Condominio

Il regolamento contrattuale trascritto vale anche se non è noto al neo proprietario

di Augusto Cirla

Le clausole contenute nel regolamento di condominio sono vincolanti per gli acquirenti delle singole unità qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell'atto di acquisto si sia fatto esplicito richiamo al regolamento stesso che, seppure non allegato materialmente, deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto. Gli obblighi regolamentari trovano la loro fonte nella specifica accettazione degli stessi mediante adesione all'originario contratto.
La trascrizione del regolamento rende opponibili ai terzi acquirenti anche le clausole limitative della proprietà, soprattutto a coloro che le hanno espressamente pattuite, dichiarando nel contratto di compravendita di ben conoscerne l'avvenuta trascrizione e di accettarlo.
Il principio è stato confermato dal Tribunale di Catania con sentenza n. 454 pubblicata in data 31.01.2019 a conclusione di un giudizio che aveva visto un condomino opporsi, impugnandola, alla delibera con cui l'assemblea del Condominio, lamentandosi dei rumori che provenivano dall'attività di palestra da lui svolta nei locali di sua proprietà, avevano deciso di inibirgli tale uso anche perché contrario ai precisi limiti in tal senso contenuti nel regolamento condominiale di natura contrattuale, con particolare ed assorbente riferimento al divieto riguardante l'uso dei locali di proprietà dei condomini diverso da quello abitativo. A ciò si aggiungeva comunque il rilievo che il regolamento vietava in modo assoluto lo svolgimento negli appartamenti di attività comportati afflusso di persone esterne al Condominio, nonché di qualsivoglia uso in grado di turbare le tranquillità dei condomini ed il pacifico uso dei loro appartamenti, ivi compreso quello di adibire i locali a sede di associazioni.
Le censure mosse dall'attore si fondavano su due precisi presupposti, l'uno, che l'attività svolta nei propri locali , in quanto questi muniti di autonomo ingresso rispetto a quello comune riservato ai condomini , non poteva arrecare alcun disturbo: nemmeno era certo, peraltro, che la sua proprietà facesse parte del compendio condominale convenuto; l'altro, invece ed in ogni caso, sull'inopponibilità a lui, quale nuovo acquirente dell'unità immobiliare, dei divieti contenuti in un regolamento che neppure conosceva perché redatto unilateralmente dal costruttore e che nemmeno era stato richiamato nel proprio atto di compravendita.
La delibera assunta dal Condominio andava dunque ad incidere su diritti assoluti di proprietà costituzionalmente tutelati e se ne doveva pertanto dichiarare la nullità.
Da ultimo faceva rilevare che, precedentemente all'acquisto e per parecchi anni, gli stessi locali erano stati da lui condotti in locazione sempre facendone uso come palestra, circostanza dunque ben conosciuta dai condomini e da loro mai contestata.
Si costituiva in giudizio il Condominio contestando integralmente le domande ex adverso formulate e chiedendone il rigetto, così come pure facevano alcuni condomini anch'essi convenuti in giudizio, oltre che eccepire la loro carenza di legittimazione passiva.
A seguito della svolta attività istruttoria ed a conclusione anche della CTU disposta dal Giudice per accertare la reale collocazione dei locali dell'attore e la loro appartenenza al condominio convenuto ( pacificamente poi confermata), le domande attoree sono state totalmente disattese, non già, per il vero, per la sussistenza o meno della presunta rumorosità dell'attività della palestra perché ritenuta irrilevante ai fin del decidere, bensì sulla contrarietà della stessa ai divieti previsti dal Regolamento.
E' emerso infatti, nonostante le dichiarazioni contrarie rese dall'attore, che nel suo atto di acquisto, era stata ben evidenziata non solo la di lui approvazione ed accettazione del regolamento condominiale, ma anche la presa d'atto da parte sua che lo stesso fosse stato regolarmente trascritto, peraltro a cura dello stesso notaio suo rogante e con nota che gli era stata pure mostrata.
