Condominio

Affitto, se non si rispetta la clausola sull’uso dell’immobile il contratto è risolto

di Valeria Sibilio

Quando in un contratto di locazione, il locatore ed il conduttore convergono su una clausola che esprime l'obbligo di rispettare la destinazione dell'immobile locato, l'inosservanza di tale obbligo è idonea ai fini della risoluzione del contratto stesso. Lo ha dimostrato la sentenza 8657 del 2019, nella quale il Tribunale Ordinario di Roma ha esaminato un caso originato dal ricorso di una Fondazione nei confronti del proprio conduttore al fine di veder accertare e dichiarare la risoluzione del contratto di locazione tra le parti per inadempimenti consistenti in un mutamento non autorizzato della destinazione d'uso dell'immobile ed alla realizzazione, anch'essa non autorizzata, di manufatti, esponendo che il conduttore, al quale aveva concesso l'immobile come deposito per materiali ecologicamente compatibili con l'ambiente, aveva destinato l'area locata a deposito auto.
Un motivo di per sé sufficiente per la risoluzione del contratto come previsto nelle clausole risolutive convenute, ex art. 1456 c.c., presenti nel documento negoziale. Il conduttore eccepiva l'inammissibilità della domanda di risoluzione contrattuale. Le opere realizzate erano caratterizzate dalla precarietà ed il manufatto di mq. 38 era stato condonato, oltre all'assenza dei requisiti per l'applicabilità della clausola ex art. 1456 c.c..
Il Tribunale, accoglievano la domanda del locatore, in quanto, in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale deve provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo della pretesa altrui, costituito dall'avvenuto adempimento. La ricorrente aveva evaso l'onere probatorio che le incombeva, producendo in atti il contratto intercorso con la parte convenuta, il 1° ottobre 1999, che risultava registrato.
Tale documento dimostrava, da un lato l'uso esclusivo di deposito materiali ecologicamente compatibili con l'ambiente e il divieto di qualsiasi tipo di costruzione o di edificazione sul terreno concesso in locazione e qualsiasi altro lavoro che muti lo stato dei luoghi, obbligazioni che la ricorrente aveva ritenuto violate dal conduttore, e, dall'altro, la stipulazione di una clausola risolutiva, agli effetti dell'art. 1456 c.c. per il caso di omessa ottemperanza agli obblighi in questione. Una clausola di cui il locatore aveva dichiarato di volersi avvalere. Inoltre, le due parti convenivano che l'eventuale inosservanza dell'obbligo di rispettare la destinazione, avrebbe comportato la risoluzione di diritto del contratto. Assolti dalla parte ricorrente, gli oneri di prova che le spettavano, il resistente aveva sollevato eccezioni non meritevoli di accoglimento, da parte del Tribunale.
Il conduttore aveva sostenuto che gli interventi operati consistevano, in realtà, in semplici adattamenti connessi con lo svolgimento dell'attività per cui l'immobile veniva locato, e facilmente eliminabili, mentre per quel che concerneva il manufatto di 38 mq., questo veniva regolarmente condonato. Due ragioni non condivise dal Tribunale.
Nel documento contrattuale risultava che il conduttore era autorizzato ad eseguire sul terreno lavori di adattamento, ma solo con l'autorizzazione delle autorità competenti e con il benestare della locatrice, con assoluto divieto di eseguire lavori che mutino lo stato dei luoghi. Condizioni che il conduttore non aveva rispettato, rendendo inutile anche il fatto che avesse dichiarato di aver presentato istanza di condono limitatamente al manufatto di mq. 38, dal momento che si controverteva su violazioni di obbligazioni assunte con contratto di locazione e che, comunque, la documentazione depositata non attestava il rilascio di concessione in sanatoria per il manufatto.
Inoltre, non era stato dimostrato che la parte locatrice avesse piena consapevolezza del fatto che il conduttore esercitasse l'attività di autotrasporto per conto terzi. In caso di abuso nel godimento della cosa locata, spetta al giudice di merito apprezzare l'importanza dell'inadempimento ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, avuto riguardo, più che alla entità obiettiva dell'inadempimento, alla sua rilevanza in rapporto all'interesse del locatore alla conservazione dell'immobile nello stato originario, che si sia o meno manifestato attraverso una clausola diretta a vietare qualsiasi modifica, anche migliorativa, senza il consenso dello stesso locatore.
L'art. 1587, n. 1, c.c., nel sancire l'obbligo del conduttore di servirsi della cosa locata per l'uso determinato in contratto, implica che il diritto di godimento non è illimitato, ma va esercitato entro l'ambito delle singole e specifiche facoltà che risultano in modo espresso dalle condizioni pattizie o che, comunque, si desumono, anche in modo indiretto, dalle circostanze esistenti al momento della stipula della convenzione contrattuale.
Il Tribunale di Roma ha, perciò, accolto la domanda del locatore e condannato il conduttore a rilasciare, in favore della parte attrice, l'immobile ed a rifondere, in favore della parte ricorrente, le spese della lite, liquidate in euro 355,70 per esborsi, euro 2.425,00 per compensi professionali e di euro 237,00 in favore dell'entrata del bilancio dello Stato.

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