L'esperto rispondeCondominio

L’allungamento della terrazza aggettante

di Raffaele Cusmai - Condominio24

La domanda

In un condominio la società costruttrice, che detiene la maggioranza dei millesimi, ha allungato di circa un metro la terrazza aggettante di un'unità di sua proprietà senza notificarne l'amministratore e chiedere il permesso all'assemblea. I committenti hanno espletato tutte le formalità burocratiche con il Comune e, alla domanda dello stesso se ci fosse l'approvazione da parte del condominio, hanno risposto che non era necessaria avendo loro la maggioranza dei millesimi; ignorando, quindi, che è necessaria la doppia maggioranza di teste e millesimi. Gli altri condomini vorrebbero far ripristinare lo “status quo ante”. È loro diritto? Quali sono le loro opzioni? La società costruttrice ha titolo ad agire come ha fatto?

In materia di opere effettuate dai condomini su parti di loro proprietà o di uso, qualora il Regolamento condominiale non disponga diversamente, l'art. 1122 c.c. pone in capo a questi ultimi il divieto di effettuarle, qualora questa possano recare “danno alle parti comuni ovvero” determinare “pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio”, stabilendo altresì l'obbligo di darne informazione all'amministratore, il quale poi riferirà in assemblea.
La giurisprudenza ha ritenuto altresì che, il concetto di danno, in cui si identifica il limite alla facoltà di ogni condomino di eseguire opere sul proprio piano (o porzione di piano di sua proprietà), non va limitato esclusivamente al danno materiale, inteso come modificazione della conformazione esterna o della intrinseca natura della cosa comune, ma esteso anche al danno conseguente alle opere che elidono o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili dalla cosa comune, anche se di ordine edonistico od estetico (C. Cass., Sent. n. 1947/1989).
In tal senso, la norma in questione non vieta in maniera assoluta di eseguire opere di mutare la semplice destinazione della proprietà esclusiva ad un uso piuttosto che ad un altro, ma, qualora si arrechi un danno, in tal caso il giudice può inibire la nuova destinazione, ordinando la rimozione delle opere pregiudizievoli, qualora sia stata ritualmente proposta la domanda in tal senso.
Ancora, le norme di un regolamento di condominio possono derogare o integrare la disciplina legale, consentendo legittimamente una definizione più decorosa al decoro architettonico, “estendendo il divieto di innovazioni sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica, all'aspetto generale dell'edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva” (Cass. Civ., Sez. II, Sent. n. 1748 del 24.01.2013).
In ogni caso, dunque, all'assemblea secondo la normativa vigente, non è consentito di esercitare un pieno potere discrezionale sulla legittimità o meno delle opere, vietando o fornendo il consenso ad un'innovazione lecita. È comunque data facoltà all'assemblea di discutere e decidere se richiedere e procedere con un'istruttoria tecnica per le opere in progetto.

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