Condominio

Per bloccare l’edificabilità del terreno confinante occorre dimostrare il danno

di Luana Tagliolini

L'interesse a ricorrere contro un provvedimento dell'Amministrazione sorge in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tende ad ottenere un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere quella lesione (Consiglio di Stato, sentenza n. 4233/2019).
Tale principio è stato applicato al caso di una confinante che, con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale, chiedeva l'annullamento degli atti amministrativi (e il risarcimento del danno consequenziale) con i quali il Comune aveva inserito un terreno, ad essa adiacente, nell'area avente possibilità edificatorie e ne segnalava genericamente “gravissimi pregiudizi.
Il tribunale accoglieva il secondo motivo del ricorso sostenendo che «i contenuti del diritto del proprietario hanno anche una dimensione soggettiva viste soprattutto le caratteristiche della proprietà immobiliare: il possesso di un'area può avere per il proprietario scopi diversi, tra i quali possono risiedere pacificamente e maggiormente in una realtà cittadina o comunque urbanizzata anche i fini di godere di una zona verde per finalità salutari o ricreative e quindi l'interesse allo sfruttamento meramente economico della proprietà fondiaria non può ritenersi assoluto».
Avverso a tal pronuncia ha interposto appello innanzi al Consiglio di Stato, il Comune il quale lamentava l'inammissibilità del ricorso di primo grado per la carenza di interesse della ricorrente.
Quest'ultima si limitava a dichiarare un “gravissimo pregiudizio” senza specificare in cosa esso fosse consistito a fronte di una variazione della disciplina urbanistica che incrementava le possibilità edificatorie e anche il valore economico dell'area.
Per cui se è vero che la appellata avrebbe potuto avere un interesse contrario alla edificazione è vero anche che non aveva prospettato un interesse specifico.
Come ha avuto modo di evidenziare il Consiglio di Stato «il diritto al ricorso nel processo amministrativo sorge in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tende a un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere quella lesione. Le condizioni soggettive per agire in giudizio sono la legittimazione processuale, cosiddetta legittimazione ad agire, e l'interesse a ricorrere».
Quest'ultimo sussiste quando vi è una lesione della posizione giuridica del soggetto e quando sia individuabile un'utilità della quale esso fruirebbe per effetto della rimozione del provvedimento e non sussistano elementi per affermare che l'azione si consistita in un abuso della tutela giurisdizionale.
Condizioni che l'appellata non aveva dimostrato. La stessa legittimazione al ricorso veniva in dubbio perché l'appellata non la poteva far derivare dal fatto che risiedeva nelle immediate vicinanze dell'area “urbanizzata” perché in ogni caso doveva pur sempre fornire la prova concreta della violazione specifica inferta dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica, quali il deprezzamento del valore del bene o la concreta compromissione del diritto alla salute e all'ambiente.
Se è pur vero che la vicinanza al fondo gli attribuisce una posizione giuridica qualificata per essere legittimato ad agire è necessario tuttavia che chi agisce provi in concreto il pregiudizio concreto patito e patendo (sia esso di carattere patrimoniale o di deterioramento delle condizioni di vita o di peggioramento dei caratteri urbanistici che connotano l'area) a cagione dell'intervento edificatorio.
Chiarimenti e prove non fornite: il Consiglio di Stato accoglieva quindi il ricorso.

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