Distacco dal riscaldamento, le nuove regole non hanno effetto retroattivo
Ai sensi dell'art. 1119, comma 4, del Codice civile, è consentito al condomino il diritto di rinunciare all'utilizzo dell'impianto di riscaldamento comune, con il conseguente esonero dalle relative spese di esercizio, contribuendo esclusivamente a quelle per la sua manutenzione straordinaria, conservazione e messa a norma. In tal caso, è onere del rinunziante dimostrare che il distacco del proprio impianto dall'impianto centralizzato non causi squilibri termici, pregiudicandone il regolare funzionamento, sempre che tale modificazione non comporti degli aggravi di spese per coloro che continuano a fruirne.
Tale disciplina è stata innovata dal Dlgs 102/2014, entrato in vigore dal 30.12.2016, e in particolare dalla norma “UNI 10200” che hanno modificato i criteri di ripartizione delle spese di riscaldamento suddividendoli in “consumi volontari” e “consumi involontari”: pertanto il condomino distaccatosi dall'impianto di riscaldamento comune dovrà comunque pagare le spese involontarie secondo le nuove tabelle millesimali.
Tuttavia, ai sensi dell'art. 11 delle preleggi «la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo» e, di conseguenza, il condomino distaccatosi nel rispetto del dettato del codice civile non sarà tenuto al pagamento delle spese “involontarie” di esercizio.
Altresì la Suprema Corte, per il caso il cui tali spese dovessero venir addebitate da una clausola del regolamento di condominio, ha stabilito che: «In tema di condominio negli edifici, è nulla la clausola del regolamento che, in ipotesi di legittimo distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato - perché operato senza pregiudicarne il funzionamento - ponga, a carico del condomino distaccatosi, l'obbligo di contribuzione alle spese per il relativo uso in aggiunta a quelle, comunque dovute, per la sua conservazione, in quanto il regolamento costituisce un contratto atipico, meritevole di tutela solo in presenza di un interesse generale dell'ordinamento, mentre una clausola siffatta, oltre a vanificare il principale ed auspicato beneficio che il condomino mira a perseguire distaccandosi dall'impianto comune, si pone in contrasto con l'intento del legislatore di correlare il pagamento delle spese di riscaldamento all'effettivo consumo» (Cass. Civ., Sez. II, n. 11970 del 12.05.2017) .