Condominio

Quando la legge non distingue i ruoli tra amministratore e condòmini

di Rosario Dolce

Il legislatore è nuovamente intervenuto in tema di amministrazione delle parti comuni negli edifici condominiali.
Questa volta ha introdotto una nuova norma, la quale ha previsto la facoltà per i Sindaci di chiedere all'Autorità giudiziaria la nomina di un amministratore a norma dell'articolo 1105 codice civile (art. 5 sexies delle Dl 18 aprile 2019, n. 32, Sblocca Cantieri).
Unica condizione posta è quella che il fabbricato verta in condizioni fatiscenti, ovvero sussista un pericolo di rovina. Un altro precedente intervento, pochi mesi fa, aveva disposto il riconoscimento all'amministratore della facoltà di ricorrere alla fattispecie di cui all'ultimo comma dell'articolo 1135 codice civile (opere urgenti con ratifica assembleare successiva) da parte dell'amministratore per la realizzazione dei lavori di cui alla banda ultra-larga, volte a portare la rete sino alla sede dell'abbonato/condòmino (legge di conversione del D 135/2018, entrata in vigore lo scorso 7 febbraio, che introduce l'articolo 8-bis in seno al Decreto Legislativo 15 febbraio 2016, n. 33 - G.U. n. 57 del 9 marzo 2016).
Entrambi gli interventi hanno destato, tra gli addetti ai lavori, più che un dubbio: non solo sulla relativa portata e sulla legittimità, ma anche sulla stessa fattibilità operativa. Proviamo, allora, ad offrire, in questa sede, alcuni punti di vista sui profili attuativi, senza alcun ambizioso intento di essere esaustivi.
Quanto al primo caso, si dibatte sull'utilità della norma, nella misura in cui il Sindaco, al fine di ovviare a situazioni di pericolo, quali quelle in disamina, dispone del potere di emettere ordinanze contingibili e urgenti nei confronti dei soggetti legittimati a risponderne.
L'«Ordinanza contingibile ed urgente» di cui all’art. 54, comma 4, Dlgs 267/2000 può essere adottata, quando il pericolo per la pubblica incolumità non è imminente, ma consiste in una ragionevole probabilità che possa verificarsi, se non si interviene prontamente, anche se tale situazione di pericolo dura da molto tempo e potrebbe protrarsi per un lungo periodo senza alcun crollo delle parti pericolanti dell'edificio.
Spetta ai proprietari degli immobili curare la loro manutenzione, per evitare il verificarsi di situazioni di pericolo per la pubblica incolumità e/o per l'igiene pubblica. E, sotto questo aspetto, è chiaro che tali sono i condòmini e non l'amministratore in sé: il quale gestisce, per proprio conto e vece, le parti comuni.
L'utilità della norma varata con il cosiddetto “Sblocca Cantiere” appare, allora, residuale, vale dire applicabile in tutti quei casi in cui un fabbricato sia sprovvisto dell'amministratore, a cui destinare già la notifica del provvedimento cautelare, e i condòmini presenti nel fabbricato siano talmente tanti da rendere complessa la notifica dello stesso atto ai medesimi.
In questi termini, la norma, con i dovuti distinguo, sarebbe un’ulteriore specificazione di quella contenuta nelle disposizioni di attuazione al Codice civile (articolo 65), che dispone il ricorso all'autorità giudiziaria per la nomina di un curatore speciale, ogni qual volta, il condominio negli edifici ne sia sprovvisto.
Non può revocarsi in dubbio, che i poteri di spesa da parte dell'amministratore giudiziale siano sempre relativi, in quanto il medesimo, al fin di avviare l'esecuzione dell'opera in disamina, dovrà, pur sempre, passare dal vaglio assembleare, non fosse altro che per dare luogo alla costituzione del fondo speciale di cui all'articolo 1135 codice civile e al relativo piano di riparto tra i condòmini.
Ma le apparenti incongruenze nella stesura di provvedimenti di tal fatta, da parte del legislatore, non finiscono qui.
Non può passare inosservata la pubblicazione della norma che “facoltizza” l'amministratore a dare luogo ad opere di innovazione avvalendosi del “salva condotto” di cui all'articolo 1135, ultimo comma, Codice civile, in tema di banda “ultra-larga” (“L'amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea”).
Nel qual caso, ciò che sembrerebbe esser stato lasciato fuori dalla dovuta ponderazione, è l'equilibrio postumo dei rapporti negoziali tra le parti: vale a dire tra l'amministratore e i singoli condòmini.
Infatti, può accadere (e, sovente, accade…), che l'amministratore riceva, in sede di ratifica dell'assembleare, una sonante bocciatura per l'opera di manutenzione straordinaria varata in termini di asserita urgenza. Per tali fattispecie - ricorda la giurisprudenza - lo stesso agirebbe nella qualità di falsus procurator, donde alle responsabilità conseguenti l'appalto dell'opera in sè, si aggiunga il pregiudizio patrimoniale che potrà subire nella propria sfera personale (Cassazione, sentenze 17 agosto 2017 n. 20136 e 2 febbraio 2017, n. 2807, le quali arrivano a conclusioni difformi in ordine al piano delle responsabilità dell'amministratore).
Bisogna però ricordare, inoltre, che il legislatore della “riforma” (legge 220/2012) aveva già previsto le opere di cablaggio all'interno dell'edificio in condominio quale “innovazione”, configurandone il rilievo in seno l'articolo 1120 al numero 3, a mente del quale: […] I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto:3) l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto.
Sotto tale aspetto, la “nuova” disposizione sembrerebbe contrastare il disegno originario previsto dallo stesso legislatore della riforma del 2012, il quale aveva riservato la materia alla competenza assembleare, seppure affievolendone il quorum per consentirne l'attuazione.
Per cui, anche in tal caso, le esigenze (rectius, interessi) pubblicistici che motivano l'emissione di un provvedimento di simile natura, onde rendere più celeri i passaggi di approvazione d'opere di valore collettivo, sembrano essere state “sminuite” dalla tecnica legislativa, già per le soluzioni operative prescelte.
Per entrambi i casi normativi qui sinteticamente esaminati, certamente, non si potranno far gravare sulle tasche dell'amministratore le responsabilità dei singoli condòmini per il loro rifiuto di svolgere le attività per cui il legislatore è specificatamente intervenuto.

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