Condominio

Lavori urgenti, se l’amministatore li ha «riferiti» non serve il sì dell’assemblea

di Eugenia Parisi

I lavori straordinari urgenti non necessitano di autorizzazione assembleare nemmeno dopo che so o stati effettuati.
Un condominio ha chiamato in giudizio il proprio amministratore per ottenere la restituzione della somma da quest'ultimo corrisposta a una ditta per la messa in sicurezza delle facciate condominiali: secondo la tesi attorea, infatti, trattandosi di opere di manutenzione straordinaria, l'amministratore avrebbe dato corso a tale spesa in assenza di delibera assembleare, obbligatoria a norma dell'art. 1135 n. 4 c.c., così incorrendo una sua responsabilità contrattuale.
L'amministratore si è difeso in giudizio sostenendo che si sarebbe trattato di lavori a carattere urgente che è precipuo dovere dell'amministratore disporre nell'ambito dei poteri/doveri di conservazione dei diritti sulle cose comuni a lui attribuiti dall'art. 1130 n. 4 c.c.
Dalla CTU e dalla documentazione prodotta in atti - si legge nella sentenza del Tribunale di Milano n. 4759/2019 - si era evidenziato che lo stato di degrado degli intonaci e dei cementi decorativi era tale da poter costituire un grave pericolo per i condomini e per i passanti sulla pubblica via, con la conseguenza che i lavori ordinati dal convenuto rientrassero pienamente nell'alveo di quelli straordinari ed urgenti, senza la necessità dell'autorizzazione assembleare di cui all'art. 1135 c. 2 c.c.
E infatti l'amministratore può ordinare i lavori di manutenzione straordinaria ove questi ultimi rivestano il carattere dell'urgenza, anche senza apposita delibera, salvo l'obbligo di riferirne alla prima assemblea: nel caso di specie, il convenuto si è correttamente attenuto al dettato codicistico, stante l'accertato carattere dell'urgenza dell'opera contestata (Cass. n. 4232/1987, n. 1481/1970, n. 10144/1996), peraltro direttamente collegata con la specifica posizione di garanzia rivestita dall'amministratore ai sensi del combinato disposto di cui agli art.li 40 c. 2 e 677 cod. pen., nonché con la responsabilità dei condomini per gli eventuali danni sofferti dai terzi (art. 2051 e 1126 c.c.), potenzialmente passibili di eventuale azione risarcitoria.
Deve infine rilevarsi, come l'art. 1135 c. 2 c.c. non richieda che l'assemblea ratifichi le spese straordinarie disposte, qualora queste rivestano i connotati della indifferibilità e dell'urgenza: del resto, anche per Cass. n. 4668/2018, tale ratifica si rende necessaria solo per il diverso caso di spese disposte in assenza di delibera, ma in relazione a lavori non urgenti né indifferibili; quanto, poi, al successivo obbligo di riferire della spesa in occasione della prima assemblea convocata, si evidenzia che la mancata condizione non rende illegittimo il rimborso, concordemente a Cass. n. 10144/1996.
In ragione delle argomentazioni sopra svolte, il Tribunale ha quindi rigettato la domanda sull'accertamento della responsabilità dell'amministratore per negligenza, imprudenza e imperizia cui conseguiva la richiesta di restituzione al condominio del prezzo sborsato; è stata rigettata anche l'ulteriore e subordinata domanda attorea di risarcimento dei danni per mala gestio del convenuto, posta a fondamento del fatto che gli interventi di messa in sicurezza avrebbero provocato ingenti danni alla facciata, che doveva quindi essere rimessa in pristino con un intervento di rifacimento integrale della medesima.
Tale domanda non è stata ritenuta accoglibile in primo luogo (i) per le motivazioni di rigetto della prima domanda, ovvero la legittimità, nel caso di specie, dell'azione dell'amministratore secondo l'art. 1135 c. 2 c.c. ma anche perché (ii) non era stata dimostrata l'effettiva esistenza del danno né erano stati forniti riscontri probatori in merito alla derivazione eziologica dell'asserito danno dall'intervento messo in atto, (c) perché anche la CTU espletata ne aveva escluso nessi e (d) perché eventualmente tale tipo di danno si sarebbe dovuto imputare alla ditta incaricata e conseguentemente richiedere i danni a quest'ultima.
Una terza domanda, invece, è stata accolta in merito alla richiesta di restituzione del pagamento di una fattura, emessa dall'amministratore, a titolo di compenso per la tenuta dell'anagrafe condominiale perché tale attività rientra nelle normali attribuzioni dell'amministratore ai sensi dell'art. 1130 c. 1 n. 6 c.c., seppur, nel caso di specie, tale compenso ulteriore era esposto nell'offerta comunicata ai condomini in occasione della nomina del gerente.
Il Tribunale, però, ha condannato l'amministratore alla restituzione della somma - seppur senza rivalutazione monetaria per l'assenza della prova del danno ex art. 1124, c. 2 c.c. - perché, anche volendo ritenere l'attività di redazione dei registri dell'anagrafe condominiale non ricompresa nel corrispettivo forfettario annuale per le normali attribuzioni di cui all'art. 1130 c. 1, n. 6, questa sarebbe comunque una spesa per competenze accessorie da sottoporre all'assemblea per la sua approvazione (Cass. n. 22313/2013) e così non è stato

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