Condominio

Le prestazioni dei condòmini non possono essere pagate con l’esenzione dalle spese

di Matteo Rezzonico (presidente Confappi)

In condominio le spese si ripartiscono in base alle tabelle millesimali a norma dell'articolo 1123 del Codice Civile, salva diversa “convenzione” (cioè pattuizione negoziale), contenuta nel regolamento condominiale contrattuale o negli atti di acquisto. In particolare, l'articolo 1123, comma 1, del Codice civile prevede che le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, sono sostenute dai condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno. E quindi l'assemblea non può stabilire che taluni condòmini partecipino in misura minore o siano addirittura esentati da alcune spese, come compenso, perché svolgono delle prestazioni in favore della collettività condominiale. In disparte questioni di natura fiscale/contributiva, assicurativa e previdenziale (non affrontate dalla sentenza in commento), la delibera sarebbe nulla, cioè impugnabile in qualunque tempo.
Questo, in estrema sintesi, il contenuto della sentenza del Tribunale di Milano, numero 3565 del 9 aprile 2019 – avente ad oggetto l'impugnazione di più delibere assembleari, per frode fiscale, assicurativa e previdenziale, nonché per violazione dei criteri legali di ripartizione delle spese – che ha affrontato una problematica che può talvolta presentarsi in condominio, (anche a causa della persistente crisi economica). Ci si riferisce al caso in cui alcuni condòmini - che svolgono determinati lavori (nella specie portare all'esterno i rifiuti, mantenere puliti scale, cancelli e le pulsantiere citofoniche etc.) - vengano esentati da altre spese (nella specie quelle per la manutenzione del giardino). In proposito – ricorda il Tribunale di Milano – per la modifica dei criteri legali di ripartizione delle spese previsti dal Codice civile, è necessaria l'unanimità dei partecipanti al condominio (cosiddetti “mille/millesimi”). Nel caso in esame, le delibere impugnate avevano approvato consuntivi e preventivi e relativi riparti, portando in detrazione le spese relative al giardinaggio, in favore dei condòmini che gestivano la pulizia delle scale, dei cancelli e della pulsantiera citofonica, nonché la tenuta dei cassonetti dei rifiuti dentro e fuori il condominio (per la raccolta differenziata).
A nulla rileva – spiega il Tribunale di Milano - che rientri tra le attribuzioni dell'assemblea, previste dall'articolo 1135 del Codice Civile, quella di approvare il consuntivo e il preventivo e di decidere sulla ripartizione delle spese.
I poteri dell'assemblea non consentono comunque di derogare ai criteri di ripartizione delle spese previsti dal Codice civile o dal Regolamento contrattuale di condominio (se esistente). Tanto più che deve ritenersi nulla e, dunque, sottratta al termine decadenziale di trenta giorni stabilito dall'articolo 1137 del Codice civile, la delibera assembleare che ripartisca le spese, in deroga all'articolo 1123, comma 1, del Codice civile, esentando alcuni condòmini dalla partecipazione a talune spese.
Si legge, in proposito nella sentenza 3565/2019: “seppure l'assemblea non ha esulato dalle sue attribuzioni operando il riparto delle spese suddette, però lo ha effettuato in violazione dei criteri previsti dall'articolo 1123 c.c., con previsione di esenzioni per le spese relative al servizio di giardinaggio a favore di alcuni condòmini e corrispondente accollo delle stesse a carico di altri. Ciò senza il necessario consenso unanime di tutti i condòmini presenti in condominio”.
La pronuncia del Tribunale di Milano 3565 offre lo spunto per ricordare il l'orientamento giurisprudenziale per il quale - innovandosi rispetto alla precedente giurisprudenza, (secondo cui “è da considerarsi annullabile la decisione con cui l'assemblea si limiti ad approvare la spesa in difformità da quanto previsto dall'articolo 1123 del Codice Civile”, per tutte, Cassazione 6714/2010) – devono ritenersi «nulle per impossibilità dell'oggetto, e non meramente annullabili, e perciò impugnabili indipendentemente dall'osservanza del termine perentorio di 30 giorni ex articolo 1137 del Codice Civile, comma 2, tutte le deliberazioni dell'assemblea adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, e quindi in eccesso rispetto alle attribuzioni dell'organo collegiale, seppur limitate alla suddivisione di un determinato affare o di una specifica gestione, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condòmini fissata per legge o per contratto, ed occorrendo, piuttosto, a tal fine, un accordo unanime espressione dell'autonomia negoziale» (cfr. Cassazione 10 gennaio 2019, numero 470).
Tornando alla sentenza milanese 3565/2019, il Tribunale ha ritenuto assorbiti i pur fondati ulteriori motivi di impugnazione: violazione dell'articolo 1130 bis del Codice Civile, in relazione alla redazione del rendiconto privo del registro di contabilità, del riepilogo finanziario e della nota sintetica esplicativa; illegittimità dell'accollo di spese personali; etc.
Presidente FNA - Federamministratori

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