pur essendo stato titolare di un negozio di autoricambi , era comunque tenuto a smaltire i rifiuti provenienti da tale attività in modo conforme alla normativa vigente e non poteva accatastare il predetto materiale negli spazi condominiali : inoltre il ricorrente no aveva provato che i pneumatici fossero destinati al reimpiego.
Con la sua condotta l'imputato realizzava il deposito dei materiali occupando arbitrariamente le aree del complesso residenziale dello IACP ed in tal modo espropriava il legittimo proprietario di una porzione rilevante dell'area , destinandola ad uso suo personale ed esclusivo, in modo da impedire agli altri condòmini il legittimo uso di tale parte comune , ai sensi dell'art. 1117 c.c.. La condotta complessiva dell'imputato non poteva definirsi di tenue entità , ai sensi dell'art. 131 bis c.p., perché i reati in continuazione sono stati realizzati in circostanze temporali differenti e a danno di diverse persone offese e presentavano una tale eterogeneità , sotto il profilo dell'interesse protetto, da escludere che fossero il frutto di una singola e circoscritta determinazione criminosa.
Infine la Corte di Cassazione condivideva la sentenza di appello in cui il giudice non concedeva all'imputato le attenuanti generiche per la gravità della condotta , per l'entità dei rifiuti accatastati e la reiterazione della violazione dei sigilli. Pertanto la Corte confermava il contenuto della sentenza di appello che ravvisava , nei confronti del ricorrente, anche la sussistenza dei reati di minaccia alla condòmina (art. 612 c.p.) , e di invasione e di danneggiamento della parte comune del condominio (artt. 633 e 635 c.p.).

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