Richiamando il già consacrato principio giurisprudenziale di legittimità, secondo cui il regolamento redatto dall'originario costruttore trascritto nei registri immobiliare assume carattere convenzionale e vincola i successivi acquirenti nell'uso e nel godimento dei beni comuni e per i limiti restrittivi posti sulle loro proprietà esclusive ( Cass. n.21632/2017), il Giudice catanese ha concluso che l'attività di palestra svolta dall'attore non solo era in palese contrasto con l'unico uso dei locali come abitazione consentito dal regolamento, ma anche che comportava anche un indiscriminato ingresso in condominio di persone estranee in grado di turbare, come tale, la tranquillità dei condomini ed il pacifico godimento delle loro unità immobiliari.
La sentenza in esame, peraltro di contenuto lineare ma sufficientemente fragile nell'esposizione, offre lo spunto per ricordare alcuni insegnamenti forniti dai giudici supremi in tema di operatività dei limiti posti dal regolamento al'uso delle proprietà esclusive, in primo luogo il fatto che solo il regolamento di natura contrattuale può imporre limitazioni alla sfera di proprietà dei singoli condomini, non potendo invece la compagine assembleare deliberare in tal senso, a meno di una specifica ed espressa accettazione da parte di tutti i partecipanti al condominio e non dei soli intervenuti in assemblea.
Simili limitazioni incidono invero non già sull´estensione ma sull´esercizio del diritto di ciascun condomino, talché rientrano nella categoria delle servitù atipiche e non delle obbligazioni propter rem. L'opponibilità ai terzi acquirenti di tali limiti va regolata pertanto secondo le norme proprie della servitù e quindi avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, indicando nella nota di trascrizione, ai sensi degli artt. 2659, primo comma, n. 2, e 2665 c.c., le specifiche clausole limitative, non essendo invece sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale ( Cass. n.6769/2018).
Il richiamo assume rilievo se operato con riferimento ad un determinato regolamento già esistente al momento del singolo atto di acquisto, così da potersi escludere l'operatività dell'obbligo assunto dall'acquirente, nel contratto di compravendita del singolo appartamento, di rispettare un qualsiasi regolamento di condominio da predisporsi in futuro a cura del costruttore (Cass.n. 5657/2015).
Peraltro, le pattuizioni del regolamento che comportano restrizioni delle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva dei singoli condomini oppure relative alle parti condominiali dell'edificio, devono essere espressamente enunciate, in quanto, come si è detto, il diritto del condomino di usare, di godere e di disporre di tali beni può essere convenzionalmente limitato soltanto in virtù di negozi che pongano in essere servitù reciproche. I limiti al diritto dei condomini di usare, godere o disporre dei beni condominiali, come delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, devono, sotto pena di invalidità delle relative clausole, essere individuati ed indicati in modo preciso, evitando formulazioni del tutto generiche e foriere di interpretazioni diverse (Cass. n.322/2019 ).
In tal senso, il regolamento condominiale di origine contrattuale, nell'imporre limiti e divieti anche mediante elencazione di attività vietate o con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare, deve utilizzare espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo a incertezze, proprio in considerazione dell'incidenza di dette limitazioni sul diritto dei singoli condomini, avendo riguardo, più che alla clausola in sé, alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire, così consentendo di apprezzare se la compromissione delle facoltà inerenti allo statuto corrisponda ad un interesse meritevole di tutela
Così ha operato il Tribunale di Catania con la sentenza in esame, laddove ha confermato la piena legittimità della delibera impugnata sul presupposto che l'attività di palestra svolta dall'attore violava il regolamento non solo nella parte in cui si vietava ogni uso diverso da quello abitativo, ma anche perché essa comportava indiscutibilmente un afflusso di persone negli spazi comuni condominiali e dunque comportava pregiudizio per la tranquillità degli altri condomini.

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