Condominio

L’amministratore riceve dall’assemblea un «mandato con rappresentanza»

di Selene Pascasi

Tra amministratore e condòmini vigono le norme sul mandato. Del resto, essendo il condominio un ente di gestione privo di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, l'amministratore configura un ufficio di diritto privato assimilabile, nonostante alcuni tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione e al contenuto sociale della gestione, al mandato con rappresentanza. Lo puntualizza la Corte di appello di Napoli con sentenza n. 1702 del 26 marzo 2019 (relatore dott.ssa Martorana).
La lite si apre su istanza proposta da una signora che – reclamato il diritto ad estrarre copia del DURC rilasciato all'amministratore dalla ditta incaricata di eseguirle lavori a casa – chiede di accertarne la responsabilità da inadempimento contrattuale per aver omesso di verificarne previamente l'idoneità tecnico professionale. Collegata la richiesta di condanna dell'amministratore alla pronta esecuzione dei lavori di ristrutturazione previa sottoscrizione del contratto di appalto con società munita dei requisiti previsti dalla legge.
Pretesa bocciata dal Tribunale, per mancata prova dei fatti (non risultava negata la documentazione richiesta, anzi messa a disposizione) e riproposta in appello: il condominio, marca la proprietaria, aveva implicitamente ammesso l'inesistenza del DURC eccependo che i lavori non necessitavano la verifica dei requisiti dell'esecutrice e, comunque, non aveva depositato alcun carteggio.
Era evidente, peraltro, la responsabilità dell'amministratore laddove – incaricato dall'assemblea di stipulare il contratto d'appalto – aveva palesemente violato il mandato mancando di appurare la regolarità dell'impresa individuata. Appello inammissibile.
La condomina, premette la Corte, ha invocato un difetto di diligenza nell'adempimento del vincolo che lega l'amministratore ai partecipanti. Tuttavia, fin dalle prime battute, l'amministratore non era stato citato in proprio ma come rappresentante della collettività condominiale tanto da provocare il coinvolgimento del condominio.
A rafforzare tale impostazione, anche la notifica dell'impugnazione, effettuata ai legali del condominio e non all'amministratore di cui si denunciava l'inadempimento. Ma non si può dimenticare che il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti (Cassazione civile, sentenza n. 8173 del 23 maggio 2012) e che il suo amministratore configura «un ufficio di diritto privato, che è assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione ed al contenuto sociale della gestione, al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato».
E allora il condominio appellato, a prescindere dall'eventuale fondatezza della domanda, non aveva legittimazione passiva. Dato dirimente considerato che, mentre il difetto di legittimazione (rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo salvo il limite del giudicato) sussiste qualora il convenuto non sia il soggetto nei cui confronti può esercitarsi l'azione – e attiene quindi alla regolarità formale del contraddittorio – la titolarità del rapporto giuridico discusso riguarda il merito della controversia.
Nella vicenda, pertanto, vertente sull'inadempimento dell'incarico, legittimato a difendersi e contraddire era solo l'amministratore e non il condominio, il quale non è neppure tenuto ad autorizzare o ratificare la resistenza in causa dell'amministratore (Tribunale di Milano, sentenza 27 novembre 2013). Inevitabile, dunque, la decisione della Corte d'appello di Napoli di sancire l'inammissibilità delle richieste formulate dalla donna che, più correttamente, avrebbe dovuto rivolgerle all'amministratore in persona e non in qualità di rappresentante della collettività condominiale.

